In ‘Pamiliya Ordinario’ il dramma dei ‘figli della strada’

Arriva alle Giornate degli Autori Pamilya Ordinario del filippino Eduardo Roy Jr., a metà tra dramma, thriller e cinema del reale


VENEZIA – La sedicenne Jane e il suo fidanzato Aries non hanno nessuno al mondo e vivono nelle strade caotiche di Manila, come due homeless, due ‘figli della strada’, derubando i passanti. La loro vita cambia repentinamente quando diventano dei genitori adolescenti. Dopo un mese, però, il loro bambino viene rapito. Per riaverlo indietro, la giovane coppia è costretta a delle scelte disperate. Arriva alle Giornate degli Autori Pamilya Ordinario del filippino Eduardo Roy Jr., a metà tra dramma, thriller e cinema del reale: “Veramente – dice il regista – non avevo intenzione di fare un thriller. Siamo rimasti sorpresi quando abbiamo capito che il pubblico l’aveva preso così. Non abbiamo cercato di inserire la musica per aumentare la tensione o cose del genere. Mi interessava più che altro parlare della vita della gente di strada nelle Filippine. E’ pieno di casi analoghi così mi sono messo a fare ricerca e a intervistare direttamente i protagonisti di queste storie. Anche quella del film è una storia vera, per l’80%, solo nel finale abbiamo un po’ modificato gli eventi per dargli una conclusione, dato che purtroppo il bambino non è stato più ritrovato né si sa che fine abbia fatto”.

Mentre, sull’aspetto documentaristico, dice: “Manila è caotica e abbiamo dovuto molto pianificare a livello logistico. Ho parlato col direttore della fotografia e abbiamo deciso di stare molto sui personaggi e usare solo una lente a 55mm, volevamo, anche nel montaggio, un prodotto diretto e ‘in your face’. Credo che questo si senta”.  

Chiediamo a Roy Jr. quale sia la situazione del cinema nel suo paese e in particolare come muoversi per la distribuzione di un film indipendente come questo: “Di solito è difficile farsi accettare dal pubblico – dice – ma noi siamo stati abbastanza fortunati. Il film è stato presentato a Cinemalaya, un festival piuttosto prestigioso dalle nostre parti, e la tenitura è stata prolungata di una settimana. Per noi è un bel successo. Eravamo nervosi ma il pubblico ci ha gratificati. E ora siamo qui a Venezia dove possiamo presentare al mondo una storia di cui magari non si conosce l’esistenza. In fondo è questo che sento di dover fare come filmaker. Ho reso questi due homeless il centro della mia storia e ora può diventare una storia universale. Anche questo è il senso del titolo, che è un po’ ironico, sebbene sia un film drammatico. Inoltre, naturalmente, Ordinario è il loro cognome. Abbiamo un po’ giocato su questo doppio significato”.    

Andrea Guglielmino
09 Settembre 2016

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