L’Imperatore dell’Antartico

Dopo 12 anni da La marcia dei pinguini, il regista Luc Jacquet, premio Oscar per il documentario del 2005, continua a raccontare la storia del Pinguino Imperatore. Uscita in sala il 23 febbraio


La marcia dei pinguini – Il richiamo riempie il grande schermo a 12 anni dal capitolo precedente – La marcia dei pinguini – che usciva in sala il 26 gennaio 2005, contando più di 25 milioni di spettatori nel mondo. La storia di Jacquet e dei Pinguini Imperatore ha però una data ben più lontana nel tempo: “La mia passione nasce nel 1991 durante un periodo invernale di 14 mesi passato nella base di Jules Dumont d’Urville per fare ricerche scientifiche … Non ho un ricordo più bello di quello di passeggiare sulla banchisa, di essere raggiunto da un pinguino e di condividere insieme a lui una parte del tragitto”, racconta il regista.

Anche per il cinema questa avventura inizia nel passato: era il 2002 quando la produzione Bonne Pioche conosce Jacquet. Per entrambi si trattava del primo film destinato al grande schermo: fu coraggiosamente messa in piedi una produzione di 12 mesi in Antartide. Dopo l’uscita in sala, l’ascesa del film alle più prestigiose “accademie” del cinema internazionale, fino a quella degli Oscar, il premio più importante vinto. Trascorrono oltre dieci anni, Jacquet realizza altri film – La volpe e la bambina, Il était une foret, Ice and the sky – fino al gennaio di un anno fa, quando ritorna dall’Antartico, dove le condizione metereologiche gli hanno concesso di trascorrere molto tempo in mezzo ai pinguini, sulla banchisa.

Così nasce La marcia dei pinguini – Il richiamo, un affresco ipnotico per la sublime bellezza del paesaggio di ghiaccio, che prende forme e definisce cromie pittoriche, poco credibili se non si conoscono gli spazi del grande freddo, sia nella colorazione e nelle forme dei ghiacci e del mare, sia in quelli completamente contrastanti e infuocati di certe pennellate di luce nelle lunghe giornate della primavera australe. L’occhio rimane affascinato, quasi interdetto, dell’estetica della Natura, che esplode, se possibile, in un trionfo assoluto grazie alle opportunità offerte dalla macchina cinematografica: a differenza della pellicola 16mm usata nel 2003 – nel film ci sono immagini inedite di allora, digitalizzate – Jacquet ha girato in 4k, sorvolando con droni e riuscendo a riprendere la vita sotto l’oceano, in 20 siti, con 30 immersioni. Per tre ore nell’acqua, ne occorrevano sei di preparazione, poi altrettante di pausa e riassesto dopo l’immersione.  

Per resistere al freddo i subacquei erano equipaggiati con 90 kg di materiali sulle spalle. La maggior parte di queste immersioni avvenivano sotto uno spesso strato di ghiaccio. Nessuno prima si era immerso così in profondità e così a lungo nell’Oceano polare Australe. Ed è proprio questo passaggio di formazione del Pinguino Imperatore che Jacquet ha desiderato raccontare: “L’idea di fare il film mi è venuta in mente quando, durante la spedizione, ho assistito al viaggio dei pulcini verso il mare. I pinguini erano da quattro mesi sedentari nella colonia e all’improvviso avevano deciso di spostarsi. Uno dei pinguini si era avvicinato ai bordi del mare, e ai piedi della telecamera si era tuffato. Di seguito, nello stesso momento, tutti gli altri pinguini”. 

Nasce così questo romanzo di formazione scritto dalla Natura e determinato unicamente dall’istinto, che con mistero fa sì che il mare richiami a sé i pulcini Imperatore, ormai lasciati dalle famiglie ad affrontare la propria vita, laddove nessun altro riesce a vivere. Luc Jacquet in questo secondo capitolo era determinato a raccontare tematiche a lui care: la vita, la tenacia, la trasmissione, considerando “il pinguino come un attore. Avevo voglia mi raccontasse i suoi viaggi”, dice Jacquet. Nella versione italiana il film è raccontato dal fuori campo di Pif, timbro troppo riconoscibile e sdoganato per riuscire a generare armonia con la bellezza dell’immagine e della storia.

La distribuzione italiana, Notorius, come già accadde per il primo capitolo del film, ha stretto una collaborazione con il WWF, per cui la presidente, Donatella Bianchi, ricorda come: “si lavori per preservare gli ambienti come l’Antartide, soprattutto oggi che facciamo i conti con i cambiamenti climatici”, ricordando come la distribuzione abbia anche aderito alla campagna di adozione di 100 pinguini: http://sostieni.wwf.it/adotta-un-pinguino.html .

Questo uccello vertebrato, alto poco più di un metro, colpisce e commuove come icona d’ispirazione, tante sono la dignità, l’integrità, la tempra, il senso di appartenenza e, al tempo stesso, l’indipendenza: è l’unico animale che per proteggere il proprio cucciolo può digiunare fino a 125 giorni, se maschio, e 64, se femmina. Con il film si giunge in una dimensione tra cielo, terra e subacquea che, incantando e avvolgendo, si fa ancor più sublime al pensiero che sia reale, che quello che guardiamo non possiamo attribuirlo ad un eccellente mestiere di post produzione e digitalizzazione, ma si tratti di un luogo del mondo – a 2000 km dalla Nuova Zelanda, a 975 dall’America del Sud, a 24 ore di volo da Parigi alla Tasmania, a cui sommarne 11 di nave tra iceberg e tempeste di ghiaccio – in cui vive una creatura al cui spirito l’essere umano dovrebbe aspirare.   

Nicole Bianchi
03 Febbraio 2017

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