The Beguiled: donne e danni per Sofia e Colin

Il film di Sofia Coppola oggi in concorso a Cannes


CANNES  – Soldato di ventura durante i tempi della guerra di secessione americana, Jonathan (Colin Farrell), ferito a una gamba, si ritrova accudito e coccolato in un collegio femminile diretto dalla signora Martha (Nicole Kidman), dove a contendersi i suoi favori sono ragazze di varie età ma con il fascino (per citare due esempi) di Kirsten Dunst ed Elle Fanning. Unico gallo nel pollaio, lui inizialmente flirta con tutte, ma un incidente unito alla gelosia di donne ferite (che faranno gruppo) farà precipitare gli eventi in maniera macabra e grottesca. Ritmato, asciutto, meravigliosamente cinico, il film di Sofia Coppola, The Beguiled (L’inganno), in concorso, aggiunge uno sguardo personale al romanzo A Painted Devil, già portato sullo schermo da Don Siegel nel 1971 con La notte brava del soldato Jonathan, interpretato da Clint Eastwood.

“Personalmente – dice la regista – non mi sono rifatta tanto a quel film ma al romanzo, a cui ho cercato di donare un punto di vista femminile. Mi interessava la visione di questa donne diverse tra loro e isolate, e capire cosa accadeva quando ci si mette di mezzo un uomo. E anche la guerra di ruoli che si viene a creare tra uomini e donne”. “Il mio punto di vista invece – dice Colin Farrell – era quello maschile, come è ovvio. Sono cresciuto comunque in mezzo alle donne. Donne molto forti come mia madre e le mie tre sorelle, per cui è stato particolarmente affascinante affrontare questo ruolo. Penso che ci sia comunque una parte della storia che ha a che fare con come si comportano le persone quando sono sotto pressione, e non è una questione di genere. Vale sia per gli uomini che per le donne. Non ho potuto incontrare Clint Eastwood per lavorare sul personaggio perché è molto impegnato, ma ho visto il film e ho cercato di distanziarmene, anche se certo Clint è un grandissimo attore. Già ho lavorato a un paio di remake e il mio lavoro è così. Quando racconti una storia nuovamente, devi reimmaginarla. Ho potuto mantenere il mio accento irlandese perché il personaggio nel libro ha questo accento”.  

Il film ha una fotografia molto suggestiva, a opera di Philippe Le Sourd che accompagna con gusto le inquietudini suscitate dalla vicenda: “Amo i film piccoli e gestiti in autonomia, con il focus basato sugli attori – dice Coppola – non mi metterei dentro un grosso franchise, ci sono troppe voci in capitolo. L’ho girato in 35mm e ne sono molto orgogliosa. Spero che la gente lo veda al cinema. E’ la sua dimensione ideale e penso che farsi rapire dallo schermo sia una cosa molto rara al giorno d’oggi, con lo stile di vita moderno che conduciamo”.

“Ma anche su Netflix va bene”, scherza Farrell anticipando e al contempo prevenendo domande sulla querelle che sta caratterizzando questa edizione del Festival.

“Si tratta di una storia di sopravvivenza – commenta Nicole Kidman – sostanzialmente il mio personaggio ha la responsabilità di un gruppo di ragazze e le vuole proteggere, è tutor e insegnante, ma al contempo bisogna pur restare donne. Credo che ci sia un’impronta femminile forte in questo film e anche se mi dispiace dirlo non penso che un uomo avrebbe dato lo stesso apporto, era importante che lo facesse qualcuno come Sofia. Penso che le cose non siano cambiate poi così tanto, nel 2016 solo 193 donne hanno diretto film, sono i dati dello studio ‘Women in film’. Sono contenta che qui al Festival ci siano Sofia e Jane Campion, come donne supportiamo le registe donne. Per quanto riguarda grandi e piccoli schermi, come attrice penso di voler partecipare a qualsiasi progetto su ogni media. Il mondo sta cambiando e abbiamo bisogno di storie e cose da vedere.

Elle Fanning aveva già lavorato con Sofia Coppola in Somewhere: “Stavolta però mia madre non era sul set – scherza l’attrice – stavo diventando diciottenne quando ho fatto il film con Sofia ed era un momento particolare nella mia vita. C’era Kirsten, era mia mica, mi sentivo al sicuro”. A Kidman, molto presente al festival anche con altri film, tra cui The Killing of a Sacred Deer di Yorgos Lanthimos (anche lì in coppia con Farrell), viene chiesto se pensa di vincere la Palma, ma lei elegantemente nicchia: “E’ importante essere qui al Festival e supportare i film perché il lavoro impegnativo di mesi non vada perso”. 

Andrea Guglielmino
24 Maggio 2017

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