Petit Paysan: mucche pazze in salsa thriller

Hubert Charuel esordisce nel lungometraggio con Petit Paysan – Un eroe singolare, che si è aggiudicato ben tre premi César e ora arriva in sala dal 22 marzo con No.Mad. Entertainment


Il regista Hubert Charuel, nato nel 1985 da una famiglia di piccoli allevatori, ha abbandonato la fattoria per andare a studiare cinema al Fémis di Parigi, diplomandosi nel 2011. Dopo diversi cortometraggi, con Petit Paysan – Un eroe singolare, il suo esordio nel lungometraggio del 2016, Charuel è in qualche modo tornato a casa. Il film, che ha debuttato alla Semaine del la Critique di Cannes, si è poi aggiudicato ben tre premi César: quello per la miglior opera prima, per il miglior attore (Swann Arlaud) e per la miglior attrice non protagonista (Sara Giraudeau).

Il film racconta il dramma di Pierre (Arlaud), giovane allevatore di mucche da latte, la cui vita è totalmente legata ai suoi animali tanto che li sogna persino di notte: il film, infatti, si apre con una sequenza onirica dove le trenta mucche gli affollano casa. Il dilagare dell’epidemia di febbre emorragica in Francia terrorizza Pierre, che farebbe qualsiasi cosa pur di salvare le mucche dalla minaccia di essere abbattute per fermare il morbo ed entra così in una spirale che lo porta ad allontanarsi dal terreno della legalità. Petit Paysan arriva in Italia il prossimo 22 marzo, distribuito dalla No.Mad Entertainment in circa quaranta schermi.

“Quando, negli anni ’90, c’è stata la crisi della mucca pazza, la pratica comune era quella di abbattere tutti gli animali di un allevamento se anche solo uno di loro era trovato infetto. Si viveva in uno stato di permanente paura del disastro -ricorda il regista – un giorno eravamo davanti alla televisione seguendo le notizie e mia madre ha detto ‘Se fanno fuori le mie mucche, io mi suicido’. Quella frase per me è stata un vero shock, un trauma che non mi ha più lasciato. La storia di Pierre è stato il mio modo di ricordare quegli anni terribili e forse anche di superare il mio senso di colpa dovuto al fatto che, invece di continuare la tradizione di famiglia, ho abbandonato l’allevamento per dedicarmi al cinema”.

A sottolineare l’aspetto ‘familiare’ del film va detto che il regista ha arruolato nel cast anche sua madre (nei panni di un’ispettrice sanitaria), suo padre (che recita la parte del padre del protagonista) e suo nonno (un vicino un po’ invadente cui Pierre dà spesso aiuto). Ovviamente uno dei problemi maggiori era gestire sul set le trenta mucche dell’allevamento (“la fattoria è quella dei miei genitori, che ora hanno abbandonato l’attività”, racconta Charuel), con cui l’attore Swann Arlaud doveva interagire in modo credibile, mungendole, portandole al pascolo, misurando loro la temperatura e persino aiutandone una a partorire. “Swann non sapeva nulla della campagna – racconta il regista – lui è figlio di una direttrice di casting e di uno scenografo. Però in questo film la sua recitazione doveva essere molto ‘corporea’ e se non si fosse mosso in modo corretto tutto sarebbe diventato ridicolo. Per questo l’ho mandato per tre settimane a lavorare in una fattoria gestita da miei parenti perché imparasse: lui si è adattato così bene che alla fine non lo volevano più mandar via”.

Su come ha potuto ‘dirigere’ le mucche, invece, il regista spiega che “il segreto è conoscere la psicologia animale”. “Io con le mucche ho avuto a che fare fin da quando sono nato – dice Charuel – così ho spiegato ai produttori che, per ottenere quello che volevamo, era necessario mi dessero tempo per preparare le mucche prima dell’inizio delle riprese. Prima le ho portate nella fattoria, perché si abituassero al luogo, poi è arrivato Swann, e, infine, tutta la troupe. Abbiamo passato due settimane così, soltanto perché le vacche considerassero normale la presenza di tutti noi nella fattoria, solo dopo si è potuto girare”.

Sul fatto che il film abbia momenti thriller il regista conferma che, “con un certo humour nero noi non dicevamo che la mucca era stata abbattuta, ma che era stata ‘assassinata’. Nel film c’è il dramma e un po’ di commedia, ma anche un’atmosfera da film giallo. Di solito nei film noir si racconta quanto sia difficile far scomparire il cadavere di un uomo, noi facciamo vedere che è molto più complicato eliminare le tracce di quello di una mucca di settecento chili!”.

Oscar Cosulich
19 Marzo 2018

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