Audiovisivo, ora l’Italia fa sistema

Un centinaio di operatori del settore hanno partecipato a un incontro organizzato dall’Anica, un tavolo che ha riunito l'industria e le associazioni per analizzare le nuove sfide


Rappresentanti della politica – come Micaela Montevecchi (M5S), Anna Ascani e Flavia Piccoli Nardelli (PD) e Maurizio Gasparri (FI), già ministro delle Telecomunicazioni – hanno partecipato a un incontro organizzato dall’Anica all’Hotel Parco dei Principi di Roma. Un grande tavolo di confronto, seppure informale, tra i vari soggetti della filiera del cinema e dell’audiovisivo, fortemente voluto dal presidente dell’Anica Francesco Rutelli per fare il punto sulle trasformazioni globali in corso e le nuove prospettive della creatività italiana, anche alla luce della Legge 220 /2016 e del cambio di governo. Un centinaio di decision maker si sono confrontati nel quadro di due sessioni, introdotte rispettivamente da Stefano Stefanini (ambasciatore e consulente independent film & tv alliance a Bruxelles) e Andrea Castellari (evp e ad Viacom Italia, Medio Oriente e Turchia) e da Daniele Luchetti e Marta Donzelli. Al confronto hanno preso parte produttori, distributori, esercenti, rappresentanti delle associazioni di categoria (Anac, Doc/It, Anem, Produttori e Distributori Anica, Anec, UNEFA, Italian Film Commissions, Centoautori), dei sindacati, dell’ufficio del Garante delle Comunicazioni e del Garante della Concorrenza e del Mercato, il presidente e ad di Istituto Luce Cinecittà Roberto Cicutto, il dg cinema del MiBACT Nicola Borrelli, la presidente della Fondazione David di Donatello Piera Detassis, il presidente del Centro Sperimentale di Cinematografia Felice Laudadio, Il direttore della Cineteca di Bologna Gianluca Farinelli, il vice presidente Public Affairs TIM Francesco Russo.

Strategici i temi sul tappeto: le nuove forme di fruizione multipiattaforma e la sfida portata alla sala tradizionale, la diversificazione dei contenuti e il boom della serialità, il sistema di regole e i privilegi degli OTT, la pseudo libertà di internet (“se il pane fosse gratis nessuno farebbe il fornaio”), la pirateria. Ma anche il ruolo della creatività, troppo spesso non valorizzata all’interno di un sistema industriale che ancora investe troppo poco nello sviluppo dei progetti. Per il DG Cinema Nicola Borrelli: “Molte delle leve più importanti non sono sul tavolo nazionale, ma si giocano a Bruxelles, ad esempio la tutela del copyright, il superamento della asimmetria tra operatori tradizionali e nuovi operatori OTT. Le regole fondamentali verranno definite lì. La nuova Legge, che stiamo attuando con impegno, è adeguata, crea un nuovo sistema di regole e di incentivi. Ma i cinque film protagonisti del David di Donatello sono costati complessivamente 10 milioni di euro: troppo poco”. Risponde Piera Detassis (presidente Fondazione David di Donatello): “I cinque film del David sono piccoli, ma la loro grande varietà, dall’animazione, al cinema di genere al cinema del reale, serve al cinema italiano. Purtroppo questo paese non riesce a raccontare il nuovo cinema e la stampa è spesso molto distante e arretrata, non capisce bene quello che succede, cerca il titolo, cerca il disaster movie e non sa mostrare le sfumature”. 

Per Stefano Stefanini, advisor dell’industria indipendente americana a Bruxelles, “le esclusive sui contenuti saranno i valori monetizzabili. Occorre proteggere l’autonomia creativa con la difesa del copyright online per accrescere la capacità di autofinanziamento del settore. Bisogna difendere l’esclusività territoriale, oggi sotto attacco, seppure con le migliori intenzioni, sotto l’ombrello del mercato unico digitale. Il settore audiovisivo non è paragonabile all’e-commerce, ora il Parlamento Europeo sembra aver capito che è essenziale mantenere i meccanismi attuali . Ma fino a un anno e mezzo fa l’Italia ha subito passivamente le iniziative dell’UE convinta che non rappresentassero un problema. E’ importante che il nuovo governo, che sarà molto diverso dai precedenti, sia impegnato nel settore fin dall’inizio”.

Andrea Castellari (Viacom) descrive i nuovi scenari in cui tutti fanno tutto: “Chi faceva il distributore adesso fa anche il produttore di contenuti, pensiamo a Netflix che conta di raggiungere i 180 mln di abbonati. Oppure ad Amazon, nato come venditore di prodotti, e oggi produttore di audiovisivo in espansione esponenziale. Tutti producono contenuti, anche le Tel.co. In questo quadro è importante identificare il contenuto di qualità. Negli Usa si è passati da 150 a 500 serie prodotte negli ultimi cinque anni. Il prodotto italiano in Italia continuerà ad essere fondamentale, però dobbiamo essere in grado di costruire prodotti vendibili altrove e adattabili alle varie piattaforme”.

