Rosso Istanbul: fotografia di una città in cambiamento

Esce il 3 marzo con 01 il film che Ferzan Ozpetek ha tratto dal suo omonimo romanzo del 2013


Esce il 3 marzo con 01 Rosso Istanbul, il film che Ferzan Ozpetek ha tratto dal suo omonimo romanzo del 2013, modificando alcuni elementi anche in maniera sostanziale. Il libro, ad esempio, è narrato in prima persona. E’ lo stesso Ozpetek a tornare nella sua città natale e a descrivere le sensazioni che questo viaggio a ritroso gli provoca. Nel film, invece, si è scelto di ‘sdoppiare’ la sua personalità in quella dello scrittore Orhan (Halit Ergenc) e quella del regista Deniz (Nejat Isler), che sembra scomparire nel nulla all’inizio del film.

“Non mi piace ripetere cose già fatte – dice il regista in conferenza – è lo stesso motivo per cui quando faccio un provino chiedo agli sceneggiatori di scrivermi una scena ex novo, che poi non andrà nel film. Qui ci sono sicuramente tanti miei ricordi, la scena del trasloco con i mobili coperti come fantasmi, il porticciolo davanti al Bosforo, sono luoghi della mia vita, ma del resto in tutti i film c’è qualcosa di mio. Ho perso mia madre un mese e mezzo fa, nel vestire il personaggio della madre di Deniz mi sono reso conto di aver ritratto mia madre. Me lo hanno confermato i miei fratelli quando ho mandato loro la foto sui WhatsApp. Del resto ci sono anche delle foto di mia madre nel film. Ma non volevo ripetere esattamente quanto visto già nel romanzo, con gli sceneggiatori abbiamo pensato che aggiungere un personaggio creasse tensione”.

“Attorno a un romanzo di sensazioni – dice Gianni Romoli, sceneggiatore assieme a Valia Santella – abbiamo costruito una storia, perché il racconto non aveva in sé una forza cinematografica radicata. C’era l’esigenza di superare il romanzo ma di mantenere gli stessi colori, gli stessi umori, le stesse malinconie. Era già un racconto a metà tra realtà e fiction”. “E – aggiunge Santella – è anche la storia di un passaggio di testimone, da un personaggio all’altro. Dal regista allo scrittore”. E’ anche, dopo tanti film in Italia, il primo film dell’autore girato in Turchia, con cast turco e con quota turca maggioritaria in fase di produzione. “Volevo raccontare una Istanbul diversa. Non quella del Gran Bazar ma nemmeno quella degli scontri e della polizia. Così sarebbe stato facile ma rischioso, le cose cambiano di giorno in giorno. Invece volevo entrare nel cuore della gente e raccontare il loro umore. Mescolando sacro e profano, la trivella dei lavori di una città in continua ricostruzione e le campane del Muezzin. Ma anche quella dei grattacieli. Mi è capitato di prendere la metropolitana e non riconoscevo i luoghi, mi è venuta l’ansia. Quando me ne sono andato tanti anni fa, l’ho fatto per scelta. Volevo andare in America ma poi ho cambiato idea, anche se l’Italia degli anni ’70 non era un posto indicato per un giovane che stava costruendo la sua carriera. Ora ho due paesi fantastici, entrambi afflitti da guai, anche se di entità e misura diversa. I cambiamenti sono continui ma mi ha fatto sapere che molti hanno detto di questo film che racconta bene l’atmosfera che c’è a Istanbul in questo momento. Per questo l’ho fotografato con una data, anche nel libro, 13 maggio 2016, tra l’altro in quella data, dieci anni prima, cominciavo a girare il mio primo film, Il bagno turco. Cambiano anche le leggi, ad esempio si è molto discusso sull’opportunità per le donne di coprirsi ancora con il velo in luoghi pubblici, per esempio all’università, o nell’esercito. Era stato vietato, ma poi si è pensato che anche questo fosse a sua volta una limitazione della libertà di culto. E pensare che le donne in Turchia hanno iniziato a votare prima e hanno indossato il bikini prima che in Italia. Ma non voglio entrare nell’ambito politico, si tratta solo di descrivere un particolare momento”. Commentano anche gli attori presenti in conferenza: “Mi piace di Ozpetek che racconta senza sottolineare”, dice Cigdem Onat, mentre Ergenc descrive la sua città “divisa eppure unita dal Bosforo che diventa magico la mattina presto quando non c’è nessuno. Consiglio a tutti di vederlo, come bisognerebbe ogni tanto fermarsi a guardare la propria donna mentre dorme la mattina presto”. L’affascinante Tuba Buykustin commenta invece sul ruolo delle donne “non solo turche, di dare la vita, accudire e far crescere. Per questo penso che i personaggi femminili siano particolarmente forti”.

La produttrice Tilde Corsi spiega che “il progetto è stato produttivamente rivoluzionato in corsa. L’Italia doveva essere il paese di produzione maggioritario, anche se siamo sempre stati convinti di voler girare a Istanbul, che era un desiderio anche di Ferzan. Nessuno però si sentiva di coinvolgere una troupe italiana in un momento così delicato, appena prima delle elezioni in Turchia, con gli scontri in piazza e al contempo l’Isis che faceva il bello e il cattivo tempo.  Tutto si era fermato e anche i nostri partner turchi ci consigliavano di interrompere il progetto, ma lì probabilmente è stata proprio la forza di volontà femminile a farla da padrone e assieme alla mia controparte e ‘sorella’ turca Zumrut Arol Bekce abbiamo invertito le parti e continuato a lavorare. Ci ha seguiti solo chi aveva spirito d’avventura. Montaggio e musiche sono rimaste a Roma”.  

“Tra l’altro – prende la parola Ozpetek – il film in Turchia esce con molta più musica. I musicisti sono italianissimi, Giuliano Taviani e Carmelo Travia, ma molti hanno pensato che fossero turchi. Le bombe esplodevano anche in luoghi da noi frequentati, la produzione ci consigliava dove girare. D’altro canto bisogna continuare a vivere e lavorare. Mentre eravamo in Turchia è successo quello che è successo in Belgio. Ormai non ci sono scappatoie, tutto il mondo Occidentale è a rischio. Per fortuna l’Italia è un paese relativamente protetto, almeno per ora”. Prosegue la conferenza Luigi Lonigro, direttore di 01, che nell’annunciare l’uscita del film in 200 copie sottolinea la strategia leggermente diversa adottata per questa pellicola rispetto alle altre: “Abbiamo impostato un poster misterioso e un trailer che non rivela nulla – spiega – questo è un film con un cast nuovo ed eccezionale, a cui auguro un grande successo internazionale. Il pubblico lo deve scoprire, abbiamo optato per una distribuzione più attenta, che si rivolgesse anche non necessariamente a chi segue e conosce il cinema di Ferzan”. Chiude Ozpetek, con una curiosità: “Il nome del protagonista, ‘Deniz’, significa ‘mare’. Ma era anche il nome della scenografa. In turco può essere maschile o femminile”.

Andrea Guglielmino
23 Febbraio 2017

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