Lasciati andare: umorismo ebraico per Toni Servillo

L'attore in un ruolo inedito, quello di uno psicoanalista ebreo costretto ad allenare il corpo con una personal trainer nella commedia di Francesco Amato 'Lasciati andare'


MILANO – Mens sana in corpore sano. Cosa succede se uno psicanalista incontra una personal trainer? La risposta è in Lasciati andare, la commedia di Francesco Amato scritta con Francesco Bruni e Davide Lantieri, in cui si scontrano la storia di Elia, interpretato da un brillantissimo Toni Servillo e quella di Claudia, l’attrice spagnola Veronica Echegui. Intellettuale, ebreo e terapeuta lui nella vita fa solo esercizio della mente, un po’ egoista e monotono anche nel rapporto abitudinario con l’ex moglie, interpretata da Carla Signoris. Il film prodotto da Cattleya, distribuito da Rai Cinema che annuncia per domani l’inaugurazione di una sala cinematografica ad Amatrice alla presenza del ministro Dario Franceschini con Lasciati andare in programmazione, uscirà il 13 aprile in 250 sale.  

“Per realizzare questo film ho messo in campo autoironia e coraggio – rivela Francesco Amato – Stavo attraversando un momento difficile e questa è stata la cura e un insegnamento a prendere la vita con più leggerezza, senza prendermi troppo sul serio”. E ammette che il personaggio pieno di paure in cura da Elia è quello in cui si identifica di più. Molte scene esilaranti del film accadono durante la terapia dello psicanalista Elia Venezia, con barba e occhiali tondi freudiani, mentre ascolta i pazienti sul lettino; arrivando a veri e propri momenti di comicità pura e raffinata nell’incontro con Ettore, Luca Marinelli, fidanzato detenuto e psicolabile della bella Claudia.  

“Prima di incontrare Toni Servillo ero terrorizzato – continua il regista – ma siamo entrati subito in sintonia: lui si è ritrovato nel copione e abbiamo lavorato molto sul testo. In quel periodo stava portando in scena Le voci di dentro, l’ho seguito in tournée, andavo a vederlo tutte le sere e di mattina studiavamo il testo insieme. In effetti ho un debole per le scene sul lettino. O per le scene tra Carla Signoris e Toni Servillo, con quella grande storia d’amore che continua anche dopo essersi lasciati, tentando di salvarsi a vicenda”.  

Il rapporto che si crea tra Elia e Claudia è inaspettato, si conoscono in palestra, luogo estraneo e insopportabile per lo studioso, ma prescritto dal medico e gli incontri tra i due continuano all’aperto tra corse e ginnastica. Nonostante le differenze caratteriali e di vita, tra Elia e Claudia un punto d’incontro è possibile. “Mi è piaciuta la loro capacità di darsi una mano, uscendo dal professionismo e incontrandosi da dilettanti”, racconta Servillo.

Divertente e divertito, spesso travolto da situazioni comiche spiazzanti, per la prima volta l’attore feticcio di Paolo Sorrentino si ritrova in una commedia quasi spensierata, diversamente dai suoi film precedenti in cui l’ironia serviva come motore per esprimere temi impegnati. “Desideravo da tempo confrontarmi con un genere che pratico spesso in teatro e che un po’ si era sviluppato in Viva la libertà di Roberto Andò, in cui c’era un tono da commedia ma il punto di vista tematico era molto differente. Lavorare in una commedia a tutto tondo mi ha messo alla prova facendomi conoscere e superare alcuni miei limiti”.

Prima di prepararsi ad interpretare Silvio Berlusconi nel film recentemente annunciato da Paolo Sorrentino, Servillo non vuole rilasciare dichiarazioni: “Non so ancora nulla, non ho letto il copione mi rifaccio soltanto a quello che ha già detto l’autore. Solo lui può confermare o s-confermare”.  

Una novità di Lasciati andare è il contesto in cui il film è girato: set romano all’interno del ghetto ebraico, molto poco rappresentato. Sia Elia che l’ex moglie Giovanna fanno parte della comunità ebraica, lei frequenta la sinagoga, lui si è un po’ allontanato seppur mantenendo un legame molto forte con chi vi partecipa. Nel film c’è l’ambizione di far respirare quell’umorismo tipicamente ebraico, un po’ alla Woody Allen, che in Italia non ha mai preso il sopravvento. Almeno al cinema.  

Citando Amos Luzzato, Francesco Amato chiarisce: “L’umorismo ebraico non è un’antologia di barzellette ma uno strumento per superare i propri problemi. Ammetto che il film deve molto a tutta la cultura cinematografica ebraica, dai fratelli Marx a Woody Allen, passando per Ernst Lubitsch e Billy Wilder. Ci piaceva far vivere a Elia un rapporto di necessità verso la sua comunità ma nello stesso tempo di insofferenza. Restare insieme in autonomia”.      

Barbara Sorrentini
10 Aprile 2017

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