“Di cosa abbiamo bisogno noi autori per attrezzarci al cambiamento? – si chiede il regista Daniele Luchetti (Mio fratello è figlio unico, La nostra vita, l’ancora inedito Io sono Tempesta) – Di non essere chiusi, di aprirci al mondo e tra di noi, come dimostra l’esempio dei messicani che hanno vinto quattro Oscar in cinque anni formando un gruppo coeso, facendo sistema. Sto cercando di mettere in piedi una piccola factory con i miei allievi del Centro sperimentale, ma gli incentivi allo sviluppo sono farraginosi. Perché l’industria non investe nella scrittura? C’è bisogno di una industrializzazione del sistema di scrittura. Oggi i registi sono pronti a cimentarsi nella serialità. Non c’è più conflitto tra autorialità e grandi numeri e il nostro talento è esportabile all’estero. A Treviso, in un casale, c’è una factory di contenuti 3D che lavora per la Pixar”. E ancora: “Abbiamo bisogno di uno star system, di far crescere i giovani attori. I produttori devono aiutarci a prendere dei rischi sui cast”.

Marta Donzelli, produttrice Vivo Film, che a Berlino ha portato in concorso Figlia mia di Laura Bispuri: “Il mercato italiano è marginale dal punto di vista dei numeri, ma la domanda di contenuti cresce e questa è un’opportunità anche per le piccole e medie aziende. Come si fa ad avere accesso a queste nuove opportunità? I due pilastri della nuova Legge sono industria e cultura. Per me le parole chiave sono: competitività, innovazione, creatività, talento, competenza e differenza e richiamano una responsabilità delle politiche che sono chiamate a sostenerle. L’Europa ha una sua specificità che va valorizzata, ci sono anche tanti piccoli film che si muovono sul piano delle coproduzioni e diventano appetibili anche per le piattaforme. La nuova Legge ha messo l’accento anche sulle coproduzioni minoritarie, è una buona legge, ora auspico che garantisca certezza nei tempi”. 

Per Francesca Cima, presidente produttori Anica, “l’Italia può giocare un grande ruolo di paese produttore nei nuovi scenari, ma l’industria deve fare un salto dal concetto di mero costo al concetto di valore. Chiara Sbarigia (APT) “la lingua non è così importante, come dimostra l’esempio di Gomorra, venduto in tutto il mondo”. Marco Chimenz (Cattleya) richiama il caso della filiera produttiva de L’amica geniale. Stefano Selli (relazioni esterne Mediaset) insiste sull’importanza del prodotto domestico, “fondamentale per dare identità a un paese”. E teorizza, contro l’equazione autorialità-qualità: “Più spettatori vedono un programma e più il programma è di qualità. Non sempre è di qualità un prodotto difficile, faticoso da vedere”. Anche per lui è cruciale imporre le stesse regole agli OTT, ad esempio Google. Giovanni Pitruzzella, presidente dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, chiede tra le altre cose al nuovo Parlamento una norma efficace contro la pirateria.

Riccardo Tozzi (Cattleya): “Non c’è crisi del prodotto italiano, i nostri film sono visti, magari attraverso la pirateria e in tv, dove vanno molto bene. Non dobbiamo considerare la sala come misura del successo. Ora occorre fare per il cinema un’operazione simile a quella di Spotify”. Stefano Sardo (presidente Centoautori) sottolinea come gli sceneggiatori siano sottopagati: “25mila euro l’anno per un uomo, 23mila per una donna. L’originalità è stata per anni un problema nel regime di duopolio, adesso è diventata un valore, ma chi scrive non partecipa ai proventi. C’è l’equo compenso che però Sky non sta pagando da maggio dello scorso anno, contravvenendo alla legge”.

Barbara Salabè (Warner Bros Italia) chiede alle sale di modernizzarsi per rivolgersi ai giovani e loda Tim Vision, “l’unico che può allargare al prodotto di massa perché Netflix ha un pubblico di nicchia”, sottolinea inoltra la sproporzione tra transazioni illegali e transazioni a pagamento. Paolo del Brocco (Rai Cinema) promette un commitment del servizio pubblico “con piani pluriennali e multi prodotto con gli operatori per far sì che la Rai svolga il suo compito al meglio”.  

Propone un’autocritica Domenico Procacci (Fandango) “le presenze in sala vanno considerate e questo ci deve spingere a una riflessione, credo che siano state fatte troppe commedie e anche nella promozione non siamo riusciti a dare l’idea di qualcosa di diverso. Il pubblico che va al cinema è quello che ha bisogno di più motivazioni”.

Infine Marialuisa Pappalardo, direzione promozione del Sistema Paese presso il ministero degli Affari Esteri, annuncia una novità, la Settimana del cinema italiano nel mondo che si svolgerà dal 21 al 27 maggio in 100 città con  “I mestieri del cinema”.

Leggi i materiali Anica 

Cristiana Paternò
28 Marzo 2018

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