Paolo Sassanelli: “Picchiatelli in libertà”

In uscita il 14 giugno con Key Films Due piccoli italiani, l'opera prima da regista dell'attore Paolo Sassanelli, che è anche sceneggiatore e coprotagonista con Francesco Colella


BARI – Accoglienza molto calorosa e commossa, al Teatro Petruzzelli di Bari, per Due piccoli italiani, l’opera prima da regista dell’attore Paolo Sassanelli, che è anche sceneggiatore (insieme a Chiara Balestrazzi e Francesco Apice) e coprotagonista nel ruolo di Felice, un simpatico e dolce picchiatello che scappa dall’ospedale psichiatrico insieme a un altro paziente, l’amico inseparabile Salvatore (Francesco Colella). Il film, fuori concorso al Bif&st che l’ha presentato in anteprima mondiale, sarà il 14 giugno nelle sale con Key Films. Tra fiaba, romanzo di formazione e road movie, con qualche ascendenza da un recente successo come La pazza gioia ma anche tanti riferimenti al cinema che usa la diversità e il disagio mentale come metafora di libertà, la narrazione segue i due protagonisti dalla Puglia fino a Rotterdam e poi nei paesaggi della lontana Islanda.

“Attraverso due personaggi borderline – spiega il sessantenne Sassanelli, già autore di due cortometraggi premiati ai Nastri come Uerra e Ammore – il film indaga i disagi e le difficoltà del vivere questo momento storico. Il viaggio che i due intraprendono rappresenta la necessità di reagire alle difficoltà uscendo di casa alla ricerca della felicità”. Se Felice, che da bambino è rimasto tre giorni accanto al cadavere della mamma, è un uomo mai cresciuto eternamente alla ricerca dell’amore materno che per lui si identifica in un’olandesina, Salvatore non riesce a gestire la rabbia e la sua sessualità incompiuta. Ma l’incontro con due donne anticonformiste li guarirà. Sono Anke, un’olandese esuberante e debordante che non ha barriere nei confronti del mondo esterno (Rian Gerritsen) ed Eva, rossa prostituta “per scelta” e imprenditrice tv, interpretata da Marit Nissen, attrice e moglie di Sassanelli.

“La nostra società – spiega l’attore pugliese – stabilisce che entro un determinato limite siamo normali e oltre questo non c’è più la normalità. Mentre io credo che non dobbiamo proprio averlo un limite”. Sassanelli non condivide il concetto di famiglia tradizionale, perché “la famiglia è dove ci sono le persone che ti vogliono bene: sono i tuoi amici, chi ti accoglie e ti protegge”. E infatti a Rotterdam – dove i due fuggiaschi arrivano grazie a un pullman di ultras calcistici – finiscono dentro una bizzarra comunità dove tutti condividono tutto. “All’inizio hanno paura e la paura li porta a fuggire – dice Colella – poi entrambi scoprono l’intensità di una luce diversa. Non ne sono consapevoli ed è quella la loro poesia. Credo che questo film abbia il coraggio della poesia e uno slancio di umanità, per questo va accolto col cuore e non con uno sguardo specialistico”, conclude l’attore di Catanzaro che vedremo nella serie ZeroZeroZero, dal romanzo di Roberto Saviano, diretta da Stefano Sollima per Sky, e nella nuova serie di Danny Boyle Trust.

Il film, prodotto da Mood con Duo Productions insieme a Rai Cinema e al MiBACT, ha avuto non poche difficoltà produttive, tanto da farlo definire dal regista “cinema in salita”. “Sono sei anni che ci lavoriamo, ma quando ho visto tutta la platea del Petruzzelli in piedi ad applaudirmi, mi sono chiesto cosa ho fatto. È una storia che parte molto dura, quasi respingente e il pubblico rimane un po’ perplesso. Poi si apre, lo frego e gli rubo il cuore. Perché per me al cinema e a teatro tu devi poter ridere e piangere nello stesso momento”.

Due piccoli italiani avrebbe dovuto chiamarsi inizialmente Due figli di puttana perché i protagonisti sono entrambi figli di prostitute. “Raccontiamo cose un po’ scabrose con leggerezza – spiega il regista – ed è questo il bello del film”. Grande attenzione alle musiche, con una canzone in puro stile anni ’60, “L’amore che viene, l’amore che va”, scritta apposta per raccontare il trauma di Felice. “La canta una signora olandese che fa gioielli e vive a Siena”.  

Cristiana Paternò
23 Aprile 2018

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