Festival de Popoli apre con doc contro la violenza sulle donne

Il documentario Un altro me di Claudio Casazza ha seguito l’equipe, composta da criminologi e psicologi, dell’Unità di Trattamento per autori di reati sessuali all’interno del carcere di Bollate


Sarà la prima mondiale del documentario Un altro me di Claudio Casazza, sul tema della violenza sulle donne, a inaugurare la 57a edizione del Festival dei Popoli, il festival internazionale del film documentario, venerdì 25 novembre, al cinema La Compagnia di Firenze. Il documentario, prodotto da GraffitiDoc con il sostegno del MiBACT e del Piemonte Doc Film Fund, parteciperà al concorso internazionale del festival.
La proiezione è sostenuta da Gucci, da sempre impegnata sulle tematiche a supporto delle donne, e si terrà in occasione della Giornata mondiale contro la violenza sulle donne. Alla proiezione saranno presenti, oltre al regista Claudio Casazza, la produttrice Enrica Capra, Valeria Fedeli (vice presidente del Senato), Anna Rossomando (membro della Commissione Giustizia e del Comitato per le Pari Opportunità) e il criminologo Paolo Giulini, coordinatore dell’Unità di Trattamento Intensificato per autori di reati sessuali della Casa di Reclusione di Bollate a Milano.

Nel documentario Sergio, Gianni, Giuseppe, Valentino, Carlo, Enrique, sono tra i condannati per reati sessuali, definiti ‘infami’ nel gergo carcerario, che, una volta usciti dopo anni o mesi di isolamento in carcere, rischiano di commettere nuovamente lo stesso crimine. Un’equipe di psicologi, criminologi e terapeuti sta portando avanti anche con loro il primo esperimento in Italia per evitare il rischio che le violenze siano compiute ancora.
Un anno accanto a loro per capire chi sono, cosa pensano e quali sono le dinamiche profonde di chi ha commesso un reato sessuale. E mostrare che un cambiamento è possibile.

Il lavoro di Casazza, che ha seguito per un intero anno l’equipe dell’Unità di Trattamento Intensificato per autori di reati sessuali all’interno del carcere di Bollate, apre per la prima volta lo sguardo su chi sono queste persone, cosa pensano, inoltrandosi negli alibi culturali, nei tentativi di deresponsabilizzazione, nelle dinamiche profonde che li hanno portati a commettere violenza sulle donne.
“Ho deciso di seguire un anno intero di lavoro tra l’equipe dell’Unità di Trattamento Intensificato per Autori di Reato Sessuale del CIPM e i detenuti ‘abitando’ i luoghi delle riprese e girando con una troupe minima che non interferisse con quanto accadeva – spiega il regista – Volevo riuscire a mantenere un terreno equidistante tra gli autori dei reati e l’istituzione che li cura ponendomi virtualmente al centro tra gli uni e gli altri e rendere il film un territorio aperto. Pur essendo girato interamente all’interno del carcere di Bollate, ho voluto togliere – conclude Casazza -tutti gli aspetti che lo denotassero come ‘un film carcerario’ per concentrare l’attenzione sull’universo umano, sulla narrazione nel suo evolversi e sul lavoro che le persone facevano su di sé”.

Paolo Giulini, presidente del Cipm e dell’Unità di Trattamento Intensificato per Autori di Reato Sessuale, sottolinea come “l’interesse per il trattamento degli aggressori sessuali nasca dal fatto che le violenze sessuali rappresentano un problema grave per la nostra società che genera esiti distruttivi nelle menti e sui corpi delle vittime e delle loro famiglie. La pena detentiva per gli autori di reati sessuali si è dimostrata inadeguata e insufficiente come unica forma di tutela e risarcimento nei confronti delle vittime e della società in generale. Il nostro progetto è una sfida tesa a dimostrare che un approccio scientifico e sistematico di riabilitazione è un modo etico ed efficace di proteggere la collettività, ridurre le vittime e prevenire i comportamenti devianti”. E i risultati del trattamento evidenziano ad oggi che dei 248 uomini seguiti solo 7 hanno compiuto nuovamente un reato.

ssr
24 Novembre 2016

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