Proietti scrittore da Nobel nel secondo film di Gassmann

Nel cast anche lui stesso, Anna Foglietta, Rocco Papaleo, Matilda De Angelis e Amanda Lear


BARI – “L’8 maggio inizierò le riprese del mio secondo film da regista, Il premio. Sarà il viaggio, spero toccante e divertente, di una strana famiglia da Roma a Stoccolma, dove il capostipite un po’ depresso si reca per ritirare il premio Nobel per la letteratura”. Nell’anno in cui il Bifest celebra con una retrospettiva omaggio la carriera del padre Vittorio, Alessandro Gassmann usa il monumentale palcoscenico del Teatro Petruzzelli per raccontare la sua carriera nel corso di una masterclass e annunciare il ricco cast de Il premio. “Ci saranno Gigi Proietti nei panni del grande letterato che ritira il riconoscimento, un uomo profondo e di poche parole che ha fatto molti figli in giro per il mondo, e poi Rocco Papaleo, Anna Foglietta, io stesso, Matilda De Angelis e Amanda Lear“. Premiato proprio a Bari come miglior regista per il suo esordio Razzabastarda, Gassmann annuncia che quello de Il premio “sarà un ruolo diverso per Proietti, più serio di quelli a cui ci ha abituato al cinema. Gigi è una delle macchine attoriali più perfette che esistano in Italia – aggiunge – Nel film, che inizierò a girare in Alto Adige per proseguire in Danimarca, Svezia e finire a Roma. Gigi avrà un figlio non proprio dotto, interpretato da me, una figlia concentrata su se stessa incarnata da Anna Foglietta e un segretario personale, Papaleo, che fa il pusher”.

In un teatro stracolmo, Gassmann ha poi rievocato il suo percorso, da quando a 17 anni debuttò con Vittorio in Di padre in figlio: “Io non volevo fare l’attore ma l’ingegnere agrario studiando a Perugia – ha ricordato – papà dovette pensare che quella soluzione fosse una fuga che mi permetteva di continuare a non fare nulla e mi fece recitare sotto il suo controllo. Mi fece fare Affabulazione di Pasolini, dove recitavo nudo e con i capelli ossigenati”. Il più grande insegnamento che ha avuto da papà Vittorio, dice, “è di non ricorrere mai alle scorciatoie, ma affrontare frontalmente gli ostacoli”.

Per anni considerato solo “il figlio di”, Alessandro Gassmann spiega di aver capito di poter essere davvero un attore quando Pino Quartullo lo coinvolse con un ruolo brillante in Quando eravamo repressi: “Capii che potevo far ridere sdrammatizzando la mia fisicità. Questo mi fece migliorare anche come attore drammatico. Fu poi con Il bagno turco che anche il pubblico smise di considerarmi solo ‘il figlio di’. E pensare che molti attori rifiutarono quel ruolo di omosessuale: per fortuna che ci sono tanti scemi e quella parte l’ho potuta prendere io”.

Spesso impegnato in battaglie civili che riguardano la sua città, Gassmann ha ricordato anche il suo ruolo di ambasciatore dell’Unhcr, con cui è partito due anni fa per visitare l’immenso campo in Giordania che ospita i profughi siriani e ha prodotto il documentario Torn, mostrato alla scorsa Mostra di Venezia. “Presto sarò di nuovo in missione con Unhcr: chi non si fa sentire, in questo momento tragico, lo considero un complice, e credo che questo non sia il momento di fare polemiche su chi salva i migranti in mare”.

Del cinema italiano di oggi, dice che “rischia troppo poco”. Anche per questo la regola che si è dato come uomo di spettacolo è proprio quella di “accettare un margine di errore, esporsi, fidarsi più di se stessi”. Con un obiettivo e una speranza: “Cerco di evitare che in futuro si dica ‘c’era il grande Vittorio, poi purtroppo…”.

Michela Greco
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