Carlo Verdone, da Borotalco alla serie tv

“Fare un remake di Borotalco? No. Probabilmente una serie tv, non subito, potrei realizzarla fra due anni. De Laurentiis ed io ci stiamo pensando seriamente, considerato che è un genere che va molto"


ROMA. “Fare un remake di Borotalco? No. Probabilmente una serie tv, non subito, potrei realizzarla fra due anni. Aurelio De Laurentiis ed io ci stiamo pensando seriamente, considerato che è un genere che va molto”. Così Carlo Verdone che porta alla Festa di Roma nella sezione Omaggi la versione restaurata da Infinity – servizio di video streaming on demand – del suo terzo film datato 1982, con al suo fianco Eleonora Giorgi e premiato con cinque David di Donatello. Una commedia degli equivoci un po’ malinconica con protagonisti due giovani venditori porta a porta di enciclopedie, l’imbranato Sergio e la spigliata Nadia.

Dopo il successo di Un sacco bello (1980) e Bianco, rosso Verdone (1981), Borotalco rappresentò per Verdone una scommessa: essere un attore capace di seguire la strada canonica di un personaggio e di una partner, in un film non più a episodi ma a tema unico. Dai produttori fino ad allora era ritenuto un virtuoso, un bravo attore che faceva i caratteri. “Oldoini ed io impiegammo un anno a trovare il soggetto, dopo averne scartati numerosi. Trovata la storia, lavorammo velocemente alla scaletta e poi alla sceneggiatura e nel giro di 48 ore Mario Cecchi Gori mi convocò per il contratto, avvertendomi che Eleonora Giorgi era interessata al film. Una volta incontrata abbiamo adattato a lei il personaggio di Nadia”.

Quanto al successo del film Verdone lo fa risalire sia a quei personaggi candidi, amabili con le loro fragilità che appartengono a tutti, sia alle battute sincere, spesso nate mentre stava girando. “I primi anni ’80 erano un surrogato della felicità degli anni ’60. Oggi Sergio e Nadia  sarebbero due giovani meno disincantati, all’epoca c’era più leggerezza, meno problemi di lavoro anche se i due protagonisti s’arrangiano – dice l’artista romano – In quelle chiacchierate a casa di Nadia, oggi troveremmo chi si fa delle canne, chi è depresso e chi va in analisi”.
Eleonora Giorgi riconosce a Verdone il merito nella sua carriera di avere ben scritto e costruito le personalità femminili. “Nadia è una ragazzina velleitaria ma intelligente, piena di voglia di fare e di sogni, emblema di una generazione di giovani uscita di casa e che ha rivendicato il diritto alla sua dimensione, a cominciare dal lavoro”. L’attrice rivela di aver sempre visto Borotalco in televisione, mai al cinema. “Quando ci fu l’anteprima a Roma, mi trovavo a Marrakech per un film della Cavani e gli amici mi telefonarono dicendomi che il film era una bomba”.

Borotalco accanto alle musiche di Lucio Dalla ha tre brani – “Un fiore per Hal”, “Grande figlio di puttana” e “Chi te l’ha detto?” – di Fabio Liberatori e degli Stadio, band che accompagnava Dalla nei suoi concerti,  una partecipazione che significa l’inizio della loro carriera come gruppo a sé. “Quello che non hanno fatto i discografici, l’ha fatto Carlo che ci ha chiesto di inserire come colonna sonora queste nostre canzoni, peraltro non scritte in funzione del film”, ricorda Gaetano Curreri.

Lucio Dalla si arrabbiò come una bestia quando vide il manifesto del film dove il mio nome era in piccolo e il suo a caratteri grandi – ricorda Verdone – Mi telefonò il pomeriggio: ‘Ti sei impazzito, sembra un film che ho fatto io, stasera lo vedo e se non mi piace…’. Lo vide a Bologna, in una sala strapiena dove trovò posto sdraiato a terra e all’applauso finale capì che il film era un autentico omaggio a lui.

Dopo il successo in sala di Borotalco, Verdone ricorda che tutto soddisfatto andò a trovare il produttore Mario Cecchi Gori. ‘Ce l’abbiamo fatta e poi il titolo è azzeccato’, gli dissi. Per risposta lui mi mostrò una lettera terribile della Manetti&Roberts intenzionata a fare causa per l’utilizzo del termine commerciale ‘Borotalco’. “Son toscani, sono stronzi, mi tocca andare a Firenze a parlarci” brontolò Cecchi Gori. Ci andò e l’azienda si convinse, vedendo gli incassi, che in fondo il film era per loro una gran pubblicità”.

Stefano Stefanutto Rosa
31 Ottobre 2017

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