Visions du réel parla italiano

Il festival svizzero dedicato al documentario vanta una presenza italiana molto forte per la sua quarantottesima edizione, in corso dal 21 al 29 aprile


NYON – Il festival svizzero dedicato al documentario vanta una presenza italiana molto forte per la sua quarantottesima edizione, in corso dal 21 al 29 aprile, l’ultima sotto la direzione di Luciano Barisone (gli subentrerà Emilie Bujès, membro del comitato di selezione del festival dal 2012). Passando in rassegna le varie sezioni, competitive e non, si individuano diversi titoli provenienti dalla penisola italica, corredati da una retrospettiva integrale dell’opera di un amico del festival, Gianfranco Rosi (il quale nel 2012 portò il progetto poi divenuto Sacro GRA al Doc Outlook International Market, la componente industriale della kermesse).

Il Concorso Internazionale Lungometraggi è stato segnato dall’attualità tragicomica della città di Messina, di cui Silvia Jop e Pietro Pasquetti raccontano l’evoluzione utopistica in Upwelling – La risalita delle acque profonde, che trae spunto dall’elezione a sindaco di Renato Accortini, ecologista e buddista, nel giugno del 2013. Un’altra utopia, di tipo culturale, è al centro di Imma, nel Concorso Internazionale Mediometraggi. La protagonista, aspirante attrice e vincitrice di un reality televisivo nel 2007, rappresenta chiunque stia, a detta del regista Pasquale Marino, “provando a partecipare a un mondo che sembra non avere bisogno del suo contributo”. Le famiglie occupano una posizione fondamentale in altri due mediometraggi, Tutte le anime del mio corpo e Yvonnes. Nel primo caso, la regista Erika Rossi segue tale Lorena mentre lei scopre i segreti della madre recentemente scomparsa; nel secondo, Tommaso Perfetti accompagna un padre, il quarantaduenne Lorenzo, durante un viaggio in treno che dovrebbe ricongiungerlo con la figlia che non vede da anni. “Se fosse un attore meriterebbe l’Oscar”, scrive Luciano Barisone nel catalogo del festival, riferendosi a Lorenzo. Due film molto diversi, e in sezioni differenti, sono accomunati dalla musica.

Nel programma di Regard Neuf, incentrato sulle opere prime, salta all’occhio la vicenda di Omar Codazzi, il re della musica da ballo in un paesino nei pressi di Parma, accompagnato dalla macchina da presa di Alessandro Stevanon in Sagre balere. Meno festosi invece i toni di Non ho l’età, presentato nella sezione Helvétiques (produzioni e co-produzioni svizzere). Il lavoro del regista ticinese Olmo Cerri si concentra sull’ondata migratoria italiana in Svizzera negli anni del boom, e il brano di Gigliola Cinquetti che dà il titolo al film è stato una fonte collettiva di conforto di fronte alle difficoltà legate alla mentalità non sempre accogliente della nuova patria. Una mentalità che, secondo lo stesso Cerri, non appartiene del tutto solo al passato: ancora oggi, nei due paesi, esiste “una rischiosissima dicotomia, quel ‘noi’ e ‘loro’, destinata ad allontanare anziché avvicinare la prospettiva di una reale integrazione”. Immancabile anche l’appuntamento con lo sport, nella sezione Grand Angle, dove vengono proposti i prodotti più adatti al grande pubblico (il quale assegna un apposito premio). È qui che troviamo La prima meta, che fin dal titolo ammicca al film di culto di Robert Aldrich Quella sporca ultima meta, sul rugby carcerario. Dall’America ci si sposta a Bologna, dove Enza Negroni, alla seconda esperienza documentaristica dopo il mediometraggio Lo chiamavamo Vicky, segue il lavoro di una squadra fuori dal comune e mostra una realtà che sa essere spettacolare e divertente quanto la finzione hollywoodiana, se non di più. 

Max Borg
26 Aprile 2017

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