Cinico Belluscone, amato dai neomelodici

Maresco con il suo film, grottesco e ironico, narra il rapporto speciale tra la Sicilia, la mafia e il leader di Forza Italia. In scena le vicende di un impresario palermitano di feste di piazza


VENEZIA. Il forfait del regista Franco Maresco, atteso al Lido, e l’improvvisa cancellazione della conferenza stampa del suo Belluscone. Una storia siciliana (Orizzonti) è in fondo, se non una dichiarazione d’intenti tutta da interpretare, quel finale che sembra mancare al suo film e comunque in perfetta sintonia. Anche in Belluscone Maresco si eclissa mentre il critico cinematografico Tatti Sanguineti arriva a Palermo con l’intento di incontrare questo regista “solitario, iellato e scontroso”, per meglio comprendere le vicissitudini e gli stop patiti dal film e così spiegare il tutto al pubblico. Inutilmente Sanguineti, sceso da MIlano, lo cercherà nei luoghi che di solito frequenta, per poi arrendersi all’evidente latitanza.

Le coordinate temporali di Belluscone Una storia siciliana, distribuito da Parthénos il 4 settembre, sono evidenti. Il film grottesco e ironico, a tratti in stile ‘Cinico TV’ – il popolare programma di Rai Tre dei primi anni ’90 – parte con il tramonto del ventennio berlusconiano, in seguito alle dimissioni del governo presieduto dal Cavaliere che verrà rimpiazzato da Mario Monti. A completare questa parabola politica è l’entrata in scena del leader PD Matteo Renzi, ospite, in abiti Fonzie, sull’ammiraglia Mediaset, del programma ‘Amici’ di Maria  De Filippi. O meglio a chiudere il film, sono quei giovani siciliani borghesi senza memoria, indifferenti, che non collegano alle date suggerite dall’intervistatore le uccisioni di Falcone e Borsellino.

Tra questi due estremi si colloca l’opera incompiuta, perché tale è e tale si presenta allo spettatore, di Maresco che narra il rapporto speciale tra la Sicilia, la mafia e il leader di Forza Italia. A raccontarlo avrebbero dovuto esserci, come annunciato in precedenza, testimoni importanti: il magistrato Antonio Ingroia, l’ex maresciallo Dia Giuseppe Ciuro, il procuratore generale di Palermo Antonino Gatto, l’ispettore capo Polizia di Stato Carmine Mancuso, l’ex coordinatore di Forza Italia in Sicilia Gianfranco Micciché, l’ex sindaco di Palermo Leoluca Orlando e molti altri. Non c’è traccia invece di queste interviste, se non alcune battute con Marcello Dell’Utri subito interrotte, mentre accenna alla morte di Enrico Mattei, per un autentico guasto tecnico, inclusa l’arrabbiatura del regista con l’assistente. E ancora le parole del collaboratore di giustizia Gaspare Mutolo.

Centrale di questo film incompiuto è invece l’impresario palermitano di feste di piazza e di cantanti neomelodici Ciccio Mira, che sembra uscito dalla galleria dei personaggi di ‘Cinico TV’ (vedi l’utilizzo del bianco e nero), con i suoi svarioni lessicali, i non detti, la parola ‘mafia’ per lo più evitata da un nostalgico della mafia di un tempo. E intorno a lui altri fan del Cavaliere, come Erik, giovane autore della canzone ‘Vorrei conoscere Berlusconi’ sulle note di un motivo di Eros Ramazzotti. O Vittorio Ricciardi, altro neomelodico, che fa arrabbiare Erik dopo aver portato in piazza la sua canzone senza permesso.
Il litigio, che crea problemi alla produzione del film, viene superato grazie all’intervento della coppia comica Ficarra e Picone, che vediamo mettere pace tra i due contendenti.

Maresco affonda in questo ‘universo’ di freaks, di irriducibili sostenitori di Berlusconi, più che mai convinti che “con lui si mangiava” e che “lo Stato c’è o non c’è, non ci interessa”. Nella convinzione che l’Italia nello stile e nel pensiero berlusconiano per tanto tempo si è identificata e continuerà a riconoscersi.

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