Marcello! Marcello!

Stavolta Marcello non è Mastroianni. Fonte è la scoperta di questo 71° Festival che, per l'Italia, resterà negli annali anche per il suo premio all’interpretazione consegnato da Roberto Benigni


CANNES – Marcello! Marcello! Stavolta Marcello non è Mastroianni. E’ Fonte, la scoperta di questo 71° Festival che, per l’Italia, resterà negli annali anche per il suo premio all’interpretazione oltre che per il premio per la sceneggiatura di Lazzaro Felice andato ad Alice Rohrwacher. Ed è stato proprio Roberto Benigni – che Matteo Garrone tanti anni fa avrebbe voluto per il ruolo del protagonista di Dogman che strana coincidenza – a consegnare la Palma all’attore calabrese, 40 anni, occhi buoni e senza malizia. “Sono felice – ha detto Benigni in un francese pittoresco – vorrei soffiare la mia gioia sul vostro viso, sono pieno di gioia come un’anguria”. Poi ha esultato “Vai Marcello!” e sul palco c’è stato un abbraccio emozionante, tra il divo da Oscar e il piccolo attore venuto dal niente, dalla baraccopoli di Melito di Porto Salvo. Miracoli del cinema, come quel corpo attoriale che nel film dà verità a un uomo mite, che non vuole scontentare nessuno e crede di poter addomesticare l’amico violento e tossico come addomestica i cani feroci.

E’ incredulo, Marcello: “Oddio no!”, esclama, come se non volesse neppure prendere quel premio così importante, ma più tardi ha spiegato che voleva prolungare il piacere, quell’attimo incredibile, perché sono cose “che capitano una sola volta nella vita”. “Da piccolo, quando ero a casa mia e pioveva sopra le lamiere, mi sembrava di sentire degli applausi, adesso riapro gli occhi e quegli applausi siete voi, qui mi sento a casa, la mia famiglia è il cinema, la mia famiglia siete voi, ogni granello della sabbia di Cannes è importante. Grazie a Matteo che ha avuto il coraggio, non so come, di scegliermi”.

Tempi perfetti, mimica comprensibile a tutti, anche se non c’è traduzione. Anche Alice Rohrwacher – l’altra protagonista di questa serata memorabile di festa – ha esultato per Marcello Fonte, che conosceva dai tempi di Corpo celeste, in cui lui aveva un ruolo: “Sono fiera di condividere questo premio con lui, è un grande attore e Dogman è un grande film. In Italia da tanto tempo volevamo sentire di nuovo: “Marcello, Marcello!”, ha detto.

Fonte ha la freschezza dell’attore preso dalla strada, quel sapore di neorealismo, ma in realtà sono anni che lavora, anche come regista. Nel 2015 ha scritto e co-diretto con Paolo Tripodi, e interpretato, Asino vola, presentato al Festival di Locarno in Piazza Grande. Ha recitato nella serie tv La mafia uccide solo d’estate, nel film L’intrusa diLeonardo Di Costanzo, in quello di Daniele Luchetti Io sono Tempesta. E’ un attore vero che adesso chissà a quali avventure è destinato.

L’incontro con Garrone è stato casuale ma anche decisivo per costruire una storia che, a partire da un fatto di cronaca famoso, l’efferato delitto del canaro, si discosta totalmente da quel materiale per costruire un personaggio alla Buster Keaton, pieno di pietas e di dolcezza, capace di parlare a tutti, anche alla giuria di Cate Blanchett. “Marcello a Roma era il custode del Cinema Palazzo, a San Lorenzo, un luogo occupato dove si fa teatro e cinema – ha raccontato Garrone – Un giorno, all’improvviso, è morto uno degli attori della compagnia di ex detenuti, per un aneurisma, e lui ne ha preso il posto. Lo spettacolo era Tempo binario, tratto da Marcel Proust. E’ stato così che è diventato attore. E’ stato anche sul set di Gangs of New York e si è fatto fotografare con Di Caprio da Daniel Day Lewis (e mostra la foto sul telefonino, ndr). Guardate che presenza scenica…”. 

La notte è lunga. Marcello arriva al Gray d’Albion, dove c’è il quartier generale di Rai Cinema. E’ insieme a Garrone, di cui dice cose bellissime, dette col cuore. “Per me è una persona sportiva e leale. E’ preparato, ma segue anche l’istinto, non si lascia ingannare da nulla. È un mister, un allenatore che conosce i suoi polli, i suoi calciatori, nel film tutti si passavano la palla per segnare insieme, un lavoro orizzontale e non piramidale, un lavoro di squadra”. E un pensiero lo mandano anche al cattivo del film, Edoardo Pesce, il terribile Simoncino.

I giornalisti stranieri gli parlano di Pasolini, anche se il paragone, piuttosto, sarebbe con Citti. E lui: “Sono contento che avevi in mente Pasolini, ma Matteo è Matteo, ha il suo modo di lavorare. Certo, nel suo percorso c’è anche Pasolini, c’è Fellini, tante cose, ma il suo stile è solo suo”.

Inevitabile parlare dei cani, che ha imparato davvero a tosare e lavare. “Jenny, il chihuahua congelato, ha vinto il premio Palm Dog. L’abbiamo ritirato ieri, glielo consegnerò quando andrò a Roma… E’ un collare molto grande, troppo per lei che è una cagnolina piccola”. Poi ancora la felicità del premio, condiviso con Alice. “Ho lavorato con lei a Corpo celeste e ho lavorato con Carlo Cresto-Dina che ha prodotto Asino vola, un altro lavoro particolare, che ancora non è uscito in sala. È come se si fosse chiuso un cerchio e se ne fosse aperto un altro. Da piccolo mi sentivo solo e sognavo di essere qualcosa, di essere accettato, sono cresciuto in una discarica. Gli applausi di oggi mi hanno riportato lì. Mi sono ricordato di quando mangiavamo sotto il tetto di lamiera con la mia famiglia, con mio padre che si è arrangiato tutta la vita per far crescere i suoi figli senza avere niente. Questo applauso era anche per lui che ora è morto e che mi ha fatto”.

Cristiana Paternò
19 Maggio 2018

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