D’Innocenzo Bros: “La tenerezza ci salverà”

Due registi romani 28enni portano la loro opera prima La terra dell'abbastanza alla Berlinale, nella sezione Panorama


BERLINO – Il titolo internazionale, Boys Cry, è forse più efficace di quello italiano (La terra dell’abbastanza) e rende meglio la filosofia dei gemelli Damiano e Fabio D’Innocenzo, che cioè anche nel più duro degli uomini si possa – e si debba – trovare qualcosa di tenero e romantico. Non è esagerato parlare di filosofia, perché i due 28enni romani, all’opera prima, hanno le idee assai chiare su quello che chiamano “scardinare il machismo” e una robusta visione su ciò che raccontano. Tra l’altro vengono davvero, almeno in parte, da quel mondo di estrema periferia, dove la sensibilità è facilmente scambiata per debolezza. Ce lo mostrano in questa vicenda di amicizia e morte, di sconfitta annunciata, quella di Mirko e Manolo, due “pischelli” che vanno ancora a scuola, all’alberghiero, e che si trovano in una storia di criminalità più grande di loro. E allora non c’è bisogno di scomodare Pasolini o Caligari (anche se le affinità con quest’ultimo non mancano) per spiegare il loro primo film, selezionato dalla Berlinale in Panorama e ora in sala dal 7 giugno. Un film scritto e diretto in proprio e da autodidatti: nessuna formazione accademica né scuole di cinema ma molta cinefilia onnivora, che spazia da Lynch a Gus Van Sant a Castellitto. E anche un po’ di fortuna. Matteo Garrone, per dire, l’hanno conosciuto grazie a un abbraccio casuale per strada e lui li ha invitati a casa sua e gli ha insegnato parecchie cose, “prestandogli” anche alcuni collaboratori del film: Massimo Cantini Parrini, per esempio, autore dei costumi. Così è andata col produttore, Agostino Saccà (la sua Pepito produce insieme a Rai Cinema, al MiBACT e alla Regione Lazio), incontrato a teatro: gli hanno chiesto di leggere la sceneggiatura e lui l’ha fatto. Ora Damiano e Fabio sono a Berlino – qui c’è stato un altro incontro felice, quello con Jonas Carpignano, che fa parte della giuria opera prima. Intanto loro affrontano il festival con grande semplicità, insieme ai due protagonisti Andrea Carpenzano e Matteo Olivetti e a Milena Mancini che ha il ruolo della madre di Mirko, una donna senza un centesimo in tasca, separata e con una bambina piccola da crescere. Nel cast poi ci sono anche Luca Zingaretti nel ruolo di un malavitoso e un bravissimo Max Tortora, padre irresponsabile che istiga il figlio al crimine perché sembra una strada tanto semplice per fare i soldi. Tutto comincia infatti quando Mirko e Manolo mettono sotto un uomo di notte. Neanche si fermano a soccorrerlo ma quella che sembra una enorme sciocchezza si rivela il modo per svoltare perché la vittima era un pentito, uno che aveva pestato i piedi al boss locale.

Educazione criminale che ci mostra quanto sia facile cadere nel gorgo per due ragazzi senza punti di riferimento in una periferia romana allo sbando, La terra dell’abbastanza racconta “com’è maledettamente facile assuefarsi al male in un mondo in cui la sofferenza è sinonimo di debolezza, cosi i due ragazzi si spingono oltre il limite della sopportazione, fingono di non sentire nulla, nessun senso di colpa, e per un po’ ci credono”.

Girato a Ponte di Nona, quartiere “nuovo ma già decadente” dalle parti di Lunghezza, non lontano da Tor Bella Monaca, dove i fratelli D’Innocenzo vivevano fino a qualche tempo fa, il film mette in scena una periferia non grigia ma colorata e in parte inedita, come dicono loro “tra Pasolini e Tim Burton”. E i due protagonisti sono teneri, scanzonati, simpatici, impossibile non affezionarsi nonostante tutto. Anche per merito dei due interpreti, il 22enne Carpenzano, rivelazione di Tutto quello che vuoi di Francesco Bruni, e il 28enne Matteo Olivetti, occhi chiarissimi e ricci alla Citti. “Col primo abbiamo lavorato sugli archetipi, per il secondo c’è stato un approccio più fisico”, dicono i due registi. Che amano da sempre lavorare in simbiosi, e non hanno tra loro nessuna divisione, come “tra attaccante e portiere”.

Romanisti convinti, hanno dato anche ai loro personaggi l’amore per la A.S. Roma. Ma più che nel calcio vedono nella cultura gli anticorpi al degrado. “Anche noi due, se non fossimo stati circondati dalla cultura nella nostra famiglia, dove la lettura è tanto importante, ci saremmo forse persi”. E aggiungono: “Vale per le periferie come per il centro, contro l’aggressività e la violenza, ci vogliono la poesia e la tenerezza”. Per il futuro già due nuovi progetti, una fiaba dark e un western. Naturalmente romantici. C’è da giurarlo. 

Cristiana Paternò
20 Febbraio 2018

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