Totò nel ricordo dell’attore e doppiatore Carlo Croccolo

Carlo Croccolo, che riceverà dal Festival di Lecce l'Ulivo d'oro alla carriera a pochi giorni dal suo 90° compleanno, racconta il rapporto con Totò che, a 50 anni dalla morte, è ricordato dal festival


Il Festival del europeo apre oggi 3 aprile a Lecce con un omaggio a Totò, in occasione del 50° anniversario della sua scomparsa (15 aprile 1967), con la presentazione al Cinema Multisala Massimo di Chi si ferma è perduto (1960) di Sergio Corbucci, restauro realizzato a cura della Cineteca di Bologna e Titanus, presso il laboratorio L’Immagine Ritrovata, con il contributo del Festival di Lecce. Presenti alla serata il direttore della Cineteca di Bologna Gianluca Farinelli, la nipote di Totò, Elena Alessandra Anticoli De Curtis, e l’attore Carlo Croccolo, che riceverà l’Ulivo d’Oro alla Carriera a pochi giorni dal suo 90° compleanno e racconterà al pubblico, la sua lunga carriera insieme a Totò, nel corso di un incontro condotto da Valerio Caprara. E di Carlo Croccolo pubblichiamo qui il suo ricordo di Totò, testo che, insieme all’introduzione di Elena Alessandra Anticoli De Curtis e alla prefazione di Valerio Caprara, arricchisce la nuova edizione – pubblicata da Il Raggio Verde edizioni – del volume “Totò. Tocchi e ritocchi”, tratto dal Convegno su Totò tenuto nel 2007 a Santa Maria Ligure.

Attore e doppiatore,Carlo Croccolo ha interpretato 118 film a partire dagli anni‘50 debuttando a teatro con “l’Anfiparnaso”, in radio con la commedia “Don Ciccillo” e nel cinema con il film I cadetti di Guascogna. Tra i film con Totò si ricordano 47 morto che parla, Miseria e nobiltà, Totò lascia o raddoppia?, Signori si nasce, Ragazze da marito con Eduardo De Filippo, Non è vero… ma ci credo con Peppino De Filippo. Premio David di Donatello e Ciak d’Oro 1988, David di Donatello 1989, si annovera anche un’intensa attività teatrale: ha recitato ne “La grande magia” di Eduardo De Filippo diretto da Giorgio Strehler e nelle commedie “Rinaldo in campo” e “Aggiungi un posto a tavola” di Garinei e Giovannini.
Dal 1957 è stato l’unico doppiatore di Totò autorizzato dall’attore stesso in scene realizzate in esterno in cui non era possibile girare in presa diretta e che Totò non poteva doppiare a causa dei suoi problemi di vista.Tra i doppiaggi ai film con Totò si ricordano la voce della baronessa in Totò diabolicus e soprattutto, nel film I due marescialli nella scena finale a ripresa esterna, girata in una stazione, presta la voce contemporaneamente sia a Totò (Antonio Capurro), che a Vittorio De Sica (il maresciallo Vittorio Cotone).

“Totò ed io non abbiamo girato molti film insieme, e per me è stato molto importante lavorare con lui, come immagino lo sia stato per lui lavorare con me.C’era molto feeling tra noi in scena e mi ha insegnato tanto. Avermi scelto per doppiarlo quando lui non ci vedeva più, è stata una grande dimostrazione di fiducia. Tanti anni vicino a lui mi hanno fatto scoprire sia i suoi lati artistici che quelli umani: spesso il Principe mi ospitava nella sua macchina per arrivare a Cinecittà, dove giravamo, e all’ingresso c’era sempre un signore che ogni volta che arrivavamo si avvicinava alla macchina e rivolto a Totò diceva: “Principe io amo il teatro, io amo il teatro”.
Questa scena si ripeté per parecchi giorni fino a quando il Principe, esasperato, fece fermare la macchina e fece avvicinare il signore. Il tizio continuava a ripetere “io amo il teatro, io amo il teatro”, il Principe, allora lo interruppe e disse: “Va bene tu ami il teatro, ma lui, ti ama?” … dopo un attimo di silenzio, Totò concluse: “E lascialo in pace, allora!”. E ce ne andammo lasciando il signore senza parole.
Era un uomo intelligente, non colto ma con una grande saggezza, doti che gli sono servite per diventare il più grande attore italiano. Totò era un uomo molto riservato e nonostante questo con me aveva un ottimo rapporto forse considerandomi un po’ il figlio maschio che non aveva avuto. Mentre stavamo girando Lascia o raddoppia, io che amavo molto gli sport comprai un paio di pattini con le ruote attaccate allo stivaletto e non vedevo l’ora di provarli. Appena arrivato a Cinecittà li indossai e iniziai a pattinare nei lunghissimi corridoi degli stabilimenti. I corridoi circondano i teatri di posa e io passavo e ripassavo davanti al teatro dove stava girando Totò, il rumore era fastidiosissimo ma io preso dall’entusiasmo, non me ne rendevo conto. Totò si fermò e chiese all’aiuto regista di chiamarmi perché voleva parlarmi dei cambiamenti da fare in una scena. L’aiuto regista venne a chiamarmi e io mi tolsi i pattini e andai da lui. Mi disse che voleva fare dei cambiamenti alla scena dell’armadio e mi chiese di entrarci. Una volta dentro, girò la chiave e chiuse l’anta dicendomi: “E’ bello pigliarsi uno sfizio ma è ancora più bello non rompere le scatole alla gente, pensaci”. E mi lasciò chiuso li dentro per un’ora.
È sicuramente impossibile riportare Totò ad una mera maschera o a un tipo di teatro. Esula da tutto ciò, inventando una maschera o tipo di teatro assolutamente nuovi e difficilmente qualificabili. Sicuramente unico tra i comici italiani ad avere una fisicità particolare, più da burattino che da attore. Nonostante questo, riusciva ad essere profondamente vero, umano e reale”.

redazione
03 Aprile 2017

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