Agnus Dei, dare voce alle suore stuprate

Anne Fontaine ci parla del suo film ispirato a una vicenda accaduta in Polonia alla fine della seconda guerra mondiale quando i soldati dell'Armata Rossa violentarono un intero convento di suore


Madeleine Pauliac (Lou De Laage) è un giovane medico della Croce Rossa francese di stanza in Polonia nel 1945. Di famiglia operaia e comunista, ha una sola fede, quella nell’uomo e nella scienza. Ed è con iniziale scetticismo che si confronta con le suore di un convento della zona. L’hanno chiamata in gran segreto per assistere una partoriente. Si tratta di una novizia violentata dai soldati dell’Armata Rossa. Ben presto Madeleine scoprirà che molte altre religiose sono nelle stesse condizioni: la madre superiora (Agata Kulesza), donna inflessibile e dura, teme lo scandalo e la chiusura del convento e fa di tutto per mantenere il segreto attorno alla vicenda, ma un’altra religiosa, Suor Maria (Agata Buzek), capisce che questa volta la loro fede è messa alla prova in un modo terribile e che solo quella dottoressa scettica potrà aiutarle. E’ il plot di un film che a partire da questa vicenda, vera e del tutto sconosciuta, scandaglia temi come il rapporto tra il materialismo e la fede, la condizione della donna nella Chiesa cattolica e il conflitto tra la scelta di vita religiosa e l’istinto materno: Agnus Dei di Anne Fontaine, in sala con Good Films dal 17 novembre a Roma al Cinema Quattro Fontane, al Nazionale di Torino e all’Arlecchino di Milano, mentre nel resto d’Italia verrà programmato a partire dal 24 novembre.  

Abbiamo incontrato la regista insieme a Suor Carmen Sammut, paladina della richiesta del diaconato femminile, e Lucetta Scaraffia, storica e opinionista cattolica. “Questa storia è purtroppo ancora attuale”, spiega la regista, autrice di film come Emma Bovery e Two Mothers. “Le violenze sulle donne, gli stupri di guerra avvengono ancora ovunque nel mondo vi sia fanatismo e conflitto, sono considerati un’arma di guerra”. Aggiunge Suor Carmen: “Nel ’98 una superiora generale ha avuto per prima il coraggio di far sapere al mondo che ci sono state delle suore violentate. E’ stata una cosa difficile da ammettere e ancora oggi molte religiose le sono grate per averne parlato per prima”. Scaraffia rincara la dose: “In Bosnia, durante il conflitto nella ex Jugoslavia, ci sono stati cinque monasteri in cui sono avvenuti stupri di guerra, ma il Vaticano non lo ha mai ammesso e non si sa cosa sia avvenuto dei bambini nati da queste violenze, le suore che sono rimaste incinte venivano espulse dal convento. E poi ci sono stupri anche all’interno della Chiesa, da parte di gerarchie religiose in Asia e in Africa”. Racconta Anne Fontaine: “Quando ho fatto vedere il film in Vaticano, a una platea di prelati e religiose, un vescovo mi ha detto di considerarlo un film terapeutico per la Chiesa”.

Ma è forse riduttivo vedere Agnus Dei solo in una prospettiva di denuncia di un realtà pur atroce. Perché il film è frutto anche di uno scavo della identità di chi sceglie una vita ascetica e fondata sull’obbedienza. “Credo di avere un legame personale con questa storia – spiega ancora la regista – vengo da una famiglia cattolica, ho due zie suore, mio padre era organista in chiesa. Per me era importante comprendere la loro esistenza quotidiana, per questo ho fatto esperienza di un ritiro e mi ha colpito molto la vita della comunità. Tendiamo a pensare che siano un organismo unico, votato all’obbedienza, ma hanno individualità e caratteri diversi e anche modi diversi di vivere la fede, spesso fragile”. 

“La scelta religiosa – aggiunge Suor Carmen – comporta anche l’essere madre cioè al servizio della vita delle persone attraverso la preghiera e anche attraverso l’azione. Tra le due cose non vedo una dicotomia. Queste suore hanno fatto voto di castità, e non vogliono neppure essere toccate da una dottoressa, ma quando poi si trovano a partorire un bambino lo accettano”. Aggiunge Lucetta Scaraffia: “Queste donne riescono a mettere insieme la scelta spirituale ed ascetica con il corpo materno. All’inizio le due cose sono in conflitto, ma alla fine convivono, ed è il corpo delle donne che offre la soluzione”. Per Anne Fontaine, come si vede bene nel film, è importante mostrare il lento avvicinamento tra Madeleine e Suor Maria, come tra due poli opposti che trovano una sintonia: “Entrambe trasgrediscono agli ordini, ma è una disobbedienza positiva e costruttiva la loro, che rende possibile una speranza”. Infine il necessario appello ad affrontare a viso aperto eventi che per secoli sono stati celati (come nel caso della pedofilia, denunciata spesso proprio dal cinema): “Non è possibile alcun progresso della donna nella Chiesa se prima non vengono ascoltate le suore violentate – dice Lucetta Scaraffia – altrimenti ci sarà un’emancipazione di serie A ma resteranno indietro le molte vittime dell’ingiustizia”. E per Suor Carmen: “Se vogliamo che la Chiesa sia giusta e completa, bisogna dare spazio alle suore che spesso sono le ‘operaie’, coloro che restano in luoghi dove c’è la guerra e la carestia come testimoni di Cristo e che ne pagano un prezzo altissimo”.

Agnus Dei
, che ha debuttato al Sundance in selezione ufficiale, rappresenterà la Francia agli Oscar. 

Cristiana Paternò
08 Novembre 2016

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