Utopia e passione chiudono le Giornate

Da una parte il mondo distopico e futurista di Life Guidance di Ruth Mader, in cui l’esistenza è un orizzonte perfetto, ma senza scelte, in cui tutti devono obbligatoriamente sentirsi sentono felici e


VENEZIA – Un mondo futuristico, dal capitalismo perfetto, in cui il sole splende, le famiglie si amano, la società funziona alla perfezione grazie a una classe media di cittadini di successo che si sentono felici e realizzati. E’ questo lo scenario che apre Life Guidance di Ruth Mader, in concorso alle Giornate degli Autori. I redditi minimi vengono sedati in fortezze-dormitorio e per chi non accetta lo stato delle cose è stata creata un’agenzia esterna, Life Guidance, con il compito di trasformare anche loro in persone “ottimali”. Alexander, un membro del ceto medio, lavora nel settore finanziario, anche lui come tutti gli altri ha internalizzato il sistema. Ma basta una lacrima e una frase sbagliata detta a suo figlio per mettere in moto Life Guidance. Un agente di Life Guidance gli insegna a ottimizzarsi, penetrando sempre più a fondo nella sua vita privata, e pretendendo di togliergli ogni libertà di scelta, anche nelle azioni più quotidiane e personali.  Alexander inizia a ribellarsi e il film è il suo viaggio interiore alle radici della crepa e del malessere che avverte sotto la superficie, fino a quando l’orrore dell’ordine sistema, e della perdita assoluta di ogni libertà, gli si palesa in tutto il suo inquietante e perverso splendore. Anche se ambientato in un futuro prossimo Life Guidance “parla della nostra società contemporanea e della direzione che prenderà – sottolinea la regista. Il capitalismo non morirà e le classi sociali nel tempo saranno sempre più divise, tutti i presupposti ci sono già. Ci sarà una classe operaia che lavorerà sempre di più, e un ceto medio che avrà sulle sue spalle una pressione sempre crescente per soddisfare le continue aspettative che gli vengono dall’esterno. L’orrore dello scenario di Life Guidance non deriva dall’ignoto, ma dall’agghiacciante somiglianza con la nostra realtà. La fine della libertà degli esseri umani si realizza in un contesto a noi fin troppo familiare: la democrazia liberale, il capitalismo finanziario e l’élite tecnocratica vigente”.

A chiudere le Giornate degli Autori c’è, invece, una pellicola piena di passione, vita e scelte profonde: Candelalaria del colombiano Jhonny Hendrix Hinestroza, autore anche di Chocó presentato nel 2012 alla Berlinale. E proprio da quel film, in qualche modo, è nata Candelaria, ambientata nella Cuba degli Anni ’90, nel momento storico in cui l’embargo è al suo picco e l’Unione Sovietica si disintegra. “Ero al Festival di Cuba per presentare il mio film, e stavo facendo giro per conoscere l’Avana quando ho incontrato un donna, la madre di un amico, che mi ha raccontato la bella storia di due anziani e appassionati amanti che vanno avanti nonostante le avversità. Mi è sembrato affascinante esplorare un po’ la loro vicenda, che in qualche modo mi toccava da vicino: da un lato, in quel momento, una mia storia d’amore stava finendo, dall’altro mio padre, una persona molto attiva, era appena andato in pensione e si stava trasformando in un persona triste e cupa, chiusa in casa come se fosse in prigione. Ho deciso allora di mettere insieme questi tre eventi che mi riguardavano, immaginandomi anche da anziano amante, per raccontare una storia universale che ispirasse e spingesse a vivere nonostante le avversità”. Il film racconta la vita dei settantenni Candelaria (“il nome che volevo dare a mia figlia non nata”, rivela sottovoce il regista) e Víctor Hugo, la cui monotonia è rotta quando Candelaria trova una videocamera tra le lenzuola sporche dell’hotel dove lavora e la porta a casa. Questo oggetto sconosciuto a entrambi si insinua lentamente nella loro vita e, mano a mano che imparano a usarlo, iniziano a riprendersi mentre ballano, si baciano e fanno l’amore. È la scintilla che riaccende un amore spento e fa dimenticare la malattia di uno dei due. Ora tutto è vita, tutto è amore, nonostante la fame e le enormi difficoltà che la coppia quotidianamente affronta. Anche quei pulcini che la donna alleva in casa come se fossero bambini e quella malattia che decide di accogliere. “La loro relazione è come la vita, che sempre dà e, contemporaneamente, toglie qualcosa. Hanno amore ma non hanno figli, hanno gioia di vivere ma non hanno il futuro”. 

Carmen Diotaiuti
08 Settembre 2017

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