“La pazza gioia” di un folle innamoramento

Presentato fuori concorso, a Locarno '69, il documentario di Valeria Bruni Tedeschi e Yann Coridian "Une jeune fille de 90 ans"


Si può parlare con leggerezza della vecchiaia e della malattia? Della solitudine e della morte? Valeria Bruni Tedeschie Yann Coridian, con il loro documentario Une jeune fille de 90 ans (Una ragazzina di 90 anni), mostrato oggi in anteprima mondiale al festival di Locarno, dimostrano che si può fare anche di più. Si può addirittura raccontare l’amore, nato per caso in un laboratorio di danza per anziani malati. I due registi, per la prima volta in veste di documentaristi, sono entrati nel reparto geriatrico dell’ospedale francese di Charles Foix d’Ivry per realizzare un reportage televisivo su pazienti affetti da Alzheimer, in occasione di uno dei tanti corsi di danza tenuti dal coreografo Thierry Thieû Niang, “ma dopo il primo giorno di riprese – spiega Valeria Bruni Tedeschi – abbiamo sentito la necessità di fare qualcosa di più, di trasformare quella che si è subito rivelata essere un’esperienza unica, profonda e spirituale, in un film. Ci siamo collocati in un ruolo di puri spettatori e abbiamo assistito alla magia che Thierry, un artista con un talento fuori dal comune, è riuscito a creare in pochi giorni attraverso la danza”. “Abbiamo tentato di prendere parte al lavoro fra Thierry e i malati con grande discrezione – racconta Yann Coridian, che di mestiere fa principalmente lo scrittore – siamo entrati in ospedale con due sole camere, cercando fin dall’inizio il contatto con i pazienti; ed effettivamente si è creata da subito un’atmosfera molto familiare. Le riprese sono durate sei giorni e in tutto questo tempo siamo sempre stati con loro. Vivevamo praticamente in ospedale, e così si sono dimenticati subito della presenza dell’obiettivo. Addirittura, mentre filmavo, una signora ha voluto tenermi per mano”.

Pur non trattandosi di un film di finzione, come sottolineano gli stessi autori, nel film ci sono molte attrici, “inconsapevoli, ma bravissime”; una di queste è Blanche Moreau, la ‘fille de 90 ans’ che ha ispirato il titolo del documentario. ‘Madame Blanche’, come molti altri degenti del suo reparto è riuscita, attraverso la danza, a risvegliare alcune delle sue capacità fisiche, ma non solo… sorprendentemente, durante le riprese, si è innamorata del maestro. “Quando abbiamo visto che stava succedendo davvero – commenta Coridian – che la ‘follia’ di Blanche, causata dalla malattia, si stava trasformando nella più comune ‘follia dell’amore’ abbiamo avuto la sensazione di trovarci di fronte a un vero miracolo. Non era previsto che succedesse ed è stato molto bello vedere qualcuno innamorarsi sotto i nostri occhi; non è la stessa esperienza che si vive quando si è coinvolti nell’innamoramento. Non mi era mai capitato”.

Blanche, figura evocativa che mette insieme la signorina DuBois di Un tram che si chiama desiderio e l’icona della Nouvelle Vague Jeanne Moreau, “è stata un po’ la chiave di questo nostro film – aggiunge la Bruni Tedeschi – attraverso la sua storia passano anche le vite degli altri malati, e i suoi progressi sono quelli del gruppo. È lei a rivelare le misteriose potenzialità taumaturgiche dell’arte, ad annullare la distanza tra vecchiaia e infanzia, e a creare, grazie alla presenza della macchina da presa, qualcosa di fortemente erotico; a vincere, almeno temporaneamente, la sua malattia”. Ma non si può parlare di Blanche, così come delle altre ‘attrici’, senza ricordarsi del personaggio di Beatrice, appena portato sul grande schermo per PaoloVirzìda Valeria Bruni Tedeschi, che ammette di essere sempre stata attratta, non solo come attrice ma anche come regista, dai personaggi più estremi: “la follia fa parte della vita, e mi piace scoprirla diversa a seconda degli individui. Credo che la normalità non esista, esiste solo chi è in grado di mascherarsi meglio degli altri. Beatrice e Blanche in comune hanno molto: la solitudine, il bisogno di essere amati, la civetteria, il fatto di vivere recluse all’interno di un ospedale dal quale vorrebbero scappare. Ed entrambe lo fanno, la prima per davvero, la seconda attraverso la danza e l’amore”.

