Sergej Krikalëv tra ‘Gravity’ e ‘Goodbye, Lenin!’

Il 24 maggio in sala con Officine UBU il film di Ernesto Daranas sul cosmonauta russo Sergej Konstantinovič Krikalëv


È il 1991, l’URSS è crollata e la Guerra Fredda è finita. Solo un uomo deve ancora scoprirlo: dall’interno della stazione spaziale MIR, Sergei, l’ultimo cosmonauta sovietico, può vedere l’intero pianeta ma non sa che la sua nazione non esiste più. L’agenzia spaziale non ha i fondi per riportarlo a casa ed è quindi costretto a prolungare in modo indefinito la sua permanenza in orbita, lontano dal suo paese e isolato dal resto del mondo. Nel frattempo, in una Cuba prossima al collasso, anche per Sergio, professore di filosofia marxista e radioamatore, il sogno comunista sembra essere finito. Per sopravvivere alla crisi, in una Avana impoverita, produce clandestinamente sigari e rum con la complicità dell’anziana madre. Un giorno, uno scambio di frequenze radiofoniche mette casualmente in contatto Sergio e Sergei. I due diventano subito amici, e quando un meteorite colpisce e danneggia la stazione, Sergei chiede a Sergio di aiutarlo a tornare sulla Terra. Con l’aiuto di un amico statunitense che ha delle conoscenze alla NASA, Sergio organizza un piano, anche con l’aiuto di uno “sgradito” sponsor americano, per salvare Sergei dalle profondità dello spazio. Ma Sergio non sa di essere sotto sorveglianza e che il governo cubano segue ogni passo del suo piano.

Ci sono echi di Goodbye, Lenin! ma anche di Gravity nella simpatica e surreale commedia Sergio e Sergei – Il professore e il cosmonauta di Ernesto Daranas, co-produzione Cuba-Spagna passata a Toronto e distribuita in Italia da Officine UBU a partire dal 24 maggio. Il film è ispirato alla vera storia di Sergej Konstantinovič Krikalëv, considerato da molti «l’ultimo cittadino dell’Unione Sovietica», che  passò 311 giorni, 20 ore ed 1 minuto a bordo della Stazione Spaziale Mir mentre sulla Terra l’Unione Sovietica collassava.

La concreta realtà storica ben inquadrata nel contesto politico e sociale dei primi anni ’90 si integra perfettamente con le atmosfere rarefatte e sognanti del classico tema ‘Lost in space’, dove però non è un incidente o un’avaria a mettere in difficoltà l’esploratore cosmico di turno ma una burocrazia fuori controllo e in piena crisi di valori. C’è riflessione ma anche avventura, fiaba e musica, con la prospettiva di chi guarda letteralmente il mondo dall’alto e nonostante questo fatica a capire la direzione in cui sta andando.

“La crisi successiva al collasso del partito socialista – dice il regista – ha cambiato le nostre vite. Nonostante questo Sergio e Sergei è una satira raccontata con nostalgia, probabilmente perché, per me, quelli furono degli anni sereni. I miei figli sono nati nel momento “giusto”. I soldi che stavo accumulando dalla scrittura di oltre un centinaio di sceneggiature teatrali al mese per degli spettacoli radiofonici non erano sufficienti per supportare la mia famiglia, che in quegli anni si stava ampliando. Dovetti, alla fine, accettare di implementare i guadagni della mia “letteratura” con gli introiti di una distilleria clandestina che organizzai in casa mia. Quindi Sergio è una persona che conosco molto bene; è qualcuno che dovrà improvvisamente rendersi conto che la sua laurea in Marxismo (che ha conseguito a Mosca) non lo aiuterà a dare un futuro ai suoi figli. Sergio dovrà sfuggire alla medesima difficoltà che anche io ho dovuto superare, per questo ho voluto raccontare la storia esattamente nello stesso modo in cui io l’ho vissuta (o la ricordo?), mostrando la decisione folle che abbiamo dovuto prendere per aggirare il momento più difficile mai affrontato. Volevo raccontare la sua storia nel modo in cui io l’ho vissuta, per questo motivo mi sono preso la libertà di farne una commedia: l’humor e l’immaginazione ci aiutano ad affrontare la vita quando le cose si complicano. È anche una commedia paradossale in cui un evento improbabile ed inaspettato congiunge le vite di due uomini le cui anime si sono perse con la fine della Guerra Fredda. E in un momento in cui il cinema è estremamente tecnologico, con un eccesso di effetti speciali iperrealistici, è importante intraprendere un approccio differente. Ecco perché l’universo che m’interessa maggiormente è l’uomo più che il digitale. Non c’è nulla di affascinante nella MIR; così come non c’è nulla di affascinante nella vita dell’uomo, segnata dall’intolleranza, dal dogmatismo e dalla povertà. Quindi com’è possibile che io trovi ancora così tanta bellezza nel mondo che mi circonda? Forse perché non ho perso la speranza che un giorno riscopriremo ciò che siamo veramente come nazione e come persone? Queste sono le domande a cui voglio rispondere con questo film.”

Qui il trailer: 

Andrea Guglielmino
24 Maggio 2018

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