65 volte ANAC: in un doc la storia dell’Associazione Autori

Il film è realizzato in collaborazione con AAMOD, Cineteca Nazionale, Istituto Luce Cinecittà e RAI Cinema


E’ stato presentato oggi alla Festa del Cinema di Roma il film documentario collettivo 65 volte ANAC, primo capitolo di una serie di quattro, sulla storia dell’Associazione Nazionale Autori Cinematografici, che ha deciso di realizzarlo per i suoi 65 anni, in collaborazione con AAMOD, Cineteca Nazionale, Istituto Luce Cinecittà e RAI Cinema. Il nucleo centrale del doc è formato dalle testimonianze e dalle interviste ad alcuni dei suoi soci ed esponenti storici: Carlo Lizzani, Ettore Scola, Callisto Cosulich, Mino Argentieri,  Emidio Greco e poi Citto Maselli, Ugo Gregoretti, Nino Russo, Massimo Sani, Giovanni Arnone, Cecilia Mangini, Otello Angeli, Virgilio Tosi. L’ideazione, le riprese, la regia è il frutto di un lavoro collettivo coordinato da Francesco Ranieri Martinotti, Pierpaolo Andriani, Tino Franco, Giuliana Gamba, Alessandro Rossetti, Giacomo Scarpelli, Alessandro Trigona, coadiuvati da alcuni giovani che rappresentano le nuove leve dell’associazione Francesco Abonante, Carlo Barbalucca, Francesco Gallo, Valerio Principessa e da un gruppo di giovani di Cinemonitor, Piero Balzoni, Valentina Leotta, Emanuela Moroni, Paolo Tommasini,  Anna Zanconato, diretto da Roberto Faenza. Alla proiezione è seguito un incontro condotto da Mario Sesti con Martinotti, Gamba, Rossetti e Scarpelli.

“Quando l’ANAC cambiò sede – ha raccontato Rossetti – mi sono impuntato per non lasciare che certi documenti venissero gettati via. Li abbiamo portati in magazzino e successivamente recuperati. C’erano nastri di un formato talmente vetusto che non si riuscivano a leggere, è stato fondamentale l’apporto dell’Istituto Luce che ha recuperato queste testimonianze di assemblee con le voci di Pasolini e Germi, e la rivolta dei 57 autori che volevano lasciare l’associazione perché i documentaristi avevano preso troppo potere”.

 “Ci fu un momento di crisi quando Craxi salì al potere – approfondisce Scarpelli – ma a maggior ragione molti autori, anche se non si iscrissero, cominciarono idealmente ad appoggiare il Partito Comunista. Era una scelta politica. Ma non era un’associazione corporativista in cui si lottava per mantenere i privilegi. Le battaglie civili venivano prima degli interessi professionali. L’ANAC, tanto per dirne una, ospitò nel sottoscala della sua sede gli Inti Illimani dopo il colpo di stato in Cile. Era un continuo susseguirsi di petizioni e firme”.

“Provo nostalgia nel ripensare a quei momenti – commenta Gamba – il cinema era un campo di battaglia ma l’obiettivo era agire sulla società. Eravamo tutti uniti in maniera trasversale, oggi questo manca. Ognuno porta avanti il proprio lavoro ma non c’è un filo conduttore che lega le nostre azioni. Speriamo di poter parzialmente ricostruire questo clima di passione estetica ma anche etica, civile e politica nel senso alto del termine”.

“Anche i registi di genere erano soci – ricorda Martinotti – Deodato, Bianchini e il recentemente scomparso Umberto Lenzi. Era uno di quelli che grazie al sistema del pagamento della quota con la retribuzione contribuiva in maniera economica in maniera rilevante. Questo la dice lunga su come si lavorava tutti insieme anche con l’obiettivo del coinvolgimento del pubblico, che veniva intrattenuto ma anche formato. Oggi questo ruolo spetterebbe anche alla tv, che però negli ultimi anni, il pubblico, lo ha fatto regredire. Esperimenti come quelli di Artè sono da prendere a modello. Anche per questo è stato istituito il Premio Lizzani per l’esercente più coraggioso, quello che maggiormente programma nelle sue sale prodotti di qualità”.

Andrea Guglielmino
27 Ottobre 2017

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