Un paese spaccato in due: lo salverà l’amore?

Paola Cortellesi e Antonio Albanese di nuovo in coppia, tra commedia sociale e romantica, con la regia di Riccardo Milani


Paola Cortellesi e Antonio Albanese di nuovo in coppia, tra commedia sociale e romantica, dopo Mamma o papà? e ancora con la regia di Riccardo Milani. Che per il suo nuovo film Come un gatto in tangenziale, in uscita il 28 dicembre con Vision Distribution, mette insieme autobiografia e impegno civile. “In un paese culturalmente e socialmente spaccato in due, forse può essere importante fare lo sforzo di capire, conoscendole realmente, le ragioni degli altri”, dice il regista 59enne, già aiuto di Monicelli e Nanni Moretti, che festeggia i vent’anni di carriera (il suo primo film, Auguri professore, è del ’97).
Lo spunto personale, invece, è legato alla sua seconda figlia, quella di mezzo, che si fidanzò con un ragazzo di Bastogi, quartiere dimenticato della periferia ovest di Roma. “A 14 anni viveva la sua prima storia d’amore con un ragazzo tanto diverso da lei. Io, preoccupato, la seguivo, e così ho conosciuto quella zona, che avevo visto in un documentario di Claudio Canepari, Residence Bastogi, un filmato di cui mi era rimasto un ricordo vivo e doloroso”.

Così è nata l’idea del film, prodotto da Mario Gianani per Wildside, e scritto con Furio Andreotti, Giulia Calenda e Paola Cortellesi, moglie e complice artistica del regista. La storia dell’incontro improbabile tra Giovanni, intellettuale che elabora teorie sulle periferie d’Europa con il suo Think Tank, e ha una ex moglie (Sonia Bergamasco) che si è trasferita in Provenza a distillare essenze, e Monica, precaria che si barcamena per mantenere figlio adolescente e sorelle gemelle dedite allo shopping compulsivo (ma senza passare dalla cassa), mentre il marito parrucchiere (Claudio Amendola) è in carcere dopo aver accoltellato alla milza uno che voleva passare avanti nella fila. Monica e Giovanni si conoscono, loro malgrado, per seguire i figli innamorati, tra la spiaggia iperaffollata e cafona di Coccia di Morto e quella meditativa e radical chic della Oasi WWF di Capalbio. Sperano che l’idillio finisca presto, che duri come un gatto in tangenziale… Ma usciranno, inutile dirlo, arricchiti dall’esperienza. “Grazie ai nostri figli – dice ancora Milani – siamo costretti a venir fuori dalla nostra zona protetta e misurarci con l’altro”. 

Il regista nega di prendersela solo con una certa sinistra che si occupa di integrazione più che altro a parole e che non sa rapportarsi davvero con l’altro (un po’ in stile Ferie d’agosto di Paolo Virzì). “La distanza sociale va al di là dell’appartenenza politica, c’è una difficoltà a frequentare gli stessi posti, a vivere la stessa vita”. Per Paola Cortellesi, che si autodefinisce con orgoglio ‘borgatara’ essendo cresciuta a Massimina, “la comunicazione porta sempre qualcosa di buono. Entrambi possono imparare qualcosa”. Fondamentale è stato lo spunto reale: a Bastogi è nata la sceneggiatura, attraverso le interviste preparatorie, e poi la zona è diventata il set principale. Trovando grande collaborazione e due dei personaggi più riusciti, le gemelle Alessandra e Valentina Giudicessa, ovvero Pamela e Suellen, debordanti e sempre all’unisono, grandi appassionate del programma tv “Storie maledette”: tra l’altro Franca Leosini si è prestata a un cameo autoironico nel ruolo di se stessa. “Bastogi – spiega Cortellesi – era classificata come una delle zone più pericolose di Roma, un fortino inespugnabile, invece abbiamo trovato una forte dose di umanità”. 

Ormai collaudata la chimica con Albanese. “Lavorerei sempre con lui – dice l’attrice – ci siamo cercati per questo secondo film insieme”. E lui: “Stavolta siamo partiti da un livello diverso, più alto, con la capacità di interagire fisicamente e negli sguardi”. 

Mentre Milani teorizza la cifra sentimentale della commedia: “Il rischio di essere retorici ha fatto tabula rasa dei sentimenti nel cinema italiano. Come un gatto in tangenziale è anche una storia d’amore. Non so chi abbia coniato la parola buonismo, ma so che lo odio. L’antibuonismo ci ha fatto diventare tutti più stronzi”. E ancora: “Più gli argomenti sono duri e più c’è da lavorare sulla risata. Una qualità del cinema penso che sia quella di essere popolare. Il cinema può avere una funzione di informazione, di crescita, andando incontro al pubblico”. Mentre Albanese avverte: “Non dobbiamo perdere l’ironia, che è una grande caratteristica del nostro paese. Ad esempio quando ho saputo che il mio nuovo libro, ‘Lenticchie alla julienne’, è l’unico libro comico uscito in questo periodo, ci sono rimasto molto male e anche un po’ spaventato”.

Cristiana Paternò
22 Dicembre 2017

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