Unsane, il thriller di Soderbergh girato con l’iPhone

La resistenza di una donna, vittima di uno stalker, internata contro la sua volontà in un centro di supporto psicologico nel nuovo film di Soderbergh


 BERLINO – Thriller e suspense arrivano fuori concorso alla Berlinale con il nuovo film di Steven Soderbergh, Unsane, girato interamente con un iPhone in due settimane di lavorazione, argomento di cui si è discusso a lungo durante la conferenza stampa con il regista, che ama sperimentare nuovi mezzi e linguaggi di comunicazione. “Ho sperimentato più volte le riprese con i telefonini e sapevo che, a un certo punto, avrei fatto un film con questa tecnologia. Così quando lo sceneggiatore James Greer mi ha parlato dell’idea di Unsane, ho pensato che era il tipo di progetto in cui si poteva provare ad utilizzare uno smartphone”. Il principale vantaggio di questa tecnologia,   sottolinea, è “la possibilità di poter posizionare l’obiettivo ovunque e in pochi secondi, fare una prova e girare immediatamente la scena, cosa che mantiene sempre alto il livello di energia durante le riprese”. Il gap tra l’idea e l’esecuzione si annulla, così diventa possibile realizzare più idee. D’altro lato, ammette Soderbergh, l’aspetto complicato nell’utilizzare un device così leggero è che è molto sensibile alle vibrazioni e non può essere ad esempio usato per riprese con i droni. “In ogni caso è interessante capire cosa succede al cinema con l’utilizzo di queste nuove tecnologie di cui mi è piaciuto godermi gli aspetti positivi, come l’alto livello di controllo che offrono”. Aspetto sicuramente molto gratificante per il regista che ha aggiunto: “sarà difficile per me tornare a un modo più convenzionale di girare”. Per quanto riguarda l’aspetto della distribuzione in sala: “Mentre giravo ero convinto che Unsane sarebbe stato distribuito attraverso piattaforme di streaming online, più che al cinema. Quando poi, però, ho visto il film finito dopo la fase di post produzione, mi sono accorto che poteva essere adatto anche al grande schermo”.

Il film racconta la resistenza di una donna (interpretata da Claire Foy, nota soprattutto per la serie Netflix, The Crown) vittima di uno stalker che la costringe a cambiare città. La donna si affida alle cure di un centro di supporto psicologico, dove viene internata contro la sua volontà, e personale medico e infermieri mettono in dubbio la sua sanità mentale, prolungando forzatamente la sua permanenza. Nelle prime sequenze anche le molestie alla protagonista da parte del suo capo ufficio: “È solo una coincidenza – dice Soderbergh – la scena è stata girata molto prima che scoppiasse il caso Weinstein, anche se sono certamente interessato alle dinamiche di potere, non necessariamente di genere, in cui poter esplorare quello che succede nella mente di una persona che si ritrova intrappolata in un sistema che cerca di spogliarla della sua identità”. Un genere di storia che potrebbe succedere nel mondo reale e proprio questo aspetto fa aumentare il livello di tensione dello spettatore: “Ci deve essere familiarità tra il vissuto del pubblico e quello che vede sullo schermo”, sottolinea Soderbergh, che aveva annunciato il suo ritiro dal cinema nel 2013 ma che ha anche spiegato di aver cambiato idea lavorando alla fiction tv The Knick. “Penso di aver confuso il mio vero lavoro con la parte di malessere e frustrazione che deriva dall’industria cinematografica. Una volta che sono tornato sul set mi è piaciuto e ho deciso di continuare, e questo film, più di tutti gli altri, è stato un piacevole ritorno alle origini, a un tipo di regia e a uno spirito da adolescente”.
Nel cast, oltre al Joshua Leonard di The Blair Witch Project che veste i panni dell’inquietante stalker, anche un’apparizione a sorpresa di Matt Damon.

In sala con la Fox dal 5 luglio.

Carmen Diotaiuti
21 Febbraio 2018

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