Rosi da Los Angeles: “Un percorso indimenticabile”

Il regista si stringe alla sua truppa, quella di Fuocoammare, che fino alla fine ha sperato in una statuetta, ma che ora che il sogno svanisce, si accorge di aver fatto un percorso indimenticabile


LOS ANGELES – La notte degli Oscar per la comunità italiana di Los Angeles era stata organizzata all’Istituto italiano di Cultura, una lunga maratona per festeggiare i candidati italiani, Fuocoammare, in corsa come miglior documentario e i truccatori di Suicide Squad, Alessandro Bertolazzi e Giorgio Gregorini. Tutto era partito sotto i migliori auspici, con la seconda statuetta assegnata proprio ai maestri truccatori italiani, che per bocca di Bertolazzi, da immigrati avevano dedicato il premio “a tutti gli immigrati…’. Seguono poche statuette e l’Oscar 2017 si fa sempre più “politico” nelle sue decisioni. Arriva il premio come attore non protagonista a Mahershala Ali per Moonlight (che si aggiudicherà, in un convulso finale caratterizzato da un marchiano errore, la statuetta per il Miglior Film), poi quello al film in lingua straniera, che premia l’assente giustificato Asghar Farhadi. Per lui l’Oscar a Il cliente e il regista iraniano lancia un messaggio al mondo: “La mia assenza è un atto di rispetto verso i miei concittadini e quelli di altri sei paesi che hanno subito una mancanza di rispetto per una legge disumana. Dividere il mondo in due categorie, noi e i nostri nemici, porta alla paura”.

In questo quadro si legittima una crescente aspettativa della pattuglia di connazionali presenti alla serata organizzata da Antonio Verde, console italiano a Los Angeles. Volti tuttavia piuttosto tesi quelli del montatore Jacopo Quadri e di uno dei produttori, Dario Zonta. Ecco allora che le nomination per il miglior documentario si materializzano sugli schermi, diventano immagini, prime tra tutte quelle potenti di Fuocoammare… Alla fine la spunta O.J.: Made in America di Ezra Edelman e la delusione è tanta. 

Nella notte californiana c’è spazio per le molte statuette annunciate di La La Land di Damien Chazelle, che porta a casa sei premi: poco meno della metà delle 14 nomination che potevano consegnarlo alla storia. Ma nella storia resterà comunque, per il clamoroso errore dell’annuncio della settima statuetta per la migliore regia, che era invece destinata a Moonlight. Comunque sia è il musical che aveva aperto la Mostra di Venezia ad aggiudicarsi i riflettori, facendo entrare Chazelle nel Guinness dei primati: con i suoi 32 anni è il più giovane regista a vedersi assegnato il premio alla regia. Migliore attrice ad una commossa Emma Stone. Miglior fotografia, miglior sceneggiatura, miglior colonna sonora e miglior canzone originale sono un bottino niente male per La La Land

All’Istituto Italiano di Cultura intanto non c’è più aria di festeggiamenti ma si attende l’arrivo della delegazione italiana. I truccatori, pur annunciati, declinano l’invito, mentre qualche ora dopo il termine della premiazione arrivano alla spicciolata Roberto Cicutto, presidente e AD di Istituto Luce Cinecittà, Gianfranco Rosi con il dottor Pietro Bartolo, Donatella Palermo e per Rai Cinema Paolo Del Brocco. “Non abbiamo perso nulla”, si affretta a dichiarare Rosi, che ostenta sicurezza ma anche il sorriso sincero di chi sa di aver fatto un percorso indimenticabile. “Quest’anno passato con Pietro Bartolo, con Samuele, con il fantastico team di Fuocoammare, con i lampedusani, beh, questo è un viaggio indimenticabile che ci ha portato agli Oscar e va festeggiato senza tristezze”, precisa il regista. 

Grandi abbracci sinceri con Jacopo Quadri (“è lui, il mio montatore, da sempre, scrivetelo vi prego”), ma anche con un commosso dott. Bartolo, che è perfettamente in sintonia con il suo regista: “Arrivare alla Notte degli Oscar con Fuocoammare è stato un bellissimo sogno; quello che conta è il percorso fatto, è aver mostrato al mondo l’accoglienza e la dignità di cui siamo capaci come italiani. Deve essere una festa tutto questo”. 

La Notte delle stelle si fa alta, tra paillettes e feste di rito per i vincitori. A Fuocoammare resta l’abbraccio sincero di una troupe che sa di aver fatto un lavoro fuori dal comune nella costruzione di un film potente che si è mostrato a tutti con il suo importantissimo messaggio di tolleranza. Il risultato, stanotte, non ha poi molta importanza ormai.   

Rocco Giurato
27 Febbraio 2017

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