Leone Ginzburg e l’Italia democratica fondata sui libri

Presentato alla Biblioteca del Senato il DVD La scelta di Leone di Florence Mauro che, con un denso apparato di filmati extra, è distribuito da Luce-Cinecittà


‘La presenza di Leone Ginzburg ha lasciato un segno indelebile nel Paese’. Sono queste parole di uno spettatore in platea a racchiudere il senso e le motivazioni del film documentario La scelta di Leone, di Florence Mauro, presentato in occasione dell’uscita in DVD (con un denso apparato di filmati extra), distribuito da Istituto Luce Cinecittà, in prima visione a Roma in un luogo simbolico come la Biblioteca del Senato ‘Giovanni Spadolini’.
Una prima e un incontro che hanno avuto le testimonianze, a fianco della regista, dei produttori Enrica Capra e Paul Rozemberg, del presidente del Luce Roberto Cicutto, di Paola Agosti, fotografa, testimone nel film e figlia del grande magistrato Giorgio Agosti, e di Carlo Ginzburg, figlio di Leone, storico e saggista di fama mondiale di storia delle mentalità e delle culture.

Prodotto da Graffiti Doc e dalla francese Zadig Producions, in collaborazione con ARTE France, il film di Florence Mauro parte da una scena irripetibile della cultura e della storia continentale, la Torino del 1923 e del Liceo D’Azeglio, dove sotto l’egida di maestri antifascisti come Augusto Monti e Zino Zini si trovano studenti un gruppo di ragazzi. I loro nomi: Cesare Pavese, Norberto Bobbio, Giulio Einaudi, Massimo Mila, Vittorio Foa, Giorgio Agosti.
Diventeranno negli anni: uno dei massimi scrittori del ‘900, uno dei massimi filosofi politici, un editore di punta in Europa, un musicologo sommo, un grande giornalista e politico, un grande magistrato. A diverso titolo e sotto una comune passione etica e l’amicizia, metteranno tutti il seme dell’Italia democratica.

Tra loro si distingue un ragazzo, nato a Odessa nel 1909, che per qualità intellettuali, morali e umane è riconosciuto dagli altri del gruppo come quello più capace di spiccare. È Leone Ginzburg. Raccontata a ragazzi del 2017, cui il film è idealmente dedicato, l’avventura di Leone appare straordinaria, precoce e avventurosa come quella di un romanzo, ma serena, lucida, coerente come quella della sua vocazione di filologo.
Precoce talento della traduzione, in cui si cimenta dai 16 anni di età confrontandosi con i classici russi – di cui sarà geniale divulgatore -, a 22 è già in rapporti di collaborazione con Piero Gobetti nella redazione del ‘Baretti’ e in dialogo con Benedetto Croce. Come dire i maggiori pensatori della filosofia e della rivoluzione liberale.
Nel ’33, a 24 anni, è fondatore con Giulio Einaudi e a fianco di Cesare Pavese della Casa editrice Einaudi, uno dei capolavori culturali del secolo. A fianco di Pavese progetta e dirige collane, porta a generazioni future di lettori alcuni dei libri della vita, dagli amati russi – Dostoevskij, Tolstoj, Gogol, Babel – a quel sisma culturale e di costume che sarà la scoperta degli americani (il continente ‘scoperto’ da Pavese): Whitman, Melville, Steinbeck.

Ma soprattutto la casa dello Struzzo progetta un piano culturale di resistenza, nella temperie chiusa e oppressiva del regime fascista, portata attraverso le parole. Un progetto che tramite la cultura, la filologia, l’accuratezza di libri tradotti, concepiti, impaginati, comunicati con uno stile che farà scuola e leggenda, rappresenti una resistenza e un’apertura di frontiere, una repubblica di nuove libertà.
E’ da questo appassionato progetto che il film di Mauro prende le mosse, seguendo Leone nella sua scelta di radicalismo libertario, di passione civile, di illuminismo delle idee per seguirlo nell’attività di cospirazione nelle file di Giustizia e Libertà, e al primo arresto e alla prigionia a Regina Coeli; e ancora all’unione sentimentale e intellettuale con Natalia Ginzburg – altro astro luminoso della costellazione Einaudi – alle leggi prima fascistissime del 1926 e a quelle razziali del ’38, dopo le quali gli viene tolta la tanto ricercata cittadinanza italiana.
Nel ’40 Ginzburg viene internato a Pizzoli, un piccolo comune in Abruzzo lontano dalla vita culturale di Torino e Roma. Ma anche da lì Leone prosegue con tenacia e furore accurato il lavoro editoriale, continuando a proporre collane, a seguire traduzioni, a confrontarsi con Giulio Einaudi (e a volte a scontrarsi per cartolina passata al vaglio del censore) per una qualità dei libri che doveva essere la migliore possibile. E così resterà fino alla fine, al lavoro romano per l’editrice, alla direzione clandestina dell‘‘Italia libera’, organo di Giustizia e Libertà. Alla morte causata dalla violenza delle torture nazi-fasciste, il 5 febbraio del ’44.

