Detroit, macelleria americana

In sala dal 23 novembre con Eagle Pictures il film di Kathryn Bigelow che ricostruisce i riots del 1967 e in particolare gli abusi della polizia all'Algiers Motel


Una macelleria americana, che ricorda per certi versi quella ‘messicana’ della scuola Diaz di Genova (e le immagini del film di Daniele Vicari che hanno stampato quei soprusi nelle nostre coscienze) è al centro di Detroit, il tostissimo film di Kathryn Bigelow proposto alla Festa di Roma. Film che ripropone uno degli argomenti principe di questo festival, quello del razzismo, specie se declinato in chiave storica. Ricostruisce infatti con precisione millimetrica un episodio avvenuto nella città della Ford nel 1967: tra il 23 e il 27 luglio di quell’anno, si scatenò una sommossa che mise a ferro e fuoco interi quartieri. La miccia era stata innescata da una retata della polizia in un locale notturno dove si stava festeggiando il ritorno dal Vietnam di due reduci afroamericani. Il bar non aveva la licenza per vendere alcolici (questo fu il pretesto della polizia per arrestare tutti gli avventori). Subito vi fu una reazione da parte della gente del quartiere, lanci di sassi, vetrine spaccate, auto date alle fiamme e poi saccheggi. Nei riots, che proseguirono per cinque giorni, morirono 40 persone e vi furono più di mille feriti.

Una guerra urbana in piena regola che la regista Premio Oscar fa vivere in diretta allo spettatore immergendolo nel caos, nel disordine e nel terrore con la consueta maestria. Episodio centrale della pellicola, che dura 147′, è quello avvenuto all’Algiers Motel, un albergo di infimo ordine dove vennero uccisi tre afroamericani e altre sette persone, comprese due ragazze bianche, vennero brutalmente pestati e torturati dagli agenti, tra cui il violento e psicopatico Krauss (l’attore britannico William Poulter). Il film è costruito su singole storie che corrono parallele per confluire nel motel facendoci fare la conoscenza dei vari personaggi coinvolti: un musicista soul con un amico, due ragazze dell’Ohio decise a concedersi una notte brava, una onesta e scrupolosa guardia giurata, un reduce dal Vietnam…  

Il film, in sala dal 23 novembre con Eagle Pictures, utilizza, oltre alla preziosa collaborazione dello sceneggiatore premio Oscar Mark Boal (già al fianco della cineasta) anche molti filmati di repertorio e testimonianze dei sopravvissuti a cinquant’anni di distanza. Per il casting Bigelow ha organizzato addirittura dei giochi di ruolo: “Ho creato degli scenari che simulassero la sceneggiatura e fossero basati sulle circostanze. È stato elettrizzante vedere quanto gli attori fossero svegli e fantasiosi e anche quanto fossero poi a loro agio in situazioni fluide e sempre in divenire. È così che ho individuato il cast. Gli attori scelti hanno dimostrato, senza eccezioni, una complessità emozionale densa, ricca e versatile, nonostante la giovane età”. 

Come prologo a Detroit, scorrono sullo schermo le tavole di un famoso artista afroamericano, Jacob Lawrence. “La sua importante serie sulla migrazione – spiega la regista, che torna a cinque anni da Zero Dark Thirty – sembrava la voce migliore per descrivere i decenni precedenti alla rivolta e per consentire allo spettatore di comprendere la rabbia e il senso di ingiustizia che si erano andati sedimentando nei neri, mettendoli in rotta di collisione. Abbiamo approcciato la Fondazione Jacob Lawrence con un’idea, quella di fondere i pannelli l’uno dentro l’altro, in modo che uno conducesse automaticamente al successivo. Quando è arrivato il momento di aggiungere il testo, ancora una volta ci siamo trovati a bocca aperta di fronte alla portata e alla complessità di ciò che causò le sommosse. Così ci siamo rivolti a Henry Louis Gates Jr., il direttore dell’Hutchins Center for African American Research dell’Università di Harvard per quei testi storici”. 

Cristiana Paternò
28 Ottobre 2017

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