Ombre dal fondo: nuove guerre e giornalismo artigianale

Il documentario-intervista di Paola Piacenza, che chiude le Giornate degli Autori, è soprattutto una riflessione su come sta cambiando il mestiere di giornalista in parallelo con la poli


VENEZIA – Domenico Quirico, inviato del quotidiano «La Stampa», rapito in Siria l’8 aprile 2013 e liberato dopo 152 giorni di prigionia, rievoca il percorso di una vita spesa a collezionare frammenti di vite altrui e ridiscende nel pozzo in cui il suo destino si fonde a quello dei protagonisti dei suoi racconti. La parola del reporter, che costruisce il tessuto narrativo del film, si coniuga all’azione. Lungo il fronte russo-ucraino, prima e infine nel viaggio di ritorno verso il luogo «dove tutto è cominciato e tutto è finito»: in Siria. Perché «il ritorno non è a casa, il ritorno è qui».

Ombre dal fondo, documentario-intervista di Paola Piacenza, chiude le Giornate degli Autori. Racconta questa storia ma racconta anche e soprattutto come è cambiato il mestiere di giornalista negli ultimi anni. “L’intento era questo fin dall’inizio – spiega la regista – pensavo anche a un approfondimento più ampio, con più persone, e non solo limitato al giornalismo di guerra. Poi la storia mi ha presa e sono stati tre anni e mezzo di lavoro in fieri. Le cose cambiavano, la vita di Domenico andava avanti, quindi è stato certamente un lavoro inconsueto. Lo abbiamo chiuso e riaperto più volte”. “Ho accettato – spiega Quirico – proprio per questo. Perché non parlava della mia esperienza in Siria, da cui ormai è passato troppo tempo e su cui tornare non mi importa più di tanto. E’ un film sul giornalismo, sulla vita quotidiana di un giornalista ‘normale’. Mi considero un artigiano, non un grande giornalista. Ho fatto una carriera all’inverso di cui sono felicissimo. Il mio lavoro consiste in cose semplici: andare nei posti, capire le persone, annusare, assorbire, prendere quattro appunti con una penna e poi scrivere. Nessun mezzo sofisticato, tecnologico, futuristico o metafisico. Per me il giornalismo è questo, è l’anti-cinismo, e il patto etico è più con la persona di cui scrivi che con il lettore. Attraverso i nostri scritti come cambierà la vita di queste persone? Li faremo vivere meglio, o li faremo morire? Questa è la mia piccola lezione. La lezione di un giornalista comune. Non ho formule magiche per costruire un grande giornalista, categoria alla quale peraltro non appartengo”. 

Il film è co-prodotto da Luca Mosso e Luca Guadagnino: “Ho conosciuto Guadagnino intervistandolo – dice Piacenza – e da allora la conversazione non si è mai interrotta. Conosce questi temi e li considera importanti. Ogni giorno compra decine di giornali cartacei, li legge e ci riflette. Poi sono entrati la Rai e Luca Mosso, i due produttori, Guadagnino regista e Mosso critico, hanno lavorato perfettamente in tandem equilibrandosi a vicenda. Spero di riuscire a portare il film anche in sala”. Ma oltre al giornalismo, anche la politica internazionale cambia a vista d’occhio: “Dal punto di vista del mestiere – dice Quirico – quello che è cambiato è che un tempo riuscivi ad arrivare ovunque, guerra o no. Ora ci sono dei posti dove non puoi andare, l’Iraq, la Siria. Sono arrivati altri tipi di guerra. Le guerre dei fanatismi e dei valori assoluti con cui non puoi trattare. Non è più possibile fare diplomazia, non puoi più mettere gli attori attorno a un tavolo perché nemmeno si riconoscono più. Prima, arrivava un punto in cui col nemico ci si incontrava, e si trattava. Un punto in cui si decideva di aver visto abbastanza da poter mettere fine ai combattimenti. E’ diventato tutto più confuso da quando si è passati dal terrorismo di Al-Qaeda a quello del Califfato. Non ci siamo ancora resi conto del carattere innovativo di questo nuovo terrorismo. Non c’è più la logica del ‘ti utilizzo contro qualcuno, poi ti riutilizzo contro qualcun altro’. Nessuno tiene più in mano le carte. Hanno rubato il mazzo. Non sono più burattini nella mani di qualcuno che li finanzia, è una logica assoluta che loro cercano di imporre. Non è detto che vincano, magari non gli riesce, ma è un modo del tutto nuovo di fare guerra”.

Andrea Guglielmino
09 Settembre 2016

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