Wonder, un piccolo astronauta contro il bullismo

Dal libro di Raquel Jaramillo Palacio, il film che racconta di un bambino colpito da una deformazione cranio-facciale: il giovane attore Jacob Tremblay, da Oscar


La meraviglia di Wonder, oltre che nell’evocazione del titolo, sussiste nella maniera con cui viene messa in scena un’atmosfera di normalità per trattare un dramma che normale non è, per affrontare un tema come il bullismo e la non accettazione del diverso, che normali non sono. Nessuna enfasi, nessuna pena, nessuna aggressività, nessun sentimentalismo sono gli elementi potenti che permettono al film di essere guardato e partecipato con serenità, nonostante tutto. Jacob Tremblay (visto in Room), nel ruolo di Auggie, è da premio Oscar (già candidato al Critic’s Choice Awads 2018 come Miglior Giovane Interprete). Dà una prova di empatia con il ruolo, con il trucco deformante, con l’arcobaleno degli stati d’animo del bambino, da parere lui stesso affetto dalla sindrome di Treacher Collins: anche Izabela Vidoc, la sorella Via nel film, dà una prova notevole, per l’equilibrio perfetto tra senso di protezione, disagio e forza d’animo. La creazione di Auggie trae spunto dalla vita vera: l’autrice si trovò in prima persona, nel 2008, a scappare da una gelateria in cui era con i propri bambini, davanti a un bambino con il volto deformato. La paura e l’impressione prima, si trasformano poi nella vergogna e nell’immaginarsi nei panni di chi viene guardato, o sfuggito, perché mostruoso all’apparenza, e così nasce Auggie Pullman: “Ho iniziato a pensare a come deve essere vivere ogni giorno guardando in faccia un mondo che non sa come guardarti. Ho iniziato a scrivere il libro quella stessa notte”, dichiara l’autrice.

I produttori, Tod Lieberman e David Hoberman, hanno letto il libro entrambi nella stessa notte: “Ci siamo chiamati ed eravamo in lacrime. Ci siamo innamorati tutti e due di questo bellissimo racconto”. Forte di un successo letterario importante, il racconto necessitava di una guida sensibile per trattare un contesto e delle tematiche molto delicate: “Avevamo bisogno la capacità di evocare emozioni senza essere manipolatori o andarci troppo pesanti”, dice Lieberman. Così la produzione pensò a Stephen Chbosky, già autore e regista di Noi siamo infinito e, in quel momento, neo papà, entrambe cose che lo dissuasero dall’accettare. Ma la sola lettura del libro fu sufficiente a non farlo rinunciare a dirigere quello che ha detto di considerare “il romanzo di formazione di questa generazione”. La complessità maggiore, lo sapevano tutti, dall’autrice Palacio ai produttori, fino al regista, era quella di individuare l’interprete centrale: Jacob Tremblay, visto in Room nel ruolo di un bambino vittima di sequestro, che non aveva mai conosciuto il mondo fuori da una minuscola baracca. “Avevamo bisogno di un attore capace di darci una performance ricca di sfumature, sia nelle cose lasciate non dette, che nei dialoghi. Mentre era al trucco, la trasformazione di Jacob avveniva dentro, al di là del trucco sul volto. Ha assunto l’universo psicologico di Auggie”, precisa Lieberman. Lo conferma il pensiero che Jacob Tremblay riflette sul suo personaggio: “La cosa più emozionante è stata diventare un ragazzino che aiuta il mondo ad essere migliore. Il libro è super, super bello e parla della battaglia di Auggie per essere accettato, ma anche della ricerca di far sentire la gente a proprio agio invece che spaventata”.

Due grandi nomi del cinema mondiale, Julia Roberts e Owen Wilson per il ruolo dei genitori, una parte centrale ma non da protagonisti assoluti, più da fondamentali comprimari nel portare per mano, letteralmente e in senso figurato, il proprio bambino nel mondo: per entrambi, ma soprattutto per Wilson, più spesso in ruoli di commedia, anche demenziale, l’apprezzamento va per una interpretazione a sottrazione, molto empatica ma mai preponderante, in linea con tutto il clima del film. Un racconto che calibra la realtà più drammatica e concreta con la fantasia, quella dell’universo astrospaziale, raffigurato dal casco da astronauta che Auggie indossa sin dalla prima scena del film e che è sia protezione dallo sguardo maligno o terrorizzato nel mondo, sia simbolo di un futuro possibile. Ma anche suggestione cinematografica, con la passione per Star Wars, efficace soprattutto come metafora di alcuni passaggi e spunto, tra gli altri, per supportare il livello ironico del film, affatto pervaso da cupezza e dramma. Il film esce in Italia dal 21 dicembre, distribuito da Leone Film Group e Rai Cinema.

   

Nicole Bianchi
18 Dicembre 2017

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