Brutti e cattivi (e anche un po’ sporchi)

Una commedia dark su un gruppo di disabili infami, cialtroni e criminali è l’opera prima dello scenografo Cosimo Gomez, Brutti e cattivi, a Venezia nella sezione Orizzonti


Una commedia nera  su un gruppo di disabili infami, cialtroni e criminali è l’opera prima dello scenografo Cosimo Gomez, Brutti e cattivi, prima a Venezia nella sezione Orizzonti e dal 19 ottobre in sala. Un film a tratti irresistibilmente scorretto, partito nel 2012 con la vittoria del Premio Solinas, grazie al quale “il percorso produttivo successivo è stato in discesa”, rivela il regista: “Poco dopo aver vinto il premio bussò alla porta un produttore, Fabrizio Mosca. Insieme a lui e con l’aiuto di Luca Infascelli, co-sceneggiatore del film, per cinque anni abbiamo trasformato quel soggetto in un film”. Protagonisti di Brutti e cattivi, che arriva in sala dal 19 ottobre con 01, Claudio Santamaria, Marco D’amore e Sara Serraiocco, rappresentanti di un’umanità reietta e avida, alla ricerca di riscatto. C’è il Papero, mendicante ex circense nato senza gambe, Ballerina, esperta di cinese senza braccia e con l’hobby della danza, il Merda, rasta tossico sempre in perenne stato di semi-coscienza e Plissé, un nano rapper, interpretato dalla star trash del web Simoncino Martucci (in arte ‘Simoncino-Mentemalata’ che qualche problemino con la giustizia ce l’ha avuto per davvero). I quattro si improvvisano rapinatori per il colpo in banca che dovrebbe cambiare le loro vita, in un crescendo di colpi di scena in cui tutti imbrogliano tutti, senza nessuna pietà, in una girandola di inseguimenti, vendette, esecuzioni e tradimenti. “Il film nasce dall’idea scorretta che ogni essere umano può essere avido, cattivo e spietato – sottolinea Gomez – anche i disabili, verso cui è uso comune avere un cero pietismo, spesso falso. Un atteggiamento buonista che, tra l’altro, il vero disabile detesta. L’elemento che sta, invece, alla base del film è l’uguaglianza: il fatto che tutti i protagonisti abbiano una disabilità è un dato di fatto, ma quello che fanno per tutto il film è lottare per il proprio obiettivo. Qualcosa che, in fondo, è quello che tutti facciamo”. Un gruppo di emarginati che pretende di riprendersi, senza scrupoli, quello che la natura gli ha tolto dalla nascita. Che offendono e vengono offesi, fanno sesso, uccidono e vengono uccisi. Personaggi la cui disabilità nel film passa quasi in secondo piano rispetto alla loro cinica attitudine di vita. “Mi piacerebbe, però, venisse in qualche modo considerato anche un film sull’amore. Quando uno dei personaggi per la prima volta ha uno scatto di generosità verso un altro, otterrà la ricompensa più importante, non solo il denaro ma anche l’amore”.

“Girare questo film mi è piaciuto tantissimo, soprattutto per la grande trasformazione fisica che ha richiesto”, rivela Claudio Santamaria, acconciato in scena con un orribile riporto che l’ha costretto ad andare in giro con il cappellino per un po’, “ma è stato divertente”, assicura. “La cosa più importante è stato lavorare sul dolore dei personaggi. Uno che nasce senza gambe è un po’ arrabbiato nei confronti della vita. Lavorare su questa sofferenza di fondo è stato un fattore fondamentale per dare veridicità alla storia senza cadere nel grottesco”. Tra i personaggi quello di Ballerina, nata senza braccia e che fa tutto con i piedi, è forse quello che ha richiesto la sfida fisica più impegnativa. Per affrontarla Sara Serraiocco, in scena senza controfigure, si è preparata per mesi allenando corpo e postura con le braccia legate dietro la schiena. “È un ruolo che mi ha affascinato fin dall’inizio perché conosco, da quando ero piccola, una ballerina di nome Simona Atzori, a cui si è ispirato il regista. Quindi per me non era strano pensare a una persona che facesse tutto con i piedi, era come se già la conoscessi. Mi sono poi documentata molto, ho visto tanti video su come mangiare, prendere gli oggetti, dipingere con i piedi, e su come i piedi vengono usati anche per esprimere delle emozioni, quindi anche nel parlare”.

Il film è in qualche modo esteticamente vicino al cartoon, con un impianto visivo meticoloso sin dalla fase produttiva, e in cui una parte importante del processo creativo è stato affidato alle stesura dello storyboard e dei disegni realizzati da Marco Valerio Gallo, autore anche delle vignette di Lo Chiamavano Jeeg Robot, film per cui ha vinto nel 2016 la prima Pellicola d’Oro assegnata a uno storyboard: “Ho conosciuto Cosimo Gomez tramite la casa di produzione Casanova. Inizialmente pensavamo di realizzare i bozzetti solo di una parte del film, alla fine abbiamo illustrato quasi tutte le scene in maniera molto precisa e dettagliata. Tutta la progettazione e la lavorazione del film si è basata sui disegni, fatti, in parte dallo stesso Gomez che ha tratteggiato i personaggi, in parte da me che ho illustrato le sequenze.” 

Carmen Diotaiuti
07 Settembre 2017

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