Godard è morto, viva Godard!

Le redoutable, commedia su Jean-Luc Godard e la moglie Anne Wiazemsky, che prende in giro la Nouvelle Vague, il '68 e anche il cinema italiano


CANNES – Due citazioni del cinema italiano compaiono in Le redoutable, l’atteso film di Michel Hazanavicius su Jean-Luc Godard e Anne Wiazemsky, visto in concorso a Cannes, in sala dal 31 ottobre con Cinema di Valerio De Paolis con il titolo Il mio Godard. E sono entrambe delle macchiette poco credibili, almeno ai nostri occhi. Prima Bernardo Bertolucci che invita il collega francese a Roma per un dibattito e i due finiscono per mandarsi reciprocamente a quel paese, quindi Marco Ferreri, che scrittura la moglie di Godard per Il seme dell’uomo e sta tutto il tempo a cantare canzoni di Celentano con una troupe di gaudenti e imbecilli. Due macchiette per noi che li conosciamo bene come un po’ macchietta è anche il Godard messo in commedia dal regista di The Artist, con un’operazione per certi versi simile a quella che nel 2011 lo portò all’Oscar. Simile ma molto meno riuscita, cioè replicare il linguaggio di un’epoca del cinema per giocarci sopra. Il risultato, pur divertente, appare un po’ superficiale e farà storcere il naso a molti cinefili. Anche se il regista mette le mani avanti: “Godard è un grande uomo, l’abbiamo solo umanizzato. E poi non mi interessava la sua figura reale ma un personaggio di finzione che potevo reinventare e tradire. Qui è protagonista e antagonista di se stesso”. 

Il padre della Nouvelle Vague – nato a Parigi da famiglia svizzera – vi è infatti dipinto come un uomo nevrotico e misantropo, un marito geloso e possessivo, un maoista che annega nei luoghi comuni del ’68 sacrificando agli imperativi della politica il suo talento d’artista. Magari è tutto vero perché Le Redoutable – ovvero “il formidabile”, titolo che, come spiega il regista, cerca di ritrovare la creatività icastica degli anni ’60 e gioca anche sul nome di un sommergibile – parte dal libro autobiografico scritto da Anna Wiazemsky. Si racconta, nell’arco di un anno, la relazione burrascosa tra i due (che in realtà durò molto di più). Si erano conosciuti nella Parigi del 1967, quando giravano La cinese dove lei era praticamente se stessa, cioè una studentessa di filosofia maoista, si erano messi insieme e poi sposati in segreto: lei aveva 20 anni, lui 37. Ma il ’68 aveva portato scompiglio anche nelle loro vite: Godard la considerava borghese per un nonnulla (anche solo andare in spiaggia a prendere il sole era un affronto al popolo)… In effetti era in crisi profonda, stava smantellando la sua idea di cinema precedente, era pronto a creare il collettivo Dziga Vertov e dirigere film in comune, insieme agli altri cineasti francesi aveva bloccato il festival di Cannes, insomma voleva rinunciare alla sua popolarità per ripartire da zero.
Tutto questo è raccontato prendendo a prestito lo stile di quegli anni – dalle voci off che dialogano col pubblico ai cartelli, all’uso della solarizzazione della pellicola – con un intento parodistico nemmeno troppo sotterraneo che spesso sconfina nella graphic novel

C’è da dire che il Godard di Louis Garrel è praticamente perfetto, dalla somiglianza fisica alla parlata strascicata e con la zeppola agli occhiali che perde di continuo e che finiscono fracassati nelle cariche della polizia; Anne è Stacey Martin generosamente nuda (anche per fare il verso all’uso provocatorio del corpo nel cinema anni ’60). Nel cast figura poi la moglie di Hazanavicius, Bérénice Bejo, nel ruolo della regista e sceneggiatrice Michèle Rosier, morta da poche settimane.  
“In Le Redoutable – spiega Hazanavicius – parlo anche dell’emancipazione femminile che è propria di quell’epoca”. Per Garrel: “In questo film abbiamo giocato d’immaginazione, c’è ironia e tenerezza e uno spirito da fumetto. C’è un po’ la magia della commedia all’italiana. Fare un biografia seria sarebbe stato inutile ce ne sono già tante”. 

Cristiana Paternò
21 Maggio 2017

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