Barbera: “Non sarà una Nouvelle Vague, ma l’Italia è effervescente”

Bilancio di metà festival per direttore della Mostra. E il presidente Baratta annuncia: "Le presenze in sala finora sono state circa 29.000 con un +14,2%"


VENEZIA – Al giro di boa la 74esima Mostra è decisamente in crescita. A sottolinearlo, nell’incontro di metà percorso con la stampa italiana, è il presidente della Biennale, Paolo Baratta: “Il numero di biglietti venduti registra un +13,66%, pari a 27.300. Gli abbonamenti registrano un +17,3%, pari a 875. Le presenze in sala finora sono state circa 29.000 (+14,2%). Gli accrediti totali 9.000, con +10,7%: quelli a pagamento sono aumentati del 17,6% mentre quelli gratuiti sono diminuiti del 2,58%”. Tornano i giovani. Merito anche della politica della Biennale, che ha curato accrediti agevolati e ospitalità ad hoc. 

Baratta è molto soddisfatto del successo della nuova sezione Virtual Reality. “Fino a lunedì 3.522 sono le persone che hanno visionato opere al vecchio Lazzaretto. Per i prossimi anni potrà esserci un’estensione della realtà virtuale anche nelle altre sezioni della Biennale, dall’Arte all’Architettura”. 

Tocca ad Alberto Barbera dare una valutazione sul programma, mai come quest’anno apprezzato da pubblico e critica, ma con qualche perplessità su alcuni film italiani. “Forse devo rimangiarmi il paragone con la Nouvelle Vague, ma per il resto confermo il mio giudizio positivo rispetto al passato. C’è effervescenza e una nuova generazione di registi interessanti al di là del livello di compiutezza”.

Il direttore racconta con un certo orgoglio come si sia lavorato per ricostruire un rapporto privilegiato con Hollywood. “E’ passato il progetto di una Mostra diversa con il rinnovamento delle strutture e della logistica. Pochi grandi festival internazionali hanno cambiato così tanto in così poco tempo come abbiamo fatto noi”. Tra le novità il Co-production Market, il Biennale College (ora con sezioni dedicate agli italiani e alla Virtual Reality). Ma soprattutto è passata l’idea che Venezia sia una sorta di anticamera degli Oscar. ”Aver aperto con Gravity, Birdman, Spotlight e La La Land negli ultimi anni, ha ridefinito il profilo della Mostra. Oggi non siamo più noi a implorare Hollywood. E poi ormai sono i film che scelgono i festival, mentre i direttori si illudono di essere loro a scegliere”. 

Però le scelte ci sono state, e anche dolorose. “Non farò nomi, non sarebbe corretto – sottolinea Barbera – ma abbiamo fatto delle rinunce, dei titoli offerti alla Mostra a cui abbiamo detto no. Vedendo i programmi di Toronto e Telluride potete farvi un’idea. Comunque il cartellone non si decide a priori, i film cominciamo a sceglierli a marzo, aprile, ma da giugno a luglio ne vediamo migliaia e spesso bisogna decidere su due piedi se invitarli o meno”. Sulla scelta di Annette Bening come presidente di giuria, precisa: ”Volevamo una donna e non ce ne sono tante di quella levatura, le poche sono tutte super impegnate. All’inizio ci aveva detto di no, poi è saltato un impegno con una serie televisiva e ha potuto accettare”. Pare che i giurati stiano lavorando bene, di comune accordo, ”hanno già fatto due riunioni, la prima è durata quattro ore”.

Sui contenuti è Baratta a lanciare una riflessione: “Ci sono tantissimi film sull’impossibilità della vecchiaia, specie da soli”. E Barbera commenta: ”Il tema del fine vita è uno dei fil rouge dell’edizione. I registi non vogliono offrire soluzioni, ma sanno incanalare artisticamente un problema sociale sempre più diffuso con il cambiamento delle nostre società”.

Infine sul budget, l’anno scorso il contributo del Fus è stato attorno agli 8 mln di €, cifra confermata dai decreti attuativi presentati proprio qui al Lido dal ministro Dario Franceschini

Cristiana Paternò
05 Settembre 2017

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