Fratelli D'Innocenzo tra 'Favolacce' e western femminile
LECCE. Assente il fratello gemello Fabio D’Innocenzo, bloccato a Roma dall'influenza, c'è solo Damiano a ritirare al Festival del cinema europeo, per La terra dell’abbastanza, il Premio Mario Verdone, destinato alle opere prime di registi under 40, dalle mani di Carlo e Silvia Verdone. Tocca perciò a Damiamo, con il suo marcato accento romano, accennare, senza entrare troppo nel dettaglio, i progetti di questi giovani 28enni, cresciuti tra la periferia di Tor Bella Monaca e il litorale di Anzio. Cinematograficamente autodidatti - “Abbiamo fatto l’istituto alberghiero” - sono stati chiamati da Matteo Garrone a collaborare alla sceneggiatura di Dogman .
Il progetto a cui stanno al momento già lavorando s’intitola Favolacce, prodotto da Pepito Produzioni, ed è una favola dark tra Italo Calvino e Gianni Rodari, “un film corale, non di genere. Abbiamo fatto più di 300 provini, e questa fase di lavorazione in cui i candidati vengono sentiti e inquadrati dalla videocamera è la parte più bella - racconta Damiano D’Innocenzo - Le riprese partiranno a luglio a Roma con 12 personaggi, di cui 6 bambini dai 10 ai 13 anni. Ci sarà solo un attore italiano famoso e poi utilizzeremo molto attori di teatro, facce che non richiamano altri film. La trama si svolge sul litorale romano con gente che aveva lì una seconda casa che a un certo punto è diventata la loro primissima abitazione".
Tra gli altri progetti dei due fratelli anche un western al femminile, con un cast in parte americano, titolo provvisorio Ex vedove; e una serie tv su un esorcista prodotta da Cattleya e intitolata Dio sottoterra, che “mostra come a volte la solitudine entra nelle nostre vite e fa cose orribili".
Ritirando il Premio Mario Verdone, Damiano si è augurato che i tanti riconoscimenti avuti "non impigriscano loro registi ma diventino sempre più curiosi, non creino stupide divisioni con i colleghi e un inutile clima competitivo", Questa di seguito motivazione del riconoscimento: “Nel raccontare com’è maledettamente facile assuefarsi al male i D’Innocenzo mettono a fuoco il ritratto di una gioventù divisa tra il richiamo dell’inferno al quale è destinata e l’improvvisa lucidità di capire che la consapevolezza è già una via d’uscita. Una coppia di registi da tenere d’occhio e un esordio straordinariamente girato dal quale, con un’idea di cinema già ambiziosa, filtra imprevedibile, la necessità di una tensione morale verso un riscatto personale, ancor prima che sociale”.