Quale sarà il percorso di Une jeune fille de 90 ans? “Dopo grandi riflessioni – spiega l’attrice – io e Yann abbiamo deciso di fare uscire subito il film in televisione, proprio con Arte, la tv che ha commissionato il reportage. E poi, non nego che ci piacerebbe arrivare al cinema. Con i documentari è sempre molto difficile approdare al grande schermo, ma ci proveremo”.

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Caterina Taricano
04 Agosto 2016

Locarno 2016

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Pardo d’oro a Godless

Si è conclusa l’edizione numero 69 del festival di Locarno. Pardo d’oro al bulgaro Godless, che vince anche il premio per la miglior interpretazione femminile, grazie all’attrice Irena Ivanova. Il Pardo per la migliore regìa lo guadagna invece Joao Pedro Rodrigues con O ornitòlogo, pellicola attesissima a Locarno, che conferma la vocazione onirica del regista portoghese. Premi speciali a Scarred Hearts, del rumeno Radu Jude e Mister Universo, di Tizza Covi e Rainer Frimmel.

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Ken Loach, la lotta continua

Il festival di Locarno chiude la sua edizione numero 69 incontrando uno degli ospiti più attesi. Il regista che da sempre è attento alle tematiche sociali ha presentato al pubblico festivaliero la sua ultima fatica, vincitrice della Palma d’oro a Cannes, I, Daniel Blake. Accompagnato dall’attore protagonista Dave Johns, ha raccontato quanto sia ancora importante credere in un cinema che aiuti la gente ad avere fiducia nel futuro e a lottare per un una società più giusta: “O si lotta o si va alla canna del gas. Per lottare però ci vuole speranza e spesso questa è narcotizzata, ridotta ai minimi termini dal potere, che manipola l’informazione per controllarci, farci credere che nulla cambierà. Ci vuole coscienza di classe e non solo individuale. E in questo i film possono molto. ‘Agitare, educare, organizzare’, dicevano tanti anni fa nei sindacati. Ecco, credo che le prime due cose si possano fare attraverso il grande schermo. La terza azione però appartiene all’individuo, alle sue scelte”.

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“La natura delle cose” ai confini dell’umano

La malattia come missione per esplorare i limiti dell’umano: è questo concetto a guidare il viaggio cinematografico nel 'fine vita' compiuto da Laura Viezzoli con La natura delle cose, opera prima selezionata fuori concorso al festival di Locarno 2016. Attraverso l’esperienza di Angelo Santagostino, immobilizzato dalla Sla e in comunicazione con il resto del mondo solo grazie al suo pc, il documentario affronta le delicate questioni dell’eutanasia e del rifiuto dell'accanimento terapeutico. Il racconto dell’inesorabile progredire della malattia, che allontana poco a poco Angelo dalla vita e dalla sua capacità di relazionarsi con gli altri è affidata alle impressioni e ai ricordi dello stesso protagonista (a dargli la voce è l’attore Roberto Citran), ma anche ad un ricco repertorio di immagini relative alla vita degli astronauti e alle loro imprese spaziali. In questo continuo confronto Angelo Santagostino non è il malato di cui avere pietà, ma un esploratore alla scoperta dell’estremo, del “vivibile” e dell’“invivibile” umano, che come un astronauta sospeso nello spazio galleggia in un corpo non più suo lontano dalla vita terrena.

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“Mister Universo” e “The Challenge”: due viaggi tra passato e presente

Batte bandiera austriaca, anche se parla italiano, Mister Universo, l’ultimo film della coppia Tizza Covi - Rainer Frimmel, in concorso al festival di Locarno. Attraverso il viaggio di due artisti circensi, la pellicola, volutamente in bilico tra realtà e finzione, ricostruisce il passato di un mondo destinato a finire, quello del circo appunto, nel quale i due giovani non si riconoscono più. In competizione nella sezione cineasti del presente è invece The Challenge, documentario in cui l ’artista visivo Yuri Ancarani scopre il Qatar raccontando una delle tradizioni più radicate nel paese: la caccia del falcone.


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