Lettera d’amore a un fratello depresso

Tra le pre-aperture della Festa di Roma c'è il documentario di Marco Leopardi che racconta, attraverso filmini e video amatoriali, la storia di suo fratello Massimo


Due fratelli e un film che è una lettera d’amore e di speranza. Perché di depressione si può morire, anzi è la seconda causa di morte tra i giovani e affligge nel mondo 322 milioni di persone. Ma si può combattere chiedendo aiuto. 

Questo è mio fratello di Marco Leopardi, preapertura della Festa di Roma, prodotto da Donatella Palermo con Rai Cinema, è un film ‘familiare’ innanzitutto nell’uso dei filmini (dai vecchi super8 ai video girati con il cellulare) che assume un significato più vasto e universale di messaggio dentro la bottiglia. Marco Leopardi, documentarista e fotografo, ha deciso infatti di raccontare la storia di suo fratello Massimo. 55 anni, depresso da 25, una vita sempre in altalena tra il buco nero della malattia, con vari tentativi di suicidio, e i momenti di reazione, vitali ed esagerati, adrenalinici.

Affonda forse le radici nell’infanzia e in un padre molto timido e poco capace di esternare i sentimenti, il disagio palpabile di Massimo che si getta a capofitto nella vita quasi per cercare di essere visto ad ogni costo: dal parapendio al paracadutismo fino al jumping (è stato anche vicecampione mondiale master di tuffi) gli sport estremi sono la sua passione. E poi le corse in macchina, le tante donne, tre mogli, di cui una morta prematuramente. Un uomo brillante ma senza pelle, che sente tutto troppo forte. Egocentrico e creativo, istrionico, ha sempre ripreso se stesso, ovunque e comunque, anche nei momenti più disperati. E’ stato attore, produttore e regista, tra i molti lavori tentati, voleva diventare pilota acrobatico ma un difetto visivo glielo ha impedito.

Marco lo osserva amorevolmente, senza mai giudicare, e formula un’ipotesi: “La sua è solo una continuata richiesta di affetto e forse anche il desiderio di lasciare una testimonianza che possa aiutare altre persone che vivono le sue stesse difficoltà. Un messaggio di speranza quello di Massimo che si oppone all’autodistruzione semplicemente con una vita dove coesistono sofferenze e momenti di assoluto divertimento”.

“Nei periodi peggiori – confessa lo stesso Massimo – non avevo neppure la forza di alzarmi dal letto. Dolori diffusi in tutto il corpo molto più forti di quanto gli stessi medici credano. È normale così avere voglia di aprire la finestra e buttarsi di sotto. Ti sembra l’unico modo per sfuggire al dolore. E le terapie farmacologiche poi fanno poco o ti fanno sentire male, ma in modo diverso”.

Cristiana Paternò
17 Ottobre 2018

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