‘Sono tornato’: Mussolini 2.0

Esce il 1° febbraio in 400 copie l’amarissima commedia di Luca Miniero che immagina il ritorno del Duce nell’Italia dei nostri tempi


Esce il 1° febbraio in 400 copie Sono tornato, l’amarissima commedia di Luca Miniero che immagina il ritorno di Benito Mussolini nell’Italia dei nostri tempi. Si chiama Sono tornato ed è interpretata da Massimo Popolizio (convincente nel ruolo del Duce nonostante una somiglianza fisica molto lontana) e da Frank Matano in quelli del documentarista che lo ‘scopre’ e lo presenta avventatamente ai media decretandone nuovamente il successo. L’idea viene ufficialmente dal film tedesco Lui è tornato, a sua volta ispirato a un romanzo, dove il protagonista era naturalmente Hitler, ma è stata anche anticipata dal fumetto satirico e fortemente antifascista “Qvando c’era lvi”, di Antonucci e Fabbri.

Se il soggetto è interessante e la fattura intrigante con il suo alternare momenti ‘documentaristici’ alla solida struttura fiction, la trasposizione diventa complessa dal punto di vista della percezione. Se in effetti la Germania ha fatto i conti con i suoi mostri e li ha definitivamente accantonati, nel nostro Paese le cose stanno diversamente, e l’ipotetica rimpatriata del Duce viene accolta spesso come un positivo ritorno a un’età dell’oro, spesso nemmeno vissuta da coloro che lo auspicano. 

Il film sceglie di non prendere posizione ma di porsi solo come “specchio”, traghettando la trama con risvolti chiaramente tragicomici verso un finale ambiguo e per certi versi inquietante. Questo Mussolini parte dispensando frasi di buonsenso, malgiudica i social anche se li usa per farsi strada, dice cose atroci sulle persone e poi passa alla gogna mediatica per aver ucciso un cagnolino. E’ un Mussolini 2.0 forse ancora più pericoloso del predecessore.

“Non esiste una seconda chance ma solo la possibilità di fare lo stesso errore due volte – dice lo sceneggiatore Nicola Guaglianone – questa frase di David Mamet ci ha guidati. Nella scena in cui Mussolini si trova in uno studio di Milano per la trasmissione con Cattelan, il pubblico non era stato avvertito che si trattava di un film. All’inizio erano agghiacciati, poi è finita con un coro di ‘Viva il Duce’ e richieste di selfie. Questo è il pericolo e la figura di Mussolini ci fa paura perché ci mette di fronte alla nostra mostruosità”.

Nelle parti ‘verità’ Mussolini e il documentarista Matano vanno in giro a chiedere agli italiani cosa ne pensano del ritorno del Duce: “Prima di farlo con Massimo – spiega il regista – abbiamo provato senza telecamera, e senza autorizzazione, con un ragazzo che si è prestato, rasandosi a zero. Non sapevamo cosa potesse succedere. Rispetto a quello che si vede nel film tedesco le reazioni sono state molto diverse. Loro hanno avuto il Demonio, mentre Mussolini è considerato un para-Demonio. Ma noi lo abbiamo trattato come un personaggio, sforzandoci di non giudicarlo perché altrimenti saremmo entrati in un terreno forse giustamente ideologico, ma che non ci avrebbe fatto vedere quello che volevamo: ovvero gli italiani. All’ inizio il film ti tira dentro con un personaggio ‘umano’ ma alla fine cala la maschera e noi sappiamo che Mussolini ha fatto ben di peggio rispetto a quello che si vede nel film ma questa parte la sapete o la dovreste sapere. Quello che era interessante per me era capire cosa ne dice e ne pensa la gente. Non c’è naturalmente alcuna apologia del fascismo. E’ Mussolini a essere giudicato con indulgenza dagli italiani tanto che il suo fantasma torna spesso anche nelle campagne elettorali attuali. Una cosa che mi ha colpito è che l’Italia è nettamente divisa, le cose a favore del fascismo venivano in particolare da una parte, ma non dirò quale”.

“Inoltre – aggiunge Guaglianone – Hitler e Mussolini sono due figure assai diverse. Il consenso è il superpotere del dittatore ma il primo lo ha raggiunto parlando di razza, il secondo sfruttando un’ondata di antipolitica e argomentazioni più popolari, come il rispetto per l’italianità”.   “Hitler era il male – prosegue Popolizio – in pochi hanno il coraggio di imitarli in Germania. Qui in Italia è diverso, è diventato una macchietta. Ma io non volevo fare la macchietta, la parodia o il film italiota. Ho eliminato tutti gli artifici, i trucchi, la calotta finta. Solo un bite per la mascella che tra l’altro in alcune scene ho dimenticato. Scherzando dicevo, ‘perché non lo fate fare a Zingaretti? O a Crozza?’. Sono anche più alto di lui, non mi interessava fare una cosa televisiva, nessuno può sapere come fosse Mussolini in privato. Quello che so è che in Germania quando passava il finto Hitler si schifavano, qui mi chiedevano i selfie. Una ragazza di colore a cui ho detto, improvvisando, ‘ma allora avete imparato a leggere, siete pericolosi’ ha poi accettato di firmare la liberatoria, vendeva dei libri e mi ha chiesto in cambio di comprarne dodici”.

“E dopo trenta secondi – dichiara Matano – iniziavano a parlare con Massimo come fosse veramente il Duce, con frasi tipo ‘per favore torna’.   Io sono tra i più giovani ma so cosa ha fatto Mussolini, mio nonno voleva bene a Mussolini, io volevo bene a mio nonno e questa cosa mi ha sempre disturbato. Ma anche la nostalgia di certi miei coetanei per un passato che non hanno mai vissuto”. “Questo Mussolini – chiude Miniero – è molto simile a noi o ai nostri politici. Anzi, all’inizio è anche più brillante di loro, ci sta dentro, però alla fine non ha un programma, non dice niente, non propone niente. E quello che, rispetto alla controparte tedesca mi sembrava un punto di debolezza è diventato invece un punto di forza. Lo ha visto anche Alessandra Mussolini, lo ha trovato carino e non si è offesa”.  

In una sequenza del film compare tra l’altro Gianni Alemanno, politico di lungo corso, da sempre a destra, a partire dalla militanza nell’Msi , ex ministro, ex sindacodi Roma. Una comparsata, a quanto pare, involontaria, sullo sfondo. “Ero in strada davanti alla Galleria Colonna – ha raccontato all’adnkronos – ho visto un’auto d’epoca, qualcuno che somigliava a Mussolini, ho aguzzato lo sguardo e in quel momento mi sono accorto della cinepresa, di essere ripreso. E’ stata una cosa del tutto casuale: ero lì e sono finito nella ripresa”.

Chiave rilevante del film è però un’intensa sequenza con Ariella Reggio, anziana signora malata d’Alzheimer, reduce dei campi di sterminio, che per prima riconosce il Duce come “quello vero” e non un semplice comico che lo imita, sbattendogli in faccia l’atrocità del suo operato. Forse nella speranza che anche l’Italia guarisca dalla sua malattia della Memoria.

 

Qui il trailer:

Andrea Guglielmino
29 Gennaio 2018

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