Life: tra Alien e Gravity, alla ricerca della vita su Marte

Diretto da di Daniel Espinosa, è un thriller horror con alieno ambientato in una stazione spaziale internazionale


Si potrebbe definire un mix tra Alien e Gravity il film Life – Non oltrepassare il limite, in uscita il 23 marzo con Warner. Dopo Interstellar e The Martian, che hanno confermato la voglia del pubblico di approcciare scenari fantascientifici, nel film di Daniel Espinosa, un thriller horror con alieno ambientato in una stazione spaziale internazionale, interpretato , tra gli altri, da Jake Gyllenhaal, Rebecca Ferguson e Ryan Reynolds, si esplora la possibilità non solo che ci sia vita su altri pianeti, ma che essa si potrebbe essere sviluppata anche relativamente vicino a noi. Perché Marte, dicono gli esperti, è proprio dietro l’angolo.

E proprio come per The Martian un anno fa (quando venne ospite Samantha Cristoforetti) si è  scelto di realizzare un’anteprima – evento all’Agenzia Spaziale Italiana A.S.I. all’Università di Tor Vergata, dove hanno preso la parola il portavoce del presidente Andrea Zanini, Barbara Negri, responsabile Esplorazione dell’Universo, Gabriele Mascetti, responsabile Volo Umano e Stazione spaziale Internazionale e, in collegamento da Houston, Paolo Nespoli, Astronauta dell’Agenzia Spaziale Europea e Capitano Pilota dell’Aeronautica Militare, protagonista della missione VITA, che lo vedrà prossimamente sulla Stazione Spaziale internazionale (Iss).

“Quando cerchiamo la vita su Marte, o sugli asteroidi – dice Negri – noi cerchiamo di capire soprattutto l’origine della vita sulla Terra, ovvero capire se si sia formata autonomamento o sia stata portata da un oggetto esterno, che si è staccato. Cerchiamo posti dove le condizioni primordiali siano simili a quelle della Terra e Marte è uno di questi. La recente scoperta di un fossile di 3,7 miliardi di anni anticipa significativamente la data della possibile comparsa della vita sulla Terra, rendendo meno improbabile che abbia fatto capolino anche su Marte. La missione ExoMars nel 2020 trapanerà la superficie del pianeta per andare oltre la fascia di sterilizzazione, necessaria perché l’ambiente marziano è esposto a radiazioni, e prendere campioni alla ricerca di qualcosa che ci chiarifichi se la nostra visione è giusta”.

 Mascetti parla invece proprio della Stazione Spaziale Iss che “ha la caratteristica – dice – di essere una stazione internazionale, proprio come quella che vedete nel film. E’ un elemento importante perché più ci allontaniamo dalla bassa orbita terrestre, più le cose diventano complicate, e dunque costose. Se vogliamo andare più in là, non possiamo farlo da soli. Sono coinvolti quindici paesi, e del resto dallo spazio non si vedono confini, si vede solo la Terra. Questo è il messaggio importante che sta dietro a questa esperienza. La cooperazione a livello internazionale. Per andare su Marte ci sono problemi logistici da risolvere: la radioattività dell’ambiente, il costo degli elementi di sostegno e del loro trasporto, cibo, acqua, ossigeno, i tempi di viaggio che sono stimati in circa sei mesi per andare, un mese di permanenza, un mese per tornare. Non siamo ancora pronti a metterci fisicamente piede, ma lo faremo presto”.

“Nel giro di qualche decina d’anni – quantifica Nespoli – forse per noi sono tempi lunghi ma per la vita umana veramente brevi. L’universo è sterminato e sicuramente da qualche parte c’è vita, ma per noi già arrivare a Marte è tantissimo, e comunque resterebbe una visione molto limitata. Anche ora, con la Stazione Spaziale saremo comunque vicini alla Terra. Non vedremo certo Marte in maniera diversa. Certo come astronauta si immagina di voler fare tante cose, io vorrei fare una passeggiata spaziale, ma per ora l’occasione mi è sfuggita. E certo dedicherei volentieri il mio tempo e le mie capacità a scoprire se esiste la vita da qualche parte, ma per ora mi accontento di essere il miglior astronauta possibile e sperimentare sulla Stazione tutto quello che sulla Terra non si può sperimentare. Ad esempio l’assenza di gravità, che è anche complessa perché ci si deve abituare, ci vogliono almeno sei settimane e non tutti ci riescono. Però una volta che hai capito, diventi veramente una persona diversa e mi piacerebbe se entro qualche anno tutti poteste sperimentarla, da turisti , magari. Sulla Stazione è naturalmente tutto sterilizzato per evitare la presenza di microbi o batteri che possano contaminarci, siamo pronti a ogni evenienza, ma realisticamente, non ci sono protocolli per l’incontro con forme di vita aliene”.

Speriamo allora che non siano pericolose e ostili come Calvin, l’extraterrestre del film, che inizialmente è solo una cellula inerte ma, stimolata a dovere – e in effetti qui c’è anche la mano dell’uomo, come nel caso del mostro di Frankenstein – cresce a dismisura diventando una sorta di polpo affamato e dotato di una notevole capacità di sopravvivenza, adattamento e intelligenza tattica, in grado di creare seri problemi ai membri dell’equipaggio. Il film è ben costruito e non manca di tensione e colpi di scena, regalando anche un finale meno scontato di quanto si potrebbe immaginare. C’è l’elemento fantasy (l’alieno. Letale ma con un design non particolarmente memorabile, peccato) ma anche una certa verosimiglianza nel descrivere la vita di tutti i giorni degli astronauti e la loro necessità di agire senza gravità. Insomma, la fantascienza diventa sempre meno ‘fanta’ e più ‘scienza’, a dimostrazione del fatto che ormai è il nostro stesso mondo, con il progresso tecnologico, ad essersi avvicinato ai modelli fantastici che per anni abbiamo immaginato per il genere.

Mentre lo guardavamo, abbiamo gustato una busta di ‘cibo spaziale’ (riso, pollo e verdure in busta) gentilmente offerta dall’organizzazione. 

Andrea Guglielmino
22 Marzo 2017

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