Berlinale, neonazismo e #MeToo

Il direttore Dieter Kosslick ha confermato durante la conferenza stampa della 68esima edizione della Berlinale che rimarrà ancora per un altro anno alla guida della manifestazione


“Se resterò ancora alla Berlinale? Bella domanda. Sarà ancora più bella quando fra due anni la farete al mio successore”. In piedi sul palco del Bundesregierung privo di sedie (“Basta con queste conferenze che sembrano talk show”), leggermente provato dalla mattinata e chiaramente irritato dalla domanda, Dieter Kosslick ha confermato durante la conferenza stampa della 68esima edizione della Berlinale che rimarrà ancora per un altro anno alla guida della manifestazione. 

Festival militante per natura e vocazione, la kermesse della capitale tedesca si è riconfermata come uno dei festival più attenti ai temi “caldi” del sociale – dalla lotta al terrorismo al movimento delle donne, dalla recrudescenza neonazista allo sfruttamento dell’immigrazione clandestina. “Non c’è un filo rosso a unire i nostri film – ha spiegato Kosslick – ma piuttosto dei punti tematici ricorrenti, il più importante dei quali è quest’anno il coraggio civile. I film in concorso riflettono il mondo così com’è: complesso, pieno di sfaccettature, ma anche divertente”. 

Due i nuovi film annunciati, entrambi in anteprima mondiale: il norvegese U – July 22 di Erik Poppe, sugli attentati di matrice neonazista avvenuti a Oslo e Utoya nel 2011, e il documentario di Ed Sheeran Songwriter, diretto da Murray Cummings. Orso alla carriera a Willem Dafoe, cui sarà dedicato anche un omaggio in dieci film (tra cui Antichrist, Mississipi Burning e Platoon). La giuria internazionale si arricchisce di nuovi elementi: oltre al regista tedesco Tom Tykwer anche l’attrice Cecile de France, il compositore Ryuichi Sakamoto, la critica Stephanie Zacharek, la producer Adele Romanski e lo storico Chema Prado.

Confermata la presenza di Tilda Swinton, Isabelle Huppert, Robert Pattinson e Joaquin Phoenix sul tappeto rosso più austero d’Europa: “Non c’è mai stato un dress code alla Berlinale – ha detto Kosslick pestando i piedi al rigore di Cannes – Certo non sarò io a dire a una donna di non indossare le ballerine o a un uomo di non mettersi i tacchi”. 

Non poteva infine mancare un riferimento al recente dibattito sulle molestie nel mondo del lavoro, innescato sei mesi fa dal caso Weinstein e scaturito nel movimento #MeToo, cui la Berlinale aderisce ufficialmente: “La Berlinale si schiera con forza a favore della battaglia per l’autodeterminazione sessuale e contro ogni forma di abuso – si legge nel comunicato ufficiale – #MeToo ha acceso i riflettori sulle conseguenze di abusi inaccettabili, costringendo tutti noi a sfidare le convenzioni del potere”. Oltre a una serie di dibattiti e incontri sul tema (come il panel “Culture Wants Change – A Conversation on Sexual Harassment in Film, Television and Theatre”), il festival ha preparato inoltre una speciale sezione del proprio sito internet, dove sara possibile ricevere informazioni su come affrontare, e denunciare, i casi di molestie (https://www.berlinale.de/en/_extras/Anti-Discrimination.html).

Ilaria Ravarino
06 Febbraio 2018

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