Una “grande bouffe” di cinema italiano

In una quattro giorni all’insegna del tutto esaurito il cinema italiano è stato protagonista a Parigi, con i film della scorsa stagione e il documentario su Marco Ferreri


PARIGI – A pochi metri dalla Place Saint-Sulpice, cara agli enigmi del Codice Da Vinci di Dan Brown, con la presenza incombente della Tour de Montparnasse a vegliare, si è tenuta la rassegna De Rome à Paris, con cui il cinema italiano si è presentato nei giorni scorsi ai parigini: al suo pubblico sempre curioso e nostalgico d’amore per il cinema italiano di una volta, ma sempre di più anche agli addetti ai lavori, con l’obiettivo di trovare distribuzione nelle sempre affollate sale francesi. Specie dopo la chiusura di “Bellissima”, piccola realtà locale che si occupava di presentare ai francesi un ricco panorama di uscite solo italiane, c’è sempre più bisogno di far conoscere ai transalpini un nuovo cinema italiano che non rappresenti solo un’eco lontana degli anni d’oro.

Lo ha dimostrato il film che ha aperto la rassegna, l’originale Tito e gli alieni, con Valerio Mastandrea, presentato con simpatia e un galoppante francese dalla regista Paola Randi. Sala piena, commozione degli spettatori e molta partecipazione per questo sincero film sull’elaborazione del lutto confezionato come un viaggio fantascientifico nel deserto americano dell’immaginario. Presentato con successo allo scorso Torino Film Festival è ancora in cerca di un distributore italiano.

“Sono molto contenta che un film particolare come il nostro sia stato così ben accolto dal pubblico parigino”, ha dichiarato a Cinecittà News la regista. “Ha un’anima italiana, ma è lontano dall’oleografia classica con cui viene identificato il nostro cinema. Viviamo un momento particolarmente emozionante, con un’apertura straordinaria a cose nuove, vedi la vittoria di film come Veloce come il vento e Indivisibili agli scorsi David di Donatello. Quest’anno poi penso che avremo un anno straordinario con i nuovi film di tanti nostri grandi autori come Sorrentino e Garrone” .

Diverso è il discorso per Tutto quello che vuoi di Francesco Bruni, da mesi portato dal suo autore in giro per il mondo dopo l’uscita nelle sale italiane. “Mi sembra comunichi nella stessa maniera dappertutto, dal Brasile a Los Angeles o in Azerbaijan. Ha una comunicativa semplice e diretta, sia sul versante della commedia che su quello più sentimentale. Anche qui a Parigi erano molto interessati a sapere cosa ci fosse dietro la storia di questo anziano interpretato da Giuliano Montaldo”. Nei giorni delle nomination e dell’uscita in sala di Chiamami col tuo nome di Luca Guadagnino, abbiamo ricordato un episodio di alcuni anni fa. “Nel 2010 fu scelto per rappresentare l’Italia agli Oscar La prima cosa bella di Virzì, da me sceneggiato, invece che Io sono l’amore. Guadagnino non la prese in maniera troppo sportiva, ma posso capirne la sofferenza, vista la risposta ottenuta dal suo film all’estero, specie negli Stati Uniti.”

Avendo l’occasione di parlare con due nostri autori, molto diversi fra loro, abbiamo approfittato per sondare il loro punto di vista sul tanto discusso calo della quota di mercato del cinema italiano al botteghino nel 2017, trasformato in queste prime settimane del nuovo anno in una nuova risalita. Francesco Bruni è convinto sia “un calo dovuto in parte all’assenza nell’annata dei cavalli del box office, mentre in parte c’è un sovraffollamento nelle uscite. Tutti vogliono arrivare in sala fra ottobre e aprile, questo fa sì che la tenitura sia bassa e i film si mangino l’un l’altro. Il problema è questo enorme buco da maggio a settembre, bisognerebbe ridurre i titoli in uscita”. In chiave ottimistica l’analisi di Paola Randi. “Mi sembra che il pubblico risponda bene a incursioni dei nostri autori verso generi che prima erano praticamente inesplorati, penso a Lo chiamavano Jeeg Robot, al musical Ammore e malavita o al recente successo di un film pensato per la tv, ma con ambizione alla Meglio gioventù, come Principe Libero, con una risposta al botteghino straordinaria. Il pubblico (e il linguaggio) del cinema è diverso da quello televisivo o delle piattaforme internet”.

In una quattro giorni all’insegna del tutto esaurito, tanto da poter ambire per il futuro a sale più capienti di quella scelta in questa decima edizione, è stato presentato anche un documentario di Anselma Dell’Olio, La lucida follia di Marco Ferreri, dedicato a un autore molto amato in Francia, fra i protagonisti di un’epoca d’oro delle coproduzioni di qua e di là delle Alpi. Un periodo che ricorda con nostalgia a Cinecittà News Andréa Ferréol, attrice lanciata proprio da Ferreri ne La grande abbuffata.

“Devo tutto a lui, prima di incontrarlo non ero conosciuta e dopo essere scelta è arrivato Cannes, lo scandalo per le scene di sesso e le volgarità, il successo mondiale e una carriera nel cinema italiano. Era molto intelligente, adorava ridere e mangiare, con idee molto chiare su come girare i suoi film e una fiducia sconfinata nei suoi attori, che ne La grande abbuffata erano Marcello Mastroianni, Ugo Tognazzi, Michel Piccoli, Philippe Noiret. Ricordo il mio primo giorno, ero quella nuova e giovane, erano tutti sul set anche se non lavoravano per vedere come me la cavavo. Erano quattro gentiluomini, mi rende malinconica pensare che siamo rimasti solo Piccoli ed io”.

Gli altri film presentati a De Rome à Paris, sempre all’insegna del tutto esaurito, sono stati Il cratere di Silvia Luzi e Luca Bellino, Dove non ho mai abitato di Paolo Franchi, Gatta Cenerentola di Alessandro Rak, Ivan Cappiello, Marino Guarnieri e Dario Sansone, Lasciati andare di Francesco Amato e La vita in comune di Edoardo Winspeare.

La rassegna e gli incontri (25-28 gennaio) sono promossi dalla DG Cinema del MIBACT, organizzati dall’ANICA in collaborazione con Istituto Luce Cinecittà, ICE (Istituto di Commercio Estero) e UNEFA (Unione Esportatori Film) e con il supporto di Cinema Espresso (Associazione per la promozione del cinema italiano in Francia).

Mauro Donzelli
29 Gennaio 2018

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