I Vanzina e la banda dei miracoli con Salemme, Tortora e Buccirosso

Il loro prossimo lavoro sarà un film comico, non una commedia, che racconterà le imprese di una banda che cerca di rubare il tesoro di San Gennaro per fini umanitari. S’intitola La banda dei miracoli


BARI. Carlo e Enrico Vanzina, sono i protagonisti di una master class, condotta da David Grieco, ricca di aneddoti e ricordi al Bif&st in quel teatro Petruzzelli dove Carlo, all’epoca assistente alla regia di Polvere di stelle diretto e interpretato da Alberto Sordi, con Monica Vitti al suo fianco, fu testimone di un’insuperabile lezione d’attore da parte di Sordi. L’artista improvvisò il meglio dell’avanspettacolo davanti a oltre mille spettatori, vestiti da marinai e soldati, che in modo spontaneo e autentico parteciparono all’esibizione.

Il loro prossimo lavoro sarà un film comico e divertente che racconterà le imprese di una banda che cerca di rubare il tesoro di San Gennaro per fini umanitari. “S’intitola La banda dei miracoli ed è radicato nella storia del cinema italiano, ispirato in parte a un capolavoro di Dino Risi, Operazione san Gennaro – spiegano i due fratelli – E’ la storia di un colpo buffo, con interpreti Vincenzo Salemme, Max Tortora, Carlo Buccirosso, Christiane Filangieri e Serena Rossi. Primo ciak a primavera, non diciamo il giorno per scaramanzia, lo gireremo a Napoli, Torino e una parte finale a Cannes”.

Grandi estimatori del cinema italiano del passato, i Vanzina considerano Checco Zalone il nuovo Totò “lo dicemmo in tempi non sospetti, al suo primo film, per questa forza anche un po’ anarchica della sua comicità”. Per Enrico tutti oggi sostengono di fare la commedia ma nessun regista dirige la vera commedia che, se ci fosse, aiuterebbe i tanti generi del nostro cinema.
Tra i progetti rimasti tali, Carlo ne ricorda uno di genere western diventato un trattamento che piaceva a Sergio Leone e ispirato alla pistola Colt. Ora l’ha ripreso Stefano Sollima che realizzerà una serie televisiva coprodotta dagli americani.
Tra i tanti ricordi del padre Steno “che non ha mai avuto una fede politica ma era un liberale  nel senso del libro pensiero di Voltaire”, Enrico racconta con ironia di quando si rivolsero a Giulio Andreotti per superare le difficoltà che c’erano nel trovare per il papà appena scomparso un posto al cimitero del Verano. Dopo qualche giorno arrivò la risposta telegrafica di Andreotti: “La mafia del Verano è più forte del presidente del Consiglio”. Così in attesa di trovare una soluzione definitiva, Steno venne ospitato per un periodo accanto alla tomba della famiglia De Sica.

“La commedia all’italiana nasce da un clima solidale tra autori, registi, produttori e attori che oggi non c’è più – dichiara Carlo – Dopo la guerra era una grande famiglia che si ritrovava al bar Rosati, al Caffè Greco dove si scrivevano i film perché nessuno aveva una casa abbastanza dignitosa da poter ospitare gli altri. Poi venne affittata una camera all’albergo Moderno e sul letto si affastellavano copioni su copioni, così quelli di Totò che si confondevano con quelli di Antonioni”.
Il nome di Totò ricorre spesso nell’incontro: a lui è legata la prima fase della carriera di Steno, in coppia con Mario Monicelli con il quale vi fu un sodalizio durato per 8 film tra i quali Guardie e ladri, per Enrico “Il film che ha inventato la commedia all’italiana con una sceneggiatura che portava la firma, oltre che di papà e di Monicelli, di Vitaliano Brancati, Ruggero Maccari e Ennio Flaiano”.
Così come Steno lanciò la carriera di tanti attori (molti dei quali sono stati mostrati in una clip proiettata nel corso dell’incontro), anche i fratelli Vanzina vantano tante scoperte, da Diego Abatantuono a Christian De Sica, “che il produttore non voleva per Sapore di mare – ricorda Enrico – e non voleva nemmeno Virna Lisi che considerava troppo vecchia. Finì che il film segnò la carriera di Christian e che Virna Lisi vinse sia il David di Donatello che il Nastro d’Argento”.

Una parte della Masterclass è stata dedicata a Febbre da cavallo, la commedia di Steno che passò quasi inosservata all’uscita per poi diventare da lì a qualche anno un film di culto. Enrico: “La prima sceneggiatura era di Alfredo Giannetti, poi ci rimettemmo le mani io e papà. Lui mi disse che voleva farne un film tipo quelli degli anni ’50, in cui ci fosse molta attenzione ai personaggi minori, ai caratteristi. È una consuetudine che si è persa, soprattutto da quando i comici come Benigni, Verdone, Troisi, Nuti sono diventati i produttori, i registi e gli interpreti dei loro film e dunque autoreferenziali”.

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