Un mondo allo sbando salvato dalla satira

Tanti elementi reali messi insieme per costruire una vicenda surreale sull'Europa contemporanea. Ecco Un re allo sbando di Peter Brosens e Jessica Woodworth che esce in sala il 9 febbraio


Tanti elementi reali messi insieme per costruire una vicenda surreale e fiabesca sull’Europa contemporanea. Ecco Un re allo sbando (King of the Belgians), il film di Peter Brosens e Jessica Woodworth che ha molto divertito la critica a Venezia, in Orizzonti, e che ora esce in sala dal 9 febbraio con Officine Ubu. Falso documentario con molta ironia proprio sulla professione del cineasta, racconta di Nicolas III, re del Belgio che, durante una visita ufficiale in Turchia, dove è accompagnato dal suo staff e da un documentarista inglese incaricato di “rinfrescare” la sua immagine, finisce nei guai. Mentre i voli e i telefonini sono bloccati da una tempesta solare, i valloni decidono di dichiarare l’indipendenza dai fiamminghi. Nicolas III vorrebbe tornare al più presto a Bruxelles per ridare unità al suo popolo con un ispirato discorso, ma le autorità di Istanbul – che aspira ad entrare nella UE – vogliono trattenerlo per evitare l’incidente diplomatico e allora si muove insieme al capo del protocollo, all’addetta stampa e al cameriere personale, attraverso i Balcani, prima sul pullman che riporta a casa un coro bulgaro femminile, poi su un’ambulanza verso la Serbia, infine in barca, sperando di attraccare sulla costa italiana. Ovviamente gli incontri lungo il cammino, bizzarri o inquietanti che siano, lo cambieranno profondamente.

Ben accolto in patria, sia dai valloni che dai fiamminghi, Un re allo sbando conferma il talento umoristico di certo cinema belga, di cui Jaco Van Dormael è un capostipite. Anche se i due autori – lei americana, lui di Lovanio – finora si erano fatti apprezzare per storie drammatiche, come Khadak (vincitore del Leone del futuro nel 2006) o La quinta stagione (in concorso a Venezia 2012). “La tragedia e la commedia sono vicinissime – spiega Jessica, a Roma per presentare il film, mentre Peter è rimasto a casa con i figli – abbiamo cominciato a pensare a questa storia nel 2011, ai tempi della crisi politica per cui il Belgio è rimasto 589 giorni senza governo. Altre fonti di ispirazione sono state l’eruzione del vulcano islandese che ha interrotto le comunicazioni in tutto il continente e il caso del presidente dell’Estonia, rimasto bloccato a Istanbul, che ha attraversato i Balcani in minibus, senza protocollo e senza sicurezza, fermandosi a fare rifornimento di benzina. Queste storie ci hanno fatto pensare ai vecchi tempi, quando si avevano altri valori, così abbiamo immaginato un re che dovesse fare un viaggio in incognito partendo dalla periferia dell’Europa”.

Il film è recitato da attori come Peter Van Den Begin (Nicolas III) e Lucie Debay (l’addetta stampa) ma anche da tantissimi non attori, proprio per conservare un certo spirito documentaristico. “Abbiamo cercato un equilibrio, una credibilità – dice ancora la regista in un italiano fluente – coscienti degli stereotipi pericolosi che stavamo affrontando: un re belga, un cecchino serbo… non volevamo fare un film politico, anche se si parla molto di politica. Ma tutto è venuto in modo naturale, senza cercare metafore. Potevamo parlare della guerra nella ex Jugoslavia, della tragedia dei profughi o della Brexit ma abbiamo preferito restare ancorati al fattore umano. Ci sono molte cose improvvisate ed estemporanee, abbiamo girato in venti giorni e anche agli attori davamo i dialoghi solo all’ultimo momento”.

E’ evidente che Nicolas III è ispirato, almeno in parte, a Filippo del Belgio, ma il sovrano non ha voluto vedere il film, nonostante sia stato invitato varie volte. “L’immagine della famiglia reale è molto controllata, il re non può parlare con la gente, avvicinarsi ai cittadini. È un re un po’ maldestro. Ma da noi la monarchia serve a mantenere unito il paese, perché il calcio e la birra non sono sufficienti, e siamo comunque divisi dal fattore linguistico che da noi è molto importante”. 

Consapevole degli echi d’attualità di questa storia fiabesca, Jessica Woodworth non è molto ottimista sugli scenari attuali. “L’Europa vive un momento di grande instabilità. E non solo l’Europa, tutto il mondo è allo sbando. Con la presidenza di Trump, che io da americana non ho votato, siamo entrati in una fase molto difficile… Per il Belgio è un periodo triste con la presenza degli estremisti. Non bisogna che la paura e l’odio si diffondano tra i giovani. Questo è proprio il momento giusto per fare satira”. 

Woodworth e Brosens stanno scrivendo un seguito del film, ambientato sull’isola di Tito in Croazia e intitolato Arcipelago, l’obiettivo della satira stavolta sarà proprio l’estrema destra.

Cristiana Paternò
01 Febbraio 2017

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