Almost Dead: zombie low budget ma tanta atmosfera

Un po’ nell’ottica dell’ottimizzazione del budget che ha già guidato i progetti dietro a Buried, Mine e all’imminente Monolith il film punta su una sceneggiatura creativa e minimalista


Dopo l’esplosione Walking Dead diventa sempre più difficile parlare di zombi in maniera originale. E dire che noi italiani, se anche non possiamo fregiarci del primato, dovremmo essere abbastanza ferrati in materia, con tutti i vari Zombi 2 e Paura nella città dei morti viventi di fulciana memoria, con Zombie Holocaust di Marino Girolami e tanta altra materia affine che ha seguito l’onda del filone negli anni ’70, poi leggermente affievolitosi e oggi tornato in auge grazie alle serie tv.

Giorgio Bruno ci riesce nel suo nuovo film, Almost Dead, premiato come miglior thriller al festival sponsorizzato dalla NASA MiSciFi 2017 e proposto al Future Film Festival nella sezione Follie notturne. Un po’ nell’ottica dell’ottimizzazione del budget che ha già guidato i progetti dietro a Buried, Mine e all’imminente Monolith – dietro al quale si cela il marchio Sergio Bonelli Editore – ma declinato in chiave horror, il film punta su una sceneggiatura creativa e minimalista. Una donna di nome ‘Hope’ (speranza), interpretata da Aylin Prandi  (che ricordiamo in Diaz), si risveglia senza ricordi in un’automobile, accanto al cadavere di un’altra ragazza.

Deve difendersi dall’attacco dei morti viventi (che qui tornano a barcollare come nei vecchi film di Romero, piuttosto che correre come dei forsennati come in incarnazioni più recenti) e anche capire cosa l’ha portata lì e perché. Un cellulare le permette di scoprire di essere una scienziata, in lotta contro l’epidemia che trasforma gli umani in mostri assetati di sangue. La pellicola punta direttamente a un mercato internazionale, la regia ne risente in bene, e lo spettatore ne sa quanto la protagonista, il che favorisce l’identificazione. Inizia così un gioco di ruolo e ricostruzione che ricorda gli eventi interattivi del genere ‘Fox in a box’, spesso proprio incentrati su mitologie di matrice zombesca.  

Gli effetti sono in buona parte tradizionali ed esaltano le scene splatter (braccia mozzate, banchetti cannibali, schizzi di sangue in abbondanza), ma è l’atmosfera opprimente e claustrofobica a rivelarsi una carta vincente. Cogliendo anche l’occasione per qualche blando richiamo sociologico.  

Andrea Guglielmino
18 Gennaio 2017

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