Marra: il mio prete di strada senza paura

All’inizio doveva essere un documentario sui preti di strada L’equilibrio di Vincenzo Marra, film drammatico di denuncia sociale ma anche viaggio spirituale in sala dal 21 settembre


VENEZIA. All’origine doveva essere un documentario sui preti di strada L’equilibrio (Giornate degli Autori-Selezione ufficiale) di Vincenzo Marra, film drammatico di denuncia sociale ma anche spirituale, in sala con Warner il 21 settembre. “Ho iniziato a battere la periferia della mia terra con grande meticolosità, metro su metro. La scelta è caduta su quella parte di territorio campano chiamato ‘Terra dei fuochi’ e sui sacerdoti che lì vivono e operano. La realtà ha superato e di molto l’immaginazione, mi sono trovato nell’impossibilità di realizzare il documentario date le condizioni ambientali, ho toccato con mano situazioni impossibili da riprendere con la telecamera, era pericoloso”.

Così sulla base del materiale raccolto è nato L’equilibrio che vede protagonista Giuseppe/Mimmo Borrelli, già missionario in Africa, un sacerdote che da una diocesi romana si fa trasferire in un piccolo paese napoletano. Prende il posto di don Antonio/Roberto Del Gaudio, parroco dal grande carisma, amato e rispettato dai fedeli, perché combatte contro il traffico di rifiuti tossici interrati. Una volta insediatosi, don Giuseppe si scontrerà con la dura realtà del quartiere. E per salvare una madre e la sua bambina abusata sarà pronto a subire le conseguenze senza paura.
Due diversi modi di intendere il sacerdozio si confrontano in quella ‘Terra dei fuochi’. “Don Giuseppe e don Antonio richiamano in fondo i nostri due ultimi Papi. Il primo è un uomo che non riesce a ‘chiudere gli occhi’, non ha paura, la sua luce è la fede e i principi in cui ha sempre creduto – spiega Marra – Conosce dubbi e tentazioni, ma pur di aiutare il prossimo non si fa mettere in crisi. Tuttavia questo atteggiamento di don Giuseppe non va interpretato come il tentativo di cambiare il mondo, non c’è in campo una questione ideologica”.

Don Antonio, che comunque è impegnato nella denuncia delle discariche abusive e dei traffici di rifiuti tossici, “è un sacerdote che privilegia il culto, che tiene alla sua comunità che frequenta la chiesa ed è costretto a fare dei compromessi con la propria coscienza, con la realtà che vive. Ma il suo comportamento non è deprecabile, perché dovrebbe svolgere ruolo e funzioni di chi è assente in quei territori?”.
Il film s’interroga, attraverso questo scontro spirituale, quale sia la scelta giusta in un territorio abbandonato. Soprattutto, come sottolinea il regista, don Giuseppe, dimostra di non avere paura, di essere pronto a subire le conseguenze delle sue scelte. “Oggi viviamo bloccati dalla paura: paura del futuro, del giudizio conformista, di esprimere il dissenso, di denunciare situazioni molto più grandi di noi non sapendo chi poi ci aiuterà”.

Il film è interpretato da attori professionisti e non che sono stati impegnati per due/tre mesi prima delle riprese, ignari della sceneggiatura, in una ‘palestra’ dove hanno sperimentato situazioni simili a quelle che i loro personaggi vivono. “Non voglio che prima di questi esercizi gli interpreti, leggendo il mio copione dettagliato, perdano la loro autenticità e individualità”.

Il titolo? “E’ una provocazione che rimanda alla trattativa Stato-mafia perché mi chiedo quale sia il prezzo che in questi anni il nostro paese, noi tutti abbiamo pagato da quando è avvenuta”.

L’equilibrio, che utilizza solo piani sequenza, non offre soluzioni o certezze, ma apre al dubbio e alla discussione. Anche se Marra con questo film che “è anche un viaggio spirituale, un percorso intimo che riguarda la vita e la morte” non nasconde con chi si sente in sintonia. 

ssr
05 Settembre 2017

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