Veronesi e Stivaletti, amore e odio per la critica

I due registi hanno incontrato il pubblico a Lamezia Terme, nell'ambito del festival Fare Critica


A chiudere la prima edizione di Fare Critica (il festival dedicato alla critica teatrale e cinematografica e diretto da Gianlorenzo Franzì) è stato l’incontro con i registi Giovanni Veronesi e Sergio Stivaletti, sabato 23 febbraio presso il Chiostro San Domenico. Gli artisti hanno ripercorso la loro carriera artistica e il rapporto con la critica cinematografica, spesso molto complesso. Giovanni Veronesi ha fatto subito riferimento al grande Mario Monicelli, per lui un vero e proprio maestro: “Monicelli, proprio come hanno fatto i miei genitori, non mi ha insegnato a vivere ma a morire. Mi hanno insegnato a vivere quel pezzo di vita finale di cui tutti hanno tanta paura”. D’altronde, “i maestri sono un po’ come i tuoi genitori”, ha proseguito Sergio Stivaletti, facendo riferimento a quell’inevitabile rapporto di amore e odio che caratterizza certi rapporti. “I miei maestri sono stati Dario Argento e Lamberto Bava, e spesso abbiamo litigato. Quando i registi non capiscono e non hanno i tuoi stessi desideri sul film, capita che ci si arrabbi”. Forse, è stato proprio questo che ha portato l’artista – noto soprattutto per il suo lavoro di effettista – a passare negli anni dietro la macchina da presa. Anche il suo ultimo film Rabbia furiosa – Er canaro (2018), infatti, è nato proprio dall’esigenza “di fare qualcosa in più che mettere in scena degli effetti speciali, ma scavare a fondo nei personaggi”. Un tentativo che è stato ben accolto dalla stampa: “il riscontro critico è stato ottimo, credo abbiano apprezzato il mio lavoro anche alla luce del momento particolarmente difficile che vive il cinema di genere”. Stivaletti, poi, ha cercato di spiegare qual è secondo lui il ruolo della critica cinematografica dal punto di vista dell’artista: “credo che la sua funzione sia quella di approfondire gli aspetti che un autore non riesce a cogliere e comprendere fino in fondo perché troppo coinvolto”.

Più complesso, invece, è il rapporto di Veronesi con la critica che, con una certa amarezza, ha raccontato di come spesso sia stato “attaccato sul piano personale”. Nessun rancore nelle sue parole, solo un velo di disillusione forse e un po’ di tristezza per alcuni suoi film non compresi, come Per amore, solo per amore (1993): “Era la storia laica di Giuseppe e Maria e nessun critico ha saputo cogliere il fatto che in questo film avessi voluto inserire quell’elemento ‘sacro’ che è in ciascuno di noi”. Ma, “quando si supera la soglia dei cinquant’anni, ci si rassegna a queste cose”, ha concluso il regista e sceneggiatore. A chiudere la serata, è stata la proiezione del film Sex Cowboys di Adriano Giotti alla presenza del regista e dell’attrice protagonista Nataly Beck’S.

Cr. P.
25 Febbraio 2019

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