Impacciatore e Luchetti a Fare critica

Il festival di Lamezia Terme ha ospitato un incontro con l'attrice, celebre per la sua collaborazione con Muccino, e con il regista che ha in uscita Momenti di trascurabile felicità


LAMEZIA TERME – “Invidio i colleghi maschi, che possono interpretare ruoli anche molto complessi, violenti, sfaccettati, cosa molto poco diffusa per noi donne perché i personaggi femminili spesso sono più banali”. L’ha detto Sabrina Impacciatore, ospite della quarta serata di Fare Critica, il festival dedicato alla critica cinematografica e teatrale diretto da Gianlorenzo Franzì in corso a Lamezia Terme. L’attrice, che ha lavorato per i più importanti registi alternando ruoli comici a quelli drammatici ed è anche sceneggiatrice con Gabriele Muccino per A casa tutti bene, ha spiegato: “Una società che concepisce le donne come oggetti di arredamento con una scadenza, perché non è ‘consentito’ invecchiare, è una società impoverita. Il nostro è un paese la cui oggi parola chiave è discriminazione. Viviamo in una cultura endemicamente maschilista, dove tutto va molto più a rilento”, ha continuato l’attrice, riportando anche l’esempio del movimento americano #MeToo. “A Los Angeles, in seguito alle denunce, è avvenuta una vera e propria rivoluzione culturale. In Italia, invece, non è cambiato niente”.

Il degrado culturale investe soprattutto le giovani generazioni, come ha raccontato il regista Daniele Luchetti (che ha in uscita il 14 marzo il nuovo film Momenti di trascurabile felicità con Pif e Thony) che ogni giorno riscontra queste difficoltà con i suoi studenti del Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma. “Non solo i giovani non conoscono la critica, ma hanno lacune culturali a volte assurde, qualcuno ha citato Giuseppe Verdi tra i compositori di colonne sonore. Quelli che vogliono fare cinema oggi, spesso provengono da studi informatici, anziché artistici o umanistici, e questa è una mutazione culturale enorme. Grazie alle piattaforme come Netflix, i giovani, guardano molti più film che in passato. Però, le piattaforme non sono l’unica realtà e i classici sono quasi del tutto assenti su Netflix. Chi comincia oggi rischia di avere una visione assolutamente ridotta del cinema. Il vero problema è mantenere una cultura di alto livello”. Le piattaforme, per Luchetti, hanno avuto il merito di innalzare sempre più il livello delle serie tv – rendendo anche sempre più sottile il confine con il cinema – ma dall’altra concedono un ruolo primario alla spettacolarizzazione e alla globalizzazione, trascurando altri elementi essenziali del linguaggio audiovisivo.

Da qui, è nata l’esigenza di un giovane artista come Alessandro Redaelli che, con il suo documentario di osservazione Funeralopolis – A Suburban Portrait (2018), ha cercato proprio di annullare la spettacolarizzazione per reintrodurre sullo schermo il “filtro del cinema”. Il film, che fino ad oggi ha ricevuto ottimi riscontri di pubblico e critica, con una lunga tenitura al Beltrade di Milano, è stato presentato per la prima nell’Italia del Sud a Lamezia Terme. 

Cr. P.
23 Febbraio 2019

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