Foto di famiglia per Lelouch

Parliamo delle mie donne, scritto e diretto da Claude Lelouch, protagonista Johnny Hallyday: delicata e decisa biografia drammatica di un uomo, delle sue figlie. In sala dal 22 giugno


Claude Lelouch firma la sua regia numero quarantaquattro con una storia di “regia” nella regia: protagonista centrale Jacques Kaminsky (Johnny Hallyday), fotografo di guerra e nomade della vita, ma chi orchestra, almeno inizialmente, lo svolgimento della trama è Frédéric (Eddy Mitchell), medico e suo fraterno amico di sempre, nell’intento di dar gioia all’uomo, riuscendo a riunire intorno a lui le cinque figlie, ciascuna di madre differente, a cui Kaminsky ha sempre preferito la fotografia e la libertà del mestiere.

La Natura gioca un ruolo da protagonista: la vicenda si svolge infatti nello splendido chalet alle pendici del Monte Bianco che Jacques ha deciso di acquistare per lasciare Parigi; un luogo d’incanto, sia sotto le coltri immacolate della neve invernale che nelle tonalità del verde brillante che, come un tappeto, d’estate copre le montagne. Un’aquila, una volpe, un gatto: spesso in scena anche gli animali, parte metaforica della storia. Eppure non si tratta d’una fiaba, ma della malinconica e in fondo bellissima, sia pure con i suoi coni d’ombra, biografia di quest’uomo affascinante che ha girato il mondo da poco più che adolescente, facendo innamorare e piangere molte donne, dalla Cuba degli anni ’60, alla Parigi più recente, passando per l’esotismo iraniano. Una vita secondo l’andamento delle stagioni, che Jacques ha scelto proprio come nomi delle sue quattro figlie: Primavera, Estate, Autunno, Inverno. Oltre a Francia, una delle scoperte della trama.

Così, tra le montagne dell’Alta Savoia, Lelouch dipinge un paradiso, un limbo e una tomba: Praz-sur-Arly, un luogo adatto a tutte le stagioni della vita, appunto. Nel ruolo di Jacques Kaminsky c’è, come si diceva, Johnny Hallyday, attore e cantante rock di successo, che dona al personaggio un’umanità profonda, un fascino necessario ma naturale, la gioia della paternità e la malinconia opaca dell’uomo, toccando corde emotive profonde, anche grazie ad un curato lavoro di sguardi e silenzi.

Hallyday ha dichiarato: “Claude Lelouch è la sola persona ancora capace di raccontare storie, in grado di parlare della vita delle persone. Ho fatto due grandi film: L’uomo del treno e Parliamo delle mie donne sono i due titoli di cui vado più fiero”. L’esperto narratore dell’animo umano Lelouch ha centrato perfettamente gli interpreti, di Hallyday ha detto: “Lui non è stato il primo a venirmi in mente, ma nell’attimo in cui ho pensato a lui, mi son detto: Evviva! Mi è venuto un dubbio: avrebbe sempre avuto l’etichetta di cantante, ma la storia del film era praticamente scritta sul suo viso”. Il ruolo di Frédéric, molto più che un amico, è affidato all’interpretazione solida e sensibile di Eddy Mitchell, che dice: “È un bugiardo, o forse solo… umano. Un gran bel film sul perdono. Mi sono commosso”.  

Lelouch, già due volte premio Oscar, ha impiegato due anni per la scrittura del film, di cui ha curato anche la sceneggiatura con Valérie Perrin: “Quello che mi piace soprattutto di questo film è il non-detto. Valérie mi completa, io inizio a scrivere le frasi e lei le conclude”. Perenne presenza quella della musica, come tappeto d’accompagnamento o come suono necessario a prendere per mano, sottolineare, esaltare una sequenza: la musica più varia, da Les eaux de mars di Georges Moustaki – “è stata la prima volta che ho pensato ad una canzone dopo aver scritto il film. Racconta della natura, della rinascita e del modo in cui la vita continua, la stessa storia che tratto nel mio film”, ha detto il regista – a Ella Fitzgerald e Louis Armstrong – “il mio cinema si avvicina moltissimo al jazz, ci sono delle regole e tanta libertà” -, oltre alla rivisitazione de Le quattro stagioni di Vivaldi.    

Parliamo delle mie donne esce in Italia il 22 giugno con Altre Storie e Rai Cinema

Nicole Bianchi
12 Giugno 2017

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