Liv Ullmann: ho amato ‘Scene da un matrimonio’

"Fu un film controverso, con dei risvolti inaspettati, come l'aumento dei divorzi sia nei paesi scandinavi che in Italia", racconta l'attrice e regista norvegese ospite di Bergamo Film Meeting


Occhi chiarissimi che ti guardano sorridenti. Liv Ullmann, classe 1938, norvegese nata a Tokyo, cresciuta tra il Canada e gli Stati Uniti durante l’invasione nazista della Norvegia, ha uno sguardo forte e dolce che si illumina quando parla dei suoi inizi e dei primi film girati con Ingmar Bergman. Raccontando di quell’incontro per strada tra lei venticinquenne e il maestro del cinema svedese, con cui poi iniziò un sodalizio artistico e sentimentale durato molti anni e molti film: da Persona, a PassioneSussurri e grida, L’immagine allo specchio, Sinfonia d’autunno, a Scene da un matrimonio, che ricevette il David di Donatello per la miglior attrice straniera nel 1973, a Sarabanda (2003) sulle tracce del precedente e ultimo film in cui è stata diretta da Ingmar Bergman con Erland Josephson.

“Un giorno stavo camminando per strada con Bibi Andersson e Bergman rimase colpito dalla nostra somiglianza; eravamo molto amiche io e Bibi. Bergman scrisse il film Persona durante un ricovero in ospedale, ispirandosi al nostro rapporto, facendoci lavorare insieme in questo film, sulla strana amicizia tra queste due persone”.

Ospite della ricca retrospettiva del 36° Bergamo Film Meeting, curata da Fiammetta Girola, Chiara Boffelli e Angelo Signorelli, Liv Ullmann ha ricordato com’erano lei e Bergman negli anni ’60: “Ero una ragazza timida, parlavo poco, arrossivo, mi esprimevo solo nei film. Però ero determinata e andai a Stoccolma a lavorare con Ingmar Bergman, che consideravo il più grande regista di cinema europeo. Studiando la sceneggiatura ho capito che ‘Persona’ era lui. In quel film del 1966 Bergman aveva espresso un aspetto diverso da quello che tutti conoscevano, cioè introverso e disinteressato ai problemi del mondo. In Persona c’era il Bergman più politico, che mostrava la guerra in Vietnam per far capire a tutti che non ci stavamo impegnando abbastanza per fermarla.”

Liv Ullmann ha lavorato con diversi registi scandinavi, inglesi come Richard Attenborough, Terence Young, ma anche spagnoli e italiani come Juan Luis Buñuel, Mario Monicelli e Mauro Bolognini. Ed è proprio sulla sua esperienza italiana che Liv Ullmann ha i ricordi più intensi e appassionati, tant’è che nel 1983 ha deciso di celebrare le nozze con l’americano Donald Sanders in Campidoglio a Roma. Nel 1986 è protagonista di Mosca addio di Mauro Bolognini, prodotto da Istituto Luce. Liv Ullmann è Ida Nudel, una scienziata russa che viene arrestata e condannata ai lavori forzati in Siberia per essersi opposta al regime. Con Bolognini reciterà anche nella miniserie tv Gli indifferenti, tratta dal romanzo di Alberto Moravia

E naturalmente con Mario Monicelli, in Speriamo che sia femmina, una commedia italiana, con un cast ricchissimo e internazionale. “Della mia esperienza con Monicelli ho un bellissimo ricordo, c’era un’atmosfera gioiosa, eravamo tutti allegri – ricorda la Ullmann – Un giorno mi sono ritrovata completamente sola dopo una pausa dalle riprese; non capivo una parola d’italiano, però ho intuito che doveva essere arrivato il cestino del pranzo e tutti erano corsi a mangiare”.

Liv Ullmann viaggiò in Italia anche per ricevere il David di Donatello come miglior attrice per Scene da un matrimonio di Ingmar Bergman. Il film è del 1973 e l’attrice ha un legame fortissimo e felice con quel lavoro, anche per i valori importanti e molto dibattuti all’epoca, che il film trasmetteva: il divorzio e l’indipendenza della donna nei confronti del marito e delle convenzioni sociali: “Le riprese di quel film sono state fantastiche, eravamo tutti amici, come una grande famiglia e non avremmo mai pensato di avere tanto successo. Fu un film controverso, probabilmente il più celebrato di Bergman ed ebbe anche dei risvolti inaspettati, come l’aumento dei divorzi sia nei paesi scandinavi che in Italia e nel resto d’ Europa. Probabilmente questo film ha fatto sì che le coppie iniziassero a parlare tra di loro. Il film ha una quantità di dialogo infinita e l’abbiamo girato in sei settimane, per un totale di sei ore di cinema. Io e Erland Josephson ci alzavamo all’alba e stavamo tutto il tempo in un cottage a bere caffè e a ripetere le battute”.

Liv Ullmann dice di amare moltissimo Scene da un matrimonio anche per come viene raccontata la figura femminile: una donna  inizialmente timida e che cresce imparando a comprendere se stessa. Un percorso utile anche per lei e che l’ha avvicinata alla regia, spinta anche dall’entusiasmo del suo maestro Ingmar Bergman, che l’ha portata a dirigere opere come Conversazioni private e L’infedele, con sceneggiatura dello stesso Bergman e il più recente Miss Julie tratto dall’opera del drammaturgo svedese August Strindberg con Jessica Chastain e Colin Farrell.

Barbara Sorrentini
16 Marzo 2018

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