Touch Me Not, l’intimità oltre limiti e confini personali

Esplora il tema dell’intimità fisica e delle sue implicazioni personali e sociali il film di Adina Pintilie in concorso alla Berlinale e nelle sale italiane con I Wonder Pictures


  BERLINO – Esplora il tema dell’intimità fisica e delle sue implicazioni personali e sociali Touch Me Not di Adina Pintilie, in concorso alla Berlinale e nelle sale italiane con I Wonder Pictures entro l’anno. Una ricerca psicologica, artistica e filosofica sul desiderio umano e sulla possibilità, o impossibilità, di entrare in contatto con l’altro, di essere toccati e di toccare profondamente. Qualcosa che parte dal presupposto che il contatto con il corpo giochi un ruolo primario nelle esperienze emotive umane profonde e nella costruzione della propria identità e del senso di sé.  “Negli ultimi anni le mie idee sull’intimità sono state messe in discussione e sono diventate sempre più complesse e contraddittorie perciò ho voluto esplorarle in questo progetto che mi piace definire un lavoro di ricerca”, rivela la regista che compare nel film e che, per esplorare a fondo un territorio così personale, ha scelto un cast di attori professionisti e non professionisti, lavorando sulle loro reali personalità e background emotivi, per rivelare sempre più in profondità strati della verità interiore dei personaggi. “Ho fatto un casting più simile a quello di un documentario, ci siamo tutti reciprocamente trovati e scelti. La verità viene con il tempo e nell’essere in connessione l’un l’altro, non solo sul set ma nell’intero processo di lavoro, fatto, in questo caso, anche di esercizi a distanza in cui ho chiesto agli interpreti di tenere un diario intimo personale, e di esercitarsi a girare in prima persona mettendo in scena sogni e fantasie”. Il risultato è a metà tra un lavoro di docu-fiction e il workshop d’improvvisazione, in cui i personaggi sperimentano e si sperimentano personalmente. “Il film ha richiesto molto coraggio” racconta uno degli interpreti Tómas Lemarquis: “A tutti è stato richiesto, a un certo punto, di saltare nel nostro abisso interiore e affrontare le nostre ombre. Sono grato di aver potuto esplorare le zone vulnerabili di me stesso, in uno strano processo che è stato un mix tra l’utilizzare il vero me e recitare una parte”. Anche Irmena Chichikova, altra interprete del film, conferma: “Girare è stata come una sorta di psicoterapia, qualcosa che veramente mi ha spinta ad esplorare i miei confini, superarli, capire cosa voglio essere. Ho trovato me stessa ad un altro livello dopo aver finito il lavoro. Il modo in cui percepisco me stessa e il mio corpo, ma anche la mia anima, è ora completamente diverso. Ringrazio la regista per avermi spinta così nel profondo, mi ha aiutato ad essere coraggiosa e orgogliosa di me”.

La pellicola segue i viaggi emotivi dei protagonisti alla ricerca di una verità più autentica che passa attraverso le nudità dei loro corpi. Tutti bramano l’intimità con l’altro ma ne sono al tempo stesso profondamente impauriti, bloccati in schemi e meccanismi di difesa che pure tentano di superare, per uscire dalla propria prigione interiore e per tagliare quel cordone ombelicale che li lega  ai propri limiti fisici. “Il film esplora non chi sei, ma chi puoi essere in certe situazioni”, continua la regista a cui non piace che il suo lavoro venga etichettato: “Non vorremmo che Touch Me Not venga etichettato come documentario o come film di finzione, abbiamo lavorato su un mix tra elementi reali e costruiti per esplorare le autentiche relazioni delle persone inserite in una struttura di fiction, che è stata il mezzo per lavorare sulle reali relazioni tra le persone. Sono profondamente grata a tutti gli attori che hanno accettato il rischio di mettersi in gioco e di mettere la propria anima in mostra. È stato un vero lavoro di team, un’autentica co-creazione”. 

Carmen Diotaiuti
22 Febbraio 2018

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