Condizioni critiche, tra spoiler e cantonate

Al Maxxi un incontro sulla critica cinematografica, organizzato da Mario Sesti, nell'epoca dei social e dei video-saggi


Non passa inosservata l’assenza di Paolo Mereghetti all’incontro sulla critica cinematografica in programma al Maxxi, nell’ambito della Festa di Roma, anche se non viene data alcuna spiegazione ufficiale sul forfait dell’illustre recensore del ‘Corriere della sera’. Ed è un peccato che manchi la sua voce, l’unica italiana prevista tra gli interventi, nel panel organizzato per il secondo anno consecutivo, a cura di Mario Sesti e intitolato “Condizioni Critiche”. L’incontro, infatti, che ha come sottotitolo “Dalla stampa allo smartphone: recensioni, critica cinematografica e video-saggi”, è incentrato a questo punto sull’esperienza di due personaggi di cultura anglosassone: la storica franco-americana Annette Insdorf, docente di Film Studies alla Columbia University e autrice di “Cinematic Overtures: How to Read Opening Scenes” (Columbia University Press) e A.O. Scott, critico cinematografico del ‘The New York Times’, e autore, tra le altre cose, del saggio “Elogio della critica. Imparare a comprendere l’arte, riconoscere la bellezza e sopravvivere al mondo contemporaneo” da poco apparso in traduzione italiana con Il Saggiatore e altamente raccomandato a tutti quelli che vogliono ancora intraprendere questo difficile (e sottopagato) mestiere.

Manca un punto di vista italiano. E in Italia gli ostacoli frapposti sul cammino del critico sono tanti, anche più che in paesi come la Francia e gli Usa. Eppure ancora la professione non è caduta del tutto in disgrazia, almeno a giudicare dai tanti giovani cinefili che affollano l’Auditorium in questi giorni e fanno ore di fila (a volte senza poi riuscire ad entrare come è accaduto oggi per la replica di The Party di Sally Potter, con tantissimi rimasti fuori) per poi affidare a un blog o ai social network le loro opinioni o anche semplicemente per gettarsi in discussioni accese oppure stilare una bella classifica (gli elenchi sono una delle mode del momento). Eppure è sempre più difficile (discorso risaputo ma inevitabile) trovare i giusti spazi e quel rapporto di fiducia con il lettore a cui Scott fa spesso riferimento. Rapporto minato, tra le tante cose, anche dalla ormai onnipresente “psicosi dello spoiler” per cui è diventato quasi impossibile riferire un elemento di trama persino se il film è ispirato a vicende reali e di pubblico dominio.

L’incontro, brevemente introdotto da Piera Detassis e Antonio Monda, ha teso soprattutto a sottolineare l’avvento ormai conclamato dei nuovi strumenti audiovisivi che permettono alla critica di comporre videoessay e critofilm (genere a cui la Mostra di Pesaro da due anni dedica una sezione ad hoc a cura di Adriano Aprà) anche attingendo all’enorme serbatoio di immagini rappresentato da internet. A titolo di esempio è stato proiettato un breve saggio su Christopher Nolan, autore quest’anno del controverso Dunkirk che Annette Insdorf considera il più bel film del 2017 (ma che molti altri hanno detestato). Del resto uno dei capitoli del libro di Scott si intitola proprio, non senza autoironia, “Come sbagliarsi”… Perché l’errore di valutazione è all’ordine del giorno (sul numero di novembre della rivista 8 1/2 ce ne siamo occupati con una mini inchiesta intitolata “La cantonata”). Eppure. Bombardati di stimoli e sollecitazioni da ogni lato, ci chiediamo: “Che cos’è il bello? Cosa vogliamo davvero? Cosa desideriamo? La sola risposta a questa paralisi per eccesso di stimoli è la critica: non solo come specialità giornalistica o accademica, ma anche come attitudine che ognuno dovrebbe coltivare. Esercitare la critica ha la stessa importanza di ridere, piangere o sognare”. 

Confessa Annette Insdorf: “Quello che faccio è in definitiva cinefilia ad alto livello. Non mi chiedo se un film è bello o brutto ma se apre nuove strade. Un grande film deve avere tre requisiti: essere una bella storia ben raccontata, usare un linguaggio giusto per quell’argomento e innovativo, esercitare una risonanza che continua nello spettatore anche dopo la visione, quindi renderci degli esseri umani migliori. Sono i criteri che suggerii al presidente della giuria di Berlino Ben Kingsley nel 1998, quando premiammo con l’Orso d’oro Central do Brasil di Walter Salles”.

Cristiana Paternò
30 Ottobre 2017

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