Quanto basta: amicizia e autismo ai fornelli

Vinicio Marchioni e Luigi Fedele protagonisti del nuovo film di Francesco Falaschi, Quanto basta, una commedia che racconta dell’incontro tra uno chef con seri problemi di controllo dell’aggressività


Imponderabile unità di misura degli ingredienti ma anche titolo dell’ultima commedia di Francesco Falaschi, Quanto basta, che racconta di quell’innata capacità di valutare la giusta dose delle cose, un concetto che vale sia per la cucina che per la vita. E proprio di arte culinaria che s’intreccia a dinamiche esistenziali parla il film con protagonista Vinicio Marchioni (Arturo), uno chef di talento con seri problemi di controllo dell’aggressività che lo hanno portato a scontare una pena per rissa ai servizi sociali, dove tiene un corso di cucina in un istituto per ragazzi con disturbi dello spettro autistico. Lì incontra Guido, interpretato da un bravo e irriconoscibile Luigi Fedele, giovane e talentuoso aspirante cuoco con la sindrome di Asperger, una particolare condizione di lieve neurodiversità che relega chi ne è affetto in una sorta di limbo, in cui non viene considerato abbastanza bisognoso di aiuto e sostegno sociale, ma al tempo stesso troppo eccentrico per potersi inserire nel mondo del lavoro e avere una vita normale. “Sono partito a preparare il mio personaggio dall’esterno, lavorando sul tipo di relazione con lo spazio e il proprio corpo “, rivela il giovane attore noto soprattutto per Piuma di Roan Joanson con cui ha vinto a Venezia il premio Pasinetti per il cast artistico. “In seguito sono venuto a contatto con diversi ragazzi Asperger e la ricerca si è spostata sulla loro interiorità, cercando di capire tutto l’universo che c’è dietro a un gesto, una parola o un silenzio”. Arturo accompagna suo malgrado il ragazzo a un talent show di cucina, che diventa l’occasione per creare un insolito rapporto di vicinanza che cambia destini e prospettive di entrambi. “Non ci interessava trattare il solo tema della cucina, già molto sfruttato – sottolinea il regista – ma abbiamo scelto di tenerlo sullo sfondo di questa storia che parla dell’incontro di due persone in difficoltà, che alla fine hanno molte più affinità di quello che sembra”.

Il film, che aprirà il CinemAutismo festival di Torino e arriva in 250 sale con Notorious Pictures dal 5 aprile, prende spunto da alcune esperienze reali di ristorazione terapeutica a scopo di inserimento lavorativo, come il progetto “Autismo in cucina” del Centro Politano di Prato: “Abbiamo visto agire i ragazzi autistici nei ristoranti, per loro le dinamiche interne a una cucina sono una specie di simulatore dei rapporti umani”, racconta il regista che dopo il suo film d’esordio Emma sono io (2002) torna a parlare di diversità mentale come risorsa per sé e per gli altri (nel suo primo film la protagonista, Cecilia Dazzi, aveva una sindrome bipolare dagli inaspettati risvolti sociali), in un rovesciamento di prospettiva in cui non è affatto scontato individuare nella relazione tra le persone chi aiuta e chi è aiutato. “La sindrome di Asperger ha un interessante aspetto metaforico universale e alcune delle criticità che la caratterizzano, come la difficoltà ad entrare in empatia con gli altri e la fatica nel capire convenzioni sociali e regole non scritte, sono comuni ai due protagonisti”. Lo stesso Arturo, infatti, che tratta Guido in modo istintivo e senza filtri, ha una forte tendenza alla critica e alla polemica che ha finito per emarginarlo dalla società. “Mi interessava questo uomo dal passato glorioso che si trova ad un punto morto della sua esistenza”, evidenzia Vinicio Marchioni che rivela di odiare i talent show di cucina, “non li guardo mai e mi sono rifiutato di prendervi parte”, ma di aver sperimentato nella vita tutti i mestieri della gastronomia, dal lavapiatti al cameriere. “Mi piaceva il suo iniziale cinismo e la sua disillusione nell’approcciarsi senza pietismi, buonismo o falsi pudori al gruppo dei ragazzi autistici. In realtà quello che emerge col proseguire del racconto è che è proprio lui, che all’inizio sembra il più figo di tutti, ad avere più bisogno di aiuto”.

Nel cast anche Valeria Solarino, psicologa che lavora a stretto contatto con i ragazzi e che intuisce il punto d’incontro tra Guido e Arturo, spingendoli a passare del tempo da soli: “L’aspetto che mi ha colpito del film è la grazia con cui viene trattato il rapporto tra due persone apparentemente così diverse, entrambe con difficoltà a relazionarsi con gli altri, che riescono a superare gli stereotipi in un percorso che aiuta non solo il personaggio di Guido ma soprattutto quello di Arturo. Ridere dell’autismo si può, anzi si deve, perché è un modo per accettarlo fino in fondo senza alcun pregiudizio ”.  

Carmen Diotaiuti
29 Marzo 2018

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