Malick parla con Dio

Progetto accarezzato da oltre trent'anni, Voyage of Time: Life's Journey, in concorso a Venezia, ci mostra tutto il sublime e il terribile della Natura


VENEZIA – Progetto nutrito in seno da oltre trent’anni ma reso possibile solo dai più recenti progressi tecnologici Voyage of Time: Life’s Journey, in concorso a Venezia, è un po’ una summa del pensiero visivo di Terrence Malick, in piena continuità con The Tree of Life, il suo film del 2011 Palma d’oro a Cannes. Via qualsiasi intreccio o vicenda, via attori e personaggi, per concentrarsi sulla Natura in un montaggio strabiliante di immagini che restituiscono tutto il sublime e il terribile del nostro Pianeta, dalle Hawaii all’Islanda, dal Cile all’America, da Papua alla profondità degli oceani. Un viaggio nello spazio che è anche viaggio nel tempo, indietro nelle ere geologiche fino ai dinosauri e ai primi esseri umani apparsi sul pianeta (resi da alcune scene di fiction un po’ troppo patinate che citano 2001: Odissea nello spazio). Con l’uso di fotografie straordinarie, come quelle dello Hubble Space Telescope, della NASA e del Solar Dynamic Observatory e altre create in laboratorio (gli effetti speciali sono di Dan Glass), il documentario che è anche una preghiera, alterna ai brani di musica classica (Bach, Beethoven, Haydn, Arvo Part) la voce fuori campo di Cate Blanchett, una voce che si rivolge direttamente alla Madre – Madre Terra ma anche Dio Madre – ponendo le grandi questioni metafisiche, quelle destinate a restare senza risposta. Chi siamo? Da dove veniamo? Dove andiamo?

Il regista filosofo, molto applaudito dai giornalisti, ci ipnotizza per novanta minuti filati passando dai pianeti del sistema solare ai protozoi, attraverso il mondo animale, vegetale e minerale, nella Via Lattea e dentro le cellule. E poi, di tanto in tanto, monta immagini sgranate degli esseri umani contemporanei, con tutta la loro pochezza e disperazione.

L’idea di fare un film sulla nascita dell’universo gli ronzava in testa dagli anni ’70 (il progetto era noto come Q), ma come hanno raccontato a Venezia i suoi produttori, Sophokles Tasioulis e Grant Hill, all’epoca nulla di tutto ciò sarebbe stato possibile. “Malick è un filmaker visionario che usa il linguaggio della scienza per creare un’opera d’arte”, dice Tasioulis, che lavora con il National Geographic. Mentre Hill ha spiegato, per l’ennesima volta, i motivi della sua perenne assenza dai festival: “Non ama stare sotto i riflettori, sente troppa pressione. E’ una scelta personale”. 

Il film ha due versioni, una lunga per le sale con voce narrante della Blanchett, e una di 40 minuti per l’Imax con voce guida di Brad Pitt, che è anche produttore. 

Cristiana Paternò
07 Settembre 2016

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