Ian McKellen: il potere dell’immaginazione

L’attore britannico è alla Festa del Cinema per un incontro con il pubblico e per presentare il McKellen: Playing the Part, documentario sulla sua vita


“Tu non puoi passare” è la storica battuta che Ian McKellen pronuncia ne Il Signore degli Anelli, nel ruolo del mago millenario Gandalf, rivolgendola a un essere composto di fuoco e oscurità interamente realizzato in computer graphics. Oggi, alla Festa del cinema di Roma, dove è presente non solo per un incontro ravvicinato con il pubblico ma anche per presentare McKellen: Playing the Part, documentario sulla sua vita di Joe Stephenson, l’attore la ripete con enfasi davanti a un giornalista che glie lo chiede gentilmente. “Era diversa da quello che c’è scritto nel libro”, racconta. Tolkien scrive “You will not pass”. Io dissi “You shall not pass” e rimase quella take”. L’attore teatrale britannico (classe 1939) ha lavorato con la Royal Shakespeare Company di Londra, ma ha frequentato anche più volte il grande schermo. Oltre a Gandalf lo si ricorda per il ruolo di Magneto in X-Men.

Poi dice di non avere particolari problemi a recitare davanti a un green screen: “Mi piace diversificare, posso fare Shakespeare o una pessima soap opera, o un film d’azione. Però non amo tornare due volte sulla stessa cosa. Non farei Albus Silente di Harry Potter o Dio, semplicemente perché ho già fatto un tipo millenario con la barba. Farei invece una cosa per me difficile, che non sono in grado di fare. Questo mi stimola e mette in moto l’adrenalina, legandomi al regista. Farei magari un musical”. Nel film di Stevenson si racconta tra alti e bassi, non senza imbarazzi: “Sinceramente, io faccio fatica a parlare di me, trovo di essere la persona meno interessante del mondo. Voi non lo pensate mai di voi stessi? Ma per fortuna c’era la telecamera, per cui ho finto che fosse lei a fare la mia parte. Ecco la differenza tra cinema e teatro. A teatro il pubblico è fermo e sceglie quel che vuole dalla tua performance. Al cinema la macchina da presa si muove, diventa un altro personaggio”.

Inevitabile chiedergli del suo coming out, viste le polemiche che in questi giorni coinvolgono Kevin Spacey. Ma l’attore britannico glissa con flemma sulla questione e risponde solo per sé: “Personalmente dalla mia dichiarazione ho avuto solo vantaggi. Sono diventato una persona migliore, più sereno, più attraente, anche la mia recitazione è migliorata, proprio perché non fingevo più. Vado nelle scuole e incoraggio i giovani ad esprimere la propria sessualità senza avere paura, e ad essere gentili con gli altri, rispettando le diversità. Oggi trovo ragazzi di tredici o quattordici anni che sanno parlare di sé stessi come io ho saputo fare solo a quarantanove. So che è difficile, non si vuole deludere i propri genitori anziani, si teme per il proprio lavoro, per il rispetto degli altri, ma nel mio caso posso solo dire che è stata la scelta migliore della mia vita. Naturalmente parlo ai giovani anche di lavoro. Gli dico ‘non aspettatevi che la vostra carriera decolli all’improvviso’, la mia è decollata quando avevo sessant’anni. Al momento giusto, direi. L’importante è pensare a essere bravi attori, essere ricchi, famosi e riconosciuti non c’entra con la recitazione. Bisogna saper comunicare, non è necessario sempre riempire un auditorium. Pensate che ho fatto dei provini a Cinecittà, quando ero giovane. Uno per Barbarella. Jane Fonda mi preparò le uova al bacon nel suo camerino ma nessuno mi dette la parte. E uno per fare il bandito siciliano, con tanto di stivali e pistole, ma non ero in grado, ero troppo inglese. Meno male che non mi presero. Avrei fatto un pessimo lavoro e ora non sentireste parlare di me”.

Nel documentario McKellen dichiara di non rimpiangere l’assenza di figli, in modo tale da potersi dedicare totalmente alla recitazione: “Figuratevi, fino ai miei 29 anni io non potevo nemmeno fare l’amore senza paura che mi arrestassero. Essere omosessuale era illegale. Quindi ai figli non ci ho mai pensato, e sinceramente nemmeno mi dispiaceva. Anzi, ritenevo che uno dei vantaggi dell’essere gay fosse proprio questo poter evitare la responsabilità di un bambino. Certo oggi che ho una relazione matura è diverso, però sarebbe comunque troppo tardi. Ad ogni modo, ho un ottimo rapporto con i giovani. Ieri una bambina è venuta a salutarmi, a cena, voleva dire ciao a Gandalf. L’ho trovato delizioso, e in più non devo preoccuparmi della sua istruzione e della sua educazione, è assolutamente fantastico”.

Qualcuno gli chiede del suo rapporto con De Filippo: “Lo stimavo molto e ne ho un bellissimo ricordo. Non l’ho mai visto sul palcoscenico, ma l’ho incontrato in un teatro a Milano grazie a Giorgio Strehler. E proprio lui in quell’occasione recitò in italiano un brano de La tempesta di Shakespeare, poi lo feci io recitando in inglese. A questo punto si alzò Edoardo De Filippo e lo fece in napoletano. Fu grandioso, se avessi potuto scegliere una compagnia nella quale recitare avrei scelto la sua. Ho sempre adorato quella concezione di teatro, destinata a un pubblico molto specifico, i propri concittadini, i propri vicini. Non lo considero nemmeno italiano, è specificamente napoletano. Ho recitato in due sue opere e la sua vedova venne a trovarmi, piangendo. Mi disse che gli assomigliavo molto, nella recitazione”.

E poi prosegue, sul suo lavoro, regalando anche una preziosa lezione di vita: “da giovane credevo che recitare significasse mascherarsi. Con barbe e baffi finti, parrucche posticce, voci strane, fingendo di essere zoppi e cose così. Ma invece è il contrario. Recitare significa rivelare. Rivelare la verità sulla natura umana. E la più grande verità è questa: che tutti siamo capaci di fare tutto. Tutti possiamo diventare assassini, innamorarci, essere saggi o scriteriati. Io lo so perché sono in grado di rappresentare tutti questi aspetti. Posso essere Re Lear o Riccardo II, uno che crede di essere un dio e invece è un uomo. E posso immaginare come possa essere innamorarsi di una donna pur essendo gay. Così come un etero può immaginare come sia innamorarsi di un uomo. Questo è il potere dell’immaginazione”. 

Andrea Guglielmino
01 Novembre 2017

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