Florence Mauro, regista e scrittrice francese, tesse un racconto coinvolgente ‘pedinando’ amorosamente Leone – che in vita fu continuamente pedinato dalla polizia di regime – attraverso splendidi repertori dell’Archivio Luce, fotografie dei protagonisti, dense testimonianze d’epoca e attuali, in un racconto cronologico ma non didascalico, avventuroso e rigoroso, che restituisce una trama di fortissime amicizie, affetti, tenerezze, molte idee ancora molto attuali.
“Un film bellissimo, che forse non a caso si lega a quel Lessico famigliare che per la mia generazione è stato uno dei libri più amati – commenta il presidente di Luce-Cinecittà Roberto Cicutto – Il nostro tentativo di mettere i materiali dello straordinario Archivio Luce a disposizione dei diversi supporti cinematografici e digitali, si scontra talvolta con un difetto di didascalismo. In questo caso, in questo film, l’Archivio è un protagonista. Se ne seguono le magnifiche immagini, e il testo, come un racconto familiare. La normalità dei protagonisti, dei loro rapporti, ce li rende vicini, nonostante la distanza del tempo e la loro grandezza: proviamo identificazione con loro. Ci sembra di averli conosciuti, ed è un piccolo miracolo. Stiamo provando in questi anni a portare il cinema nelle scuole, è molto difficile, per una sorta di conservatorismo nella comunicazione che a volte si incontra. Penso che per comunicare e portare i nostri materiali ai giovani, dovremmo utilizzare strumenti più attuali, come ad esempio le web series. Ma credo che un film come questo sia uno strumento perfetto per portare la Storia ai ragazzi”.

È di simile avviso Paul Rozemberg, coproduttore francese del documentario: “Otto-nove anni fa Florence Mauro mi ha parlato di Leone. Conoscevo ovviamente i romanzi di Natalia, e i lavori di Carlo. Confesso di non aver conosciuto Leone. È stata una rivelazione, un simbolo, una metafora. Nella sua storia c’erano le nuvole che gravano ancora oggi sull’Italia e l’Europa. Un ebreo di origine russa, divenuto cittadino italiano; filologo, traduttore, scrittore, mediatore. Mi è parso un tesoro che i giovani dovevano conoscere. Ci è parso una potente riflessione sulla necessità di un impegno politico per i giovani”.

Sull’impegno civile, sulla scelta di radicalismo e passione civile di Leone, si sofferma l’accento della regista Florence Mauro: “Per mezzo della scrittura, Leone Ginzburg trasforma la cultura in qualcosa che assomiglia alla prima linea dell’antifascismo. Tutti gli atti del linguaggio diventano atti politici. Al di là del racconto di una vita, propone problematiche profondamente universali e particolarmente attuali: l’essere giovani di fronte alla Storia, la lingua come atto identitario e politico, l’articolazione della parole e del potere quando la Cultura e la Memoria di un paese sono chiamati in causa”.

Le parole conclusive dell’incontro sono lasciate a Carlo Ginzburg, che per il rigore, il cosmopolitismo, la proposta di una ricerca che dalla parola e dalla ricerca documentale fa comparire una ricerca di etica, è diventato un felice prosecutore di Leone. “Queste immagini mi toccano e commuovono sempre. Ma non è di me che voglio qui parlare. C’è nel film naturalmente un rapporto tra immagini e testo, a volte anche divergente. Come nell’avvicinare il discorso di Leone Ginzburg a quello di Croce, che è un passaggio storicamente anche brusco. Ma le immagini sono a volte di grande evocazione, a volte documenti terribili, come ad esempio la dichiarazione di guerra di Mussolini. Credo effettivamente che il film andrebbe fatto vedere nelle scuole, per quello che diceva Carlo Dionisotti: ‘distingue frequenter’. Lo storico deve sempre distinguere, spiegare come personalità, caratteri differenti possano essere diventati contigui. Come ad esempio Leone si sia distanziato da Gobetti, o da Croce, ma rimanendo loro vicini. Queste immagini, questi film, servono per alimentare in noi la riflessione analitica”.

Marlon Pellegrini
07 Novembre 2